Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11954 del 11/03/2014

Penale Sent. Sez. 2 Num. 11954 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 11/03/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di A.A., n. a
Piacenza il 03.09.1957, rappresentato e assistito dall’avv. Antonio
Zavoli, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna, seconda
sezione penale, n. 3906/2011 in data 04.12.2012;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
sentita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott.
Edoardo Scardaccione che ha chiesto di dichiararsi l’inammissibilità
del ricorso nonché la discussione del difensore, avv. Antonio Zavoli,
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 18.09.2009, il Tribunale di Rimini, in

1

composizione

monocratica,

dichiarava

A.A.

responsabile del reato di appropriazione indebita aggravata e lo
condannava alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed
euro 900,00 di multa oltre al risarcimento dei danni cagionati alle
parti civili Vannucci Nevio e Vannucci Stefano liquidati in euro
100.000 a titolo di danni patrimoniali e in euro 10.000 a titolo di
danni morali.

2. In sintesi, la sentenza di primo grado ricostruiva così i fatti. In data
25.07.2003, Vannucci Nevio e Vannucci Stefano, in proprio e in
rappresentanza della società Ombra s.n.c. conferivano all’avv.
A.A., che sottoscriveva per accettazione, l’incarico professionale
di curare i loro interessi in una trattativa già in essere con il Comune
di Riccione, volta ad ottenere la possibilità di un ampliamento
dell’esistente struttura alberghiera e la realizzazione di nuova
cubatura, in cambio di cessione di terreno al predetto Comune. Al
A.A. veniva conferito mandato di intraprendere ulteriori
iniziative con l’amministrazione comunale finalizzate alla riduzione
dei terreni da cedere al Comune ed all’incremento della “nuova
capacità edificatoria delle parti commerciale, uffici e residenziale”. Al
legale veniva concessa “massima autonomia professionale e libertà
di trattativa con qualsivoglia interlocutore pubblico e/o privato” e, a
questo fine, i Vannucci costituivano un “deposito fiduciario pari ad
euro 100.000” prevedendo che di esso lo stesso professionista
potesse disporre per ottenere i risultati prefissati. Per l’attività
professionale veniva riconosciuto all’avv. A.A. “un compenso
professionale secondo le tariffe vigenti in materia stragiudiziale civile
amministrativa, oltre ad un bonus di risultato per le eventuali
mediazioni concluse pari al 3% del valore commerciale
dell’incremento edificatorio e/o del decremento di cessione”; per
l’ipotesi di “mancanza del raggiungimento dell’obiettivo”, veniva
concordato “un compenso professionale pari ad euro 5000, oltre IVA
e CPA come per legge”; per “l’ipotesi di completa impossibilità del
raggiungimento degli incrementi e/o decrementi sopra descritti”, il
legale si obbligava a restituire “l’intero deposito fiduciario ai signori
Vannucci”. In data 08.02.2005, il A.A. emetteva nei confronti
della Ombra s.n.c. parcella proforma per un onorario di euro 261.195
oltre rimborso spese forfettario, IVA e CPA e in calce alla notula

2

apponeva un’annotazione manoscritta nella quale proponeva “a fine
transattivo … la chiusura dei conti … a saldo e stralcio 90.000 euro
comprensivi di IVA e al netto di ritenute d’acconto. In data
02.03.2005 i Vannucci revocavano formalmente l’incarico al A.A.
chiedendo al contempo “rendiconto dell’attività svolta con particolare
riferimento alla somma versata a titolo di deposito fiduciario, nonché
dettagliata nota per il compenso professionale dovuto”. In data

