Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11972 del 21/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11972 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TUFARO ANTONIO N. IL 03/01/1968
DI COMITE RODOLFO N. IL 02/12/1967
avverso la sentenza n. 5537/2008 TRIBUNALE di TARANTO, del
22/06/2009
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per -e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. 6_1,) k

( MDucs.,

Data Udienza: 21/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Taranto, con sentenza del 22.6.2009, emessa a seguito di
giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale di condanna, ha
riconosciuto Antonio TUFARO e Rodolfo DI COMITE responsabili del reato di
cui agli artt. 15, lett. c) e 24, comma 1 legge 963\65, per aver detenuto per la

5.8.2005) e, conseguentemente, li condannava alla pena dell’ammenda.
Avverso tale pronuncia i predetti hanno proposto, tramite il difensore di
fiducia, separati appelli che, con ordinanza in data 5.4.2012, la Corte di appello di
Lecce – Sezione Distaccata di Taranto ha qualificato come ricorsi per cassazione,
trattandosi di impugnazioni avverso sentenza inappellabile ai sensi dell’art. 593,
comma 3 cod. proc. pen.

2. Rodolfo DI COMITE deduce, con un primo motivo, il vizio di motivazione,
osservando che la sentenza impugnata non darebbe conto del percorso logico
seguito nella ricostruzione del fatto, rilevando come il giudice del merito non
avrebbe indicato compiutamente le ragioni per le quali lo ha dichiarato colpevole
del reato ascrittogli.
Con un secondo motivo rileva che l’accertamento sarebbe stato effettuato
solo sul prodotto rinvenuto all’interno dell’auto condotta dal coimputato e non
anche sull’intero pescato, come imposto dalla norma.
Aggiunge che il commerciante, quale lui è, acquistando solo parte del
prodotto, non può avere cognizione del rispetto del limite di tolleranza del 10%
imposto al pescatore.

3. Antonio TUFARO deduce, con un primo motivo, la mancanza di specifici
accertamenti sul pesce sequestrato, finalizzati a verificare che il novellame fosse
tale e rileva che del pesce non è neppure stata accertata con esattezza la specie.
Con un secondo motivo propone la medesima questione, già prospettata dal
coimputato, concernente la mancata effettuazione dell’accertamento sull’intero
pescato e sulla estraneità del commerciante al reato contestato.
Con un terzo motivo lamenta la carenza della motivazione in relazione alla
indicazione dei dati probatori rilevanti ai fini dell’affermazione di penale
responsabilità nei suoi confronti.
Entrambi insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi atti di
impugnazione.

vendita 80 kg di novellame di triglia, di cui è vietata la pesca (in Taranto, il

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Entrambi i ricorsi sono inammissibili.
Dalla sentenza impugnata emerge, secondo l’accertamento in fatto operato

accertata sulla base del contenuto del verbale di sequestro e di quello di una
dichiarazione di disponibilità del pescato in donazione effettuata da tale dott.
Castellano, in servizio presso il Servizio Igiene Alimenti Veterinario della Guardia
di Finanza.
Ciò premesso, deve ricordarsi anche che, secondo la giurisprudenza di
questa Corte, l’istituto della conversione della impugnazione previsto dall’art.568,
comma 5, cod. proc. pen., ispirato al principio di conservazione degli atti,
determina unicamente l’automatico trasferimento del procedimento dinanzi al
giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e
non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione
correttamente qualificato. Pertanto, l’atto convertito deve avere i requisiti di
sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere
proposta (Sez. I n. 2846, 9 luglio 1999. V. anche ex pl. Sez. III n. 26905, 16 giugno
2004; Sez. IV n. 5291, 10 febbraio 2004).
Da ciò consegue che, per quanto riguarda il primo motivo di ricorso del DI
COMITE ed il primo e terzo motivo di ricorso del TUFARO, non può procedersi
nuovamente in questa sede di legittimità ad una autonoma valutazione delle
emergenze probatorie già considerate dal giudice del merito, il quale risulta
averle adeguatamente valutate illustrando le ragioni del proprio convincimento in
maniera coerente e prova di salti logici e, in quanto tale, non censurabile.

5. Del tutto evidente risulta, poi, la infondatezza del secondo motivo di
entrambi i ricorsi.
Giova ricordare, a tale proposito, che secondo l’indirizzo giurisprudenziale
più recente e consolidato, cui il Collegio aderisce, deve procedersi alla
disapplicazione della normativa nazionale (artt. 15 e 24, legge 14 luglio 1965, n.
963) ove si prevede una percentuale del 10% di tolleranza di novellame sul
pescato, in ragione della sua incompatibilità con la disciplina comunitaria (Reg.
CE, 17 giugno 1994, n. 1626) la quale non consente alcuna deroga al divieto di
pesca e di commercializzazione del novellame (Sez. III n. 45823, 23 novembre

2

dal giudice del merito, che la natura di novellame del pesce sequestrato era stata

2012; Sez. III n. 6872, 23 febbraio 2011; Sez. III n.38087, 28 settembre 2009;
Sez. III n.23829, 9 giugno 2009; Sez. III n.17487, 28 aprile 2009; Sez. III n.39345,
24 ottobre 2007; Sez. III n.13751, 4 aprile 2007; Sez. III n.5750, 12 febbraio
2007).
Ne consegue che ogni riferimento alla percentuale di tolleranza cui si
riferiscono i ricorsi è del tutto inconferente.

6. I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili e alla

a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00
per ciascuno di essi.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei
motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e,
pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui
all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more
del procedimento di legittimità (cfr., da ultimo, Sez. Il n.28848, 8 luglio 2013).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in data 21.2.2014

declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile

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