Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11966 del 21/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11966 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IACONDINO ANTONIO N. IL 01/01/1958
ANTONACI ELISA N. IL 09/12/1957
avverso la sentenza n. 8355/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 23/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
FQZ-kgsLQSL.:
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 21/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 23.11.2012 ha
parzialmente riformato, concedendo il beneficio della non menzione della
condanna, la decisione con la quale, in data 21.2.2012, il Tribunale di quella città
aveva ritenuto Antonio IACONDINO e Elisa ANTONACI responsabili, in qualità

dei lavori, del reato di cui all’art. 44 lett. b) d.P.R. 380\01 perché, in assenza di
permesso di costruire, eseguivano, su immobile preesistente, lavori di
ampliamento della sagoma originaria con rifacimento della copertura con nuova
quota di imposta superiore alla precedente con costruzione di autonomo edificio
a copertura di un pozzo.
Avverso tale pronuncia i predetti propongono ricorso per cassazione tramite
il proprio difensore di fiducia.

2. Con un unico motivo di ricorso deducono la violazione di legge, rilevando
che la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare in ordine alla specifica
censura mossa con l’atto di appello e concernente la natura pertinenziale della
tettoia posta a protezione di un pozzo, tralasciando di specificare le ragioni per le
quali non riteneva condivisibili le valutazioni sviluppate nell’atto di impugnazione.
Insistono, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
I giudici del merito hanno correttamente individuato le opere oggetto di
contestazione nella loro materialità, ricordando come esse riguardino un
«complessivo unico manufatto» composto da un corpo principale ed uno
secondario.
In particolare, risulta dalla sentenza di primo grado che le opere realizzate,
non conformi allo strumento urbanistico, avevano determinato un incremento
volumetrico conseguente al rifacimento della copertura e la realizzazione di un
nuovo manufatto in muratura a protezione di un pozzo, con copertura a due
falde, di cui una protesa per circa tre metri a formare un portico o tettoia.

1

di proprietari committenti, unitamente ad altra persona imputata quale direttore

Il Tribunale precisa, con estrema puntualità, le ragioni su cui fonda il proprio
convincimento, analizzando compiutamente le risultanze dibattimentali
(dichiarazioni testimoniali e documentazione acquisita) e precisando che le
opere, per la loro consistenza, richiedevano il permesso di costruire e non erano
neppure sanabili, stante il riconosciuto contrasto con lo strumento urbanistico.

4.

La Corte territoriale, nel decidere sull’appello, ha espressamente

richiamato le conclusioni in fatto cui è giunto il primo giudice, legittimamente

Lamentano tuttavia i ricorrenti che i giudici del gravame non avrebbero
compiutamente esaminato la specifica deduzione contenuta nell’atto di appello e
concernente la dedotta natura pertinenziale della tettoia.
In realtà, detto atto di impugnazione, nel soffermarsi sulla natura
dell’intervento, al fine di escludere la necessità del permesso di costruire, prende
in considerazione, con richiami ad alcune massime giurisprudenziali, la nozione
di pertinenza, ritenuta applicabile anche all’intervento in esame, segnatamente
alla protezione del pozzo.
La censura, a fronte delle conclusioni cui sono pervenuti i giudici del merito,
non meritava una specifica risposta, atteso che proprio l’indicazione della
tipologia dell’intervento ne escludeva la natura pertinenziale.
Va detto, peraltro, che la tettoia cui viene fatto ripetutamente riferimento
costituisce solo una parte del complessivo intervento che, per quanto è dato
rilevare dalle decisioni di merito e dal ricorso, unici atti cui questa Corte ha
accesso, consisteva nella realizzazione di nuovi volumi non soltanto quale
conseguenza della sopraelevazione della soglia, ma anche per il manufatto a
protezione del pozzo, del quale la tettoia (o portico, come indicato dai giudici del
merito) costituiva solo una parte e, per l’esecuzione di tali interventi,
sicuramente rientranti nel concetto di «nuova costruzione» indicato dal d.P.R.
380\01, era senz’altro richiesto il permesso di costruire.

5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile
a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00
ciascuno.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei
motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e,
pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui

2

riportandosi alle stesse.

all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more
del procedimento di legittimità (cfr., da ultimo, Sez. Il n.28848, 8 luglio 2013)

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della

Così deciso in data 21.2.2014

Cassa delle ammende.

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