07.03.2005, l’avv. A.A. prendeva atto della revoca dell’incarico
professionale, esponendo che in un prossimo incontro con
l’amministrazione comunale cui avrebbe partecipato anche l’arch.
Matteoni (professionista di fiducia dei Vannucci) si sarebbe dovuta
concordare “la quantità della superficie utile, limitatamente alla
destinazione commerciale”; rappresentava che “l’importo di euro
100.000” ricevuto a “titolo di deposito fiduciario in data 25 luglio
2003” veniva trattenuto “quale primo acconto e fondo spese”;
inviava pertanto “regolare fattura di pari importo” (fatt. n. 7/2005
per euro 100.000,07), unitamente a “parcella proforma” per il
compenso professionale spettante secondo le tariffe forensi, indicato
nell’importo di euro 511.195 oltre rimborso spese forfettario, IVA e
CPA. In data 03.03.2005, l’avv. De Sio, nuovo legale dei Vannucci,
invitava il A.A. a comunicare la data del prossimo incontro con
l’amministrazione comunale e nella successiva data dell’11.04.2005
ricordava allo stesso A.A. l’accordo di annullare la fattura
emessa (nello stesso giorno il A.A. comunicava di aver
provveduto in tal senso). Il 15.04.2005, l’arch. Matteoni comunicava
ai fratelli Vannucci l’esito dell’incontro avuto quel giorno con il
sindaco di Riccione, mentre, con lettera del 26.04.2005, l’avv. De Sio
rappresentava al A.A. che, tenuto conto degli scarsi risultati
ottenuti con l’amministrazione comunale, il credito professionale
determinabile in base alla lettera di incarico ammontava a circa 3000
euro, pari al 3% del valore commerciale del decremento del terreno
da cedere: nella medesima lettera veniva chiesta “l’immediata
restituzione di euro 100.000, comunque da restituire, a prescindere
dalla maturazione di crediti professionali, perché a suo tempo
depositati ad altro titolo e pertanto non trattenibili a titolo di parcella
professionale”. In data 28.04.2005, l’avv. Urbinati, per conto del
A.A., ribadiva il diritto del proprio assistito a determinare il

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proprio compenso sulla base delle tariffe professionali, essendo “la
somma del 3% … prevista come compenso oltre al pagamento del
compenso professionale”; riassumeva quelli che, a suo dire, erano i
buoni risultati ottenuti dai Vannucci grazie all’intervento del A.A.
e rappresentava che, non essendosi verificata l'”ipotesi di completa
impossibilità del raggiungimento degli incrementi e/o decrementi”,
l’attività svolta dal legale andava retribuita. Quanto al “deposito

fiduciario”, precisava che esso non veniva “trattenuto a titolo di
parcella professionale, bensì quale garanzia per il credito vantato
dall’avv. A.A.”, con riserva di inviare “un dettagliato resoconto”
dell’attività svolta. Dopo un ulteriore infruttuoso scambio di missive
tra i legali, il 15.07.2005 i Vannucci presentavano denuncia-querela
nei confronti del A.A.. Con delibera in data 17.07.2006, il
Consiglio dell’ordine degli avvocati di Rimini liquidava all’avv.
A.A. la somma di euro 5.000, quale onorario complessivo
“parametrato a quanto promesso dai clienti ed accettato
dall’Avvocato nella lettera d’incarico sottoscritta il 25.07.2003”; con
ordinanza in data 01.12.2006, il TAR dell’Emilia Romagna
respingeva, per difetto di fumus boni iuris, la richiesta dell’avv.
A.A. di sospensiva del provvedimento di cui sopra, riguardante
l’opinamento della notula professionale.
Riteneva il giudice di primo grado, che il trattenimento della somma
da parte del A.A. fosse illecito essendogli la stessa consegnata
perché potesse disporne “per ottenere i risultati prefissati”, quindi
per pagare consulenze, studi e pareri atti a determinare il Comune
all’accoglimento delle richieste dei Vannucci. Al momento della
revoca del mandato, la somma si trovava ancora nella disponibilità
dell’imputato che non aveva dato alcuna dimostrazione di averne
disposto, neppure in minima parte, conformemente all’incarico
ricevuto: la somma quindi, ricevuta in deposito fiduciario, doveva
essere restituita ai Vannucci e la pretesa dell’imputato di trattenerla
ed imputarla ad acconto sul proprio onorario o anche a garanzia del
pagamento dello stesso, doveva ritenersi contra ius, con integrazione
del reato in contestazione.
3. Avverso detta sentenza, tramite difensore, il A.A. proponeva
appello chiedendo l’assoluzione per insussistenza del fatto o,
comunque, perché il fatto non costituisce reato, in quanto la somma

4

in parola era stato dal medesimo ricevuta in acconto sull’ammontare
complessivo del dovuto.
4.

