Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11970 del 21/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11970 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BONANSINGA CANDELORO N. IL 15/11/1947
avverso la sentenza n. 1274/2003 CORTE APPELLO di MESSINA, del
04/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. rt._
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che ha concluso per £

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 21/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Messina, con sentenza del 4 maggio 2012 ha
riformato la decisione in data 24.1.2003 del Tribunale di quella città,
rideterminando la pena originariamente inflitta a Candeloro BONANSINGA, del
quale confermava la penale responsabilità per il reato di cui all’art. 51, comma 3

residui reati, contestati per essere quello di cui all’art. 20 lett. b) legge 47\85
estinto per intervenuto condono edilizio e quello relativo alla normativa
antisismica per prescrizione.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di
motivazione, rilevando che la condotta contestatagli non configurerebbe
un’ipotesi di realizzazione o gestione di discarica abusiva, difettandone i
presupposti e che la Corte territoriale avrebbe disatteso lo specifico motivo di
gravame concernente la temporaneità del deposito.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge ed il vizio
di motivazione in relazione alla determinazione della pena.

4. Con un terzo motivo di ricorso deduce, infine, la intervenuta prescrizione
del reato ancor prima della emissione della sentenza d’appello.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è solo in parte fondato.
I giudici del gravame hanno accertato in fatto, con argomentazioni scevre da
cedimenti logici o manifeste contraddizioni, come dalle testimonianze
dell’ufficiale di polizia giudiziaria che aveva proceduto all’accertamento fosse
emerso che un quantitativo di rifiuti da scavi e demolizioni, pari a circa 20 metri
cubi, era stato scaricato su un’area di proprietà dell’imputato da parte del
conducente di un camion che disponeva della chiave del cancello di accesso e
che, con il materiale scaricato, era stato allargato uno spiazzo adiacente al

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d.lgs. 22\97, dichiarando non doversi procedere nei confronti del medesimo per i

manufatto presso il quale l’imputato medesimo svolgeva attività di lattoniere.
La circostanza dell’utilizzazione dei rifiuti scaricati per l’ampliamento di un
piazzale evidenzia la totale infondatezza della deduzione concernete la
temporaneità del deposito, ma le ulteriori considerazioni svolte dai giudici del
merito non consentono di apprezzare la sussistenza o meno dei presupposti per
la qualificazione della condotta come realizzazione o gestione di discarica
abusiva.
Invero, la discarica abusiva dovrebbe presentare, tendenzialmente, una o più

per ritenere configurata la condotta vietata: accumulo, più o meno sistematico,
ma comunque non occasionale, di rifiuti in un’area determinata; eterogeneità
dell’ammasso dei materiali; definitività del loro abbandono; degrado, quanto
meno tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali
in questione.

6. Nella fattispecie in esame i giudici del gravame hanno tralasciato di
considerare la sussistenza o meno di detti requisiti, tra i quali, avuto riguardo alla
ricostruzione fornita in sentenza, sembra mancare sicuramente almeno quello
della sistematicità dei conferimenti, essendo stato accertato un unico scarico di
rifiuti, peraltro in quantitativo limitato a soli venti metri cubi.
In mancanza dei suddetti requisiti la condotta andrebbe diversamente
qualificata, sulla base di una più puntuale disamina delle emergenze probatorie,
come illecita gestione o deposito incontrollato, condotte diversamente
sanzionate dall’art. 51 d.lgs. 22\97, vigente all’epoca dei fatti.
E’ pertanto evidente la lacuna motivazionale che caratterizza la sentenza
impugnata e che ne imporrebbe l’annullamento con rinvio.

7. Va tuttavia rilevato che, come correttamente dedotto nel terzo motivo di
ricorso, il reato risulta comunque travolto dalla prescrizione, maturata
antecedentemente alla pronuncia della sentenza impugnata.
Considerata applicabile, nella fattispecie, in considerazione della data di
commissione del reato (20.9.2000), la disciplina, più favorevole, antecedente alla
entrata in vigore della Legge 5 dicembre 2005, n. 251 e tenuto conto del periodo
complessivo di sospensione dei termini risultante dagli atti, pari a complessivi
giorni 2.514, il termine massimo risulta spirato in data 6 febbraio 2012.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio perché il
reato è estinto per intervenuta prescrizione e va altresì revocata la disposta
confisca dell’area.
La natura assorbente del motivo appena esaminato esonera ovviamente

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tra le seguenti caratteristiche, la presenza delle quali costituisce valido elemento

questa Corte dall’esaminare il secondo motivo di ricorso

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il residuo reato è estinto

Così deciso in data 21.2.2014

per prescrizione.

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