Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11979 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11979 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Marino Enrico, nato a Roma il 4.2.1951;
avverso l’ordinanza emessa il 20 settembre 2013 dal tribunale del riesame
di Roma;
udita nella udienza in camera di consiglio del 4 febbraio 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Fulvio Baldi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. Daniele Milani;
Svolgimento de/processo
Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Roma confermò il
decreto 19.7.2013 del Gip del tribunale di Roma, che aveva disposto il sequestro preventivo di alcuni manufatti (e precisamente una piscina prefabbricata;
una sala ristorante; due tettoie di cui una in legno, un container e un box in lamiera) realizzati all’interno del Centro Sportivo Comunale di Ostia, gestito dalla
società Arche s.r.l. di cui è legale rappresentante il Marino, per averli eseguiti in
assenza del permesso di costruire ed in zona sottoposta a vincolo. Osservò in
particolare il tribunale che sussisteva anche il periculum in mora, nonostante si
trattasse di opere ormai ultimate, a causa dell’aggravamento del carico urbanistico «alla luce del comprovato aumento di superficie e di volumi dell’area demaniale che le opere realizzate in assenza di qualsivoglia autorizzazione hanno
comportato (aumento di superficie per complessivi 183,56 mq e di volumi pari
a 642,35 mc, ai quali vanno aggiunti i 10 mq sviluppati dal container e i 7,57
mq del box in lamiera)».
L’indagato, a mezzo dell’avv. Daniele Milani, propone ricorso per cassazione deducendo erronea applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen. Osserva che

Data Udienza: 04/02/2014

il tribunale ha ritenuto che la disponibilità del manufatto, già ultimato e rifinito,
potesse concretamente incidere, rimanendo nella libera disponibilità dell’indagato, sul carico urbanistico e pregiudicare, per l’effetto, gli interessi attinenti alla gestione del territorio, in tal modo aggravando o protraendo le conseguenze
del reato.
Eccepisce in sostanza il ricorrente che manca la motivazione sul periculum
in mora e in particolare sulla permanenza del pregiudizio sugli interessi urbanistici e sull’aggravamento del carico urbanistico. Ricorda che il periculum in
mora deve essere inteso in senso concreto ed attuale e desunto dalle natura del
bene e dalle circostanze di fatto. Nella specie, l’immobile di cui trattasi non può
corrispondere per sua stessa natura ad una estensione delle conseguenze del reato non potendo il manufatto stesso determinare un danno incidendo sul carico
urbanistico laddove, anche in costanza di sequestro, le caratteristiche e la posizione dell’immobile rimangono immutate. Il tribunale non ha poi tenuto conto
della circostanza che gli illeciti, peraltro minimali, al 30 aprile 2013 risultavano
completamenti sanati dal competente municipio.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato perché effettivamente la motivazione della ordinanza
impugnata è totalmente mancante o comunque meramente apodittica e di stile
sulla sussistenza in concreto del periculum in mora, ed in particolare
sull’aggravamento del c.d. carico urbanistico.
E difatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «In tema di
reati edilizi o urbanistici, la valutazione che, al fine di disporre il sequestro
preventivo di manufatto abusivo, il giudice di merito ha il dovere di compiere
in ordine al pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato
possa agevolare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione
di altri reati, va diretta in particolare ad accertare se esista un reale pregiudizio degli interessi attinenti al territorio o una ulteriore lesione del bene giuridico protetto (anche con riferimento ad eventuali interventi di competenza della
p.a. in relazione a costruzioni non assistite da concessione edilizia, ma tuttavia
conformi agli strumenti urbanistici) ovvero se la persistente disponibilità del
bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo dell’offensività» (Sez. Un.,
29.1.2003, n. 12878, Innocenti, m. 223722); «Il sequestro preventivo di cose
pertinenti al reato può essere adottato anche su un immobile abusivo già ultimato e rifinito, laddove la libera disponibilità di esso possa concretamente
pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul
“carico urbanistico”, il pregiudizio del quale va valutato avendo riguardo agli
indici della consistenza dell’insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive» (Sez. III, 24.11.2011, n. 6599 del
2012, Susinno, m. 252016); «Il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato
può essere adottato anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi. In
particolare, per i reati edilizi, è ammissibile il sequestro di un immobile costruito abusivamente la cui edificazione sia ultimata, fermo restando l’obbligo
di motivazione del giudice circa le conseguenze antigiuridiche, ed ulteriori rispetto alla consumazione del reato, derivanti dall’uso dell’edificio realizzato

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abusivamente, che la misura cautelare intende inibire. (Fattispecie in cui la
Corte ha annullato il provvedimento impugnato, sul rilievo che aveva giustificato il sequestro di un fabbricato sulla sola presunzione che la abitazione dei
locali abusivi comportasse l’aggravamento del carico urbanistico, nulla argomentando in ordine all’incidenza dell’abitazione sull’equilibrio urbanistico e
sull’ordinato assetto e sviluppo del territorio, attese anche le disposizioni del
P.UC. in via di approvazione)» (Sez. II, 23.4.2010, n. 17170, De Monaco, m.
246854); «In tema di reati edilizi, è legittimo il sequestro preventivo di un manufatto abusivo già ultimato allorquando, pur cessata la permanenza, le conseguenze lesive della condotta sul bene protetto possano perdurare nel tempo,
sempre che il pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato presenti il requisito
della concretezza, della cui sussistenza in punto di fatto il giudice di merito deve fornire adeguata giustificazione» (Sez. VI, 4.2.2008, n. 21734, Bianchi, m.
240984; Sez. III, 12.12.2007, n. 4745 del 2008, Giuliano, m. 238783).
Nella specie il tribunale del riesame si è limitato ad affermare apoditticamente e genericamente che il pregiudizio del carico urbanistico sarebbe «evidente tra l’altro alla luce del comprovato aumento di superficie e di volumi
dell’area demaniale che le opere realizzate in assenza di qualsivoglia autorizzazione hanno comportato», facendo un astratto parallelismo tra aumento di superficie e di volumi ed aggravamento del carico urbanistico, ma senza specificare in alcun modo quale sarebbe — in concreto e non in astratto — il pregiudizio
che la libera disponibilità dei beni in questione potrebbe arrecare alla gestione
del territorio, avendo riguardo agli indici della consistenza dell’insediamento
edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi
pubblici per abitare, nonché della domanda di strutture e di opere collettive. In
particolare, l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto che il pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato deve presentare il requisito della concretezza, della cui sussistenza in punto di fatto il giudice di merito deve fornire adeguata
giustificazione. Sembrerebbe, inoltre, che l’ordinanza impugnata (parlando genericamente di «area demaniale») abbia ritenuto che nella specie si tratti di opere realizzate sul demanio marittimo, mentre in realtà si tratta di centro sportivo
di proprietà comunale, situato ad una certa distanza dal mare. L’ordinanza impugnata, infine, ha anche omesso di motivare sull’eccezione delle difesa secondo cui gli illeciti in questione sarebbero stati completamente sanati dal competente municipio alla data del 30 aprile 2013. In via più generale, comunque,
manca totalmente la valutazione e la motivazione su come e sotto quali profili,
in concreto, l’utilizzo delle nuove superfici e dei nuovi volumi realizzati
all’interno del circolo sportivo comunale possa comportare una domanda di
nuove strutture e di opere collettive e comunque pregiudicare la corretta gestione del territorio, in tal modo incidendo sul c.d. carico urbanistico.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata per totale mancanza
di motivazione sul requisito del periculum in mora, con rinvio al tribunale di
Roma.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Roma.

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Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 4
febbraio 2014.

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