Con sentenza in data 04.12.2012, la Corte d’Appello di Bologna, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, previo riconoscimento
al A.A. delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di
equivalenza rispetto alla contestata circostanza aggravante, riduceva
la pena ad anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa,

con il beneficio della sospensione condizionale della pena e conferma
nel resto.
5. Avverso detta sentenza, nell’interesse del A.A., veniva proposto
ricorso per cassazione per i seguenti motivi (in complessivo numero
di dieci, rectius, di nove):
-mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della sentenza
impugnata con riferimento alla ritenuta “trattativa già in essere con il
Comune di Riccione” (indicato come primo motivo);
-mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della sentenza
impugnata con riferimento al fatto che l’acconto di 100.000 euro
dato dai Vannucci al A.A. per ottenere i risultati prefissati
comprendeva anche il compenso dello stesso avv. A.A. (indicato
come secondo motivo);
-mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della sentenza
impugnata con riferimento alla mancata valutazione, con doveroso
senso critico, del significato dell’emissione della fattura del A.A.
n. 7/2005 per euro 100.000 (indicato come terzo motivo);
-mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della sentenza
impugnata con riferimento alla acritica ricezione dei contenuti della
missiva dell’avv. De Sio del 26.04.2005 non tenendosi conto che
l’amministrazione comunale non aveva mai formalmente riconosciuto
alcunché ai Vannucci (indicato come quarto motivo);
-motivo indicato come quinto: inesistente;
– mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della sentenza
impugnata con riferimento all’omessa considerazione dei risultati
professionali utili per i Vannucci conseguiti dal A.A. (indicato
come sesto motivo);
– mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della sentenza
impugnata con riferimento all’errata valutazione di omessa liquidità
della pretesa creditoria del A.A. (indicato come settimo motivo);

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-mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della sentenza
impugnata con riferimento all’aver ignorato la sentenza che la
somma di 100.000 euro era stata data come acconto sugli onorari e
nel non aver considerato il principio della putatività ex art. 59,
comma 4 cod. pen. (indicato come ottavo motivo);
– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché
mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della sentenza
impugnata con riferimento all’eccessività della pena inflitta (indicato

come nono motivo);
– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché
mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della sentenza
impugnata con riferimento all’operata valutazione del danno che non
tiene conto della differenza tra l’acconto e quanto dovuto al A.A.
per i risultati professionali ottenuti (indicato come decimo motivo).
Da qui la formalizzazione delle seguenti richieste:
a)assolvere l’imputato perché il fatto non costituisce reato per difetto
sia del dolo che della condotta di cui all’art. 646 cod. pen.;
b)in subordine, assolvere l’imputato per il principio della putatività ex
art. 59, comma 4 cod. pen. da valere anche per l’anticipo/acconto di
euro 100.000 pagato dai Vannucci;
c)in subordine, assolvere l’imputato per la scriminante ex art. 59,
comma 4 cod. pen.;
d)in ulteriore subordine, assolvere l’imputato per esercizio putativo
del diritto di ritenzione dell’acconto ricevuto;
e)in ulteriore subordine, riduzione della pena per ritenuta
eccessività.

CONSIDERATO IN DIRITTO

6. Il ricorso, con motivi in parte assertivi ed in parte aspecifici è
manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.
7. Il requisito della specificità dei motivi d’impugnazione richiesto a
pena di inammissibilità dell’impugnazione stessa ai sensi del
combinato disposto degli artt. 581 lett. c) e 591, comma 1 lett. c)
cod. proc. pen. implica, per la parte impugnante, l’onere non solo di
indicare con esattezza i punti oggetto di gravame ma di spiegare
anche le ragioni per le quali si ritiene ingiusta o contra legem la

6

decisione, all’uopo evidenziando, in modo preciso e completo, gli
elementi che si pongono a fondamento delle censure, per consentire
al giudice del gravame l’esercizio del potere di controllo sul
provvedimento impugnato (cfr., Cass., Sez. 1, n. 8374 del
14/05/1992-dep. 24/07/1992, Genovese, rv. 191439; Cass., Sez. 6,
n. 626 del 19/11/1992-dep. 25/01/1993, P.G. e De Michelis, rv.
193466): onere al quale il ricorrente si è, nel caso di specie,

impugnata che appaiono non correlate alla concreta motivazione
articolata dal giudice a quo e del tutto prive di perspicuità.
8. Va inoltre premesso come lo sviluppo argomentativo della
motivazione della sentenza impugnata, da integrarsi con quella di
primo grado, risulti fondato su una coerente analisi critica degli
elementi di prova e sulla loro coordinazione in un organico quadro
interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata
plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del
requisito della sufficienza, rispetto al tema di indagine concernente la
responsabilità del ricorrente in ordine al delitto contestato. La
motivazione della sentenza impugnata supera quindi il vaglio di
legittimità demandato a questa Corte, alla quale non è tuttora
consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti magari
finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei
medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice del
merito.
Va poi ulteriormente evidenziato come il difetto di motivazione, quale
causa di nullità della sentenza, non possa essere ravvisato sulla base
di una critica frammentaria dei singoli punti di essa, costituendo la
pronuncia un tutto coerente ed organico, per cui, ai fini del controllo
critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa
va posto in relazione agli altri, potendo la ragione di una determinata
statuizione anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia
stato fatto richiamo, sia pure implicito (cfr., ex multis, Cass., Sez. 4,
n. 4491 del 17/10/2012, rv. 255096).
Fermo quanto precede, osserva il Collegio come tutte le censure
proposte si rivelano inammissibili posto che, con le stesse, si
muovono non già precise contestazioni di illogicità argomentativa,
ma solo doglianze di merito, non condividendosi dal ricorrente le

i

/

sottratto, preferendo rifugiarsi in critiche nei confronti della decisione

conclusioni attinte ed anzi proponendosi versioni più persuasive di
quelle dispiegate nella sentenza impugnata.
9. Tutti i motivi di gravame, trattabili congiuntamente, risultano
superati attraverso le precise, congrue e giustificate valutazioni
operate dai giudici di secondo grado che, in sintesi, hanno
riconosciuto:
– come l’imputato, dando al denaro ricevuto una destinazione affatto
diversa dal titolo e dalle ragioni che ne giustificavano, da parte sua,

il possesso, ha immutato il mero possesso in dominio ed ha
realizzato gli estremi oggettivi del reato contestatogli;
-che il thema decidendum del processo non fosse quello di stabilire
quale sia stata l’effettiva attività prestata dal A.A. a favore dei
propri clienti, né se detta attività giustificasse gli onorari esposti
nelle parcelle presentate dall’imputato: ciò che rileva è, invece, che i
Vannucci negavano che il A.A. avesse ottenuto risultati utili
presso l’amministrazione comunale, ritenendo i risultati ottenuti del
tutto inadeguati rispetto alla lettera di incarico del 25.07.2003 ed,
anzi, peggiorativi rispetto alla situazione esistente a tale data, con
conseguente inesistenza dei requisiti della liquidità ed esigibilità
dell’asserito credito vantato dal professionista;
– che la lettera d’incarico del 25.07.2003 era chiara nel precisare che
scopo del mandato era quello di ottenere dall’Amministrazione
comunale di Riccione una riduzione della cessione dei terreni in
favore del Comune “nonché un incremento della nuova capacità
edificatoria delle parti commerciali, uffici e residenziale”: pertanto, lo
scopo in parola poteva dirsi raggiunto se il legale avesse ottenuto
una riduzione dei terreni da cedere al Comune e, nel contempo,
avesse altresì ottenuto “un incremento della nuova capacità
edificatoria delle parti commerciali, uffici e residenziale”;
-che, a distanza di quasi due anni dalla lettera di incarico,
l’intervento dell’avv. A.A. non comportò per i Vannucci alcuna
migliorìa nello stato delle trattative con il comune di Riccione;
– che, le particolari competenze professionali del A.A., di
professione avvocato, escludevano che lo stesso non potesse
rendersi conto che la mancata restituzione della somma di 100.00
euro consegnatagli a titolo di deposito fiduciario fosse priva di
qualsivoglia giustificazione e che le esorbitanti parcelle emesse dallo

8

stesso fossero del tutto prive di aggancio con la realtà e all’evidenza
strumentali alla volontà di non restituire ai Vannucci alcunché di
quegli originari 100.000 euro;
-che la pena irrogata, valutati tutti i criteri di cui all’art. 133 cod.
pen., ed in particolare considerata la gravità della condotta ed il non
encomiabile comportamento processuale tenuto dal A.A.
caratterizzato da ostinata affermazione di tesi del tutto mendaci,

-che la liquidazione del danno operata dal giudice di primo grado
appariva del tutto corretta, tenuto conto della somma versata dai
Vannucci a titolo di deposito fiduciario e loro non restituita e dei
danni morali conseguiti anche a seguito delle parcelle stratosferiche
e del tutto prive di giustificazione che si videro presentare
dall’imputato.
10. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in euro 1.000,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 11.3.2014

Il Consigliere estensore

li Presidente

Dott. And ea Pellegrino

Dott,AAntcjniol rstiino

doveva ritenersi equa;

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