Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11951 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 11951 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
LAVORATO Luca, nato a Corigliano Calabro il 19.7.1977;
avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino in data 5.3.2012;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Carmine Stabile,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30.5.2012, il G.I.P. del Tribunale di Torino, in esito
a giudizio abbreviato, dichiarò Lavorato Luca responsabile dei delitti di
rapina aggravata e danneggiamento in danno della cittadina cubana
Hodelin Rousseaux e, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione,
concesse le attenuanti generiche, lo condannò alla pena di anni 2 giorni
20 di reclusione ed C 480,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame e la Corte di
Appello di Torino, con sentenza del 5.3.2013, previa esclusione della
circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3 n. 3 bis, cod. pen.,
ridusse la pena ad anni 1 mesi 4 giorni 10 di reclusione ed C 400 di
multa.

Data Udienza: 29/01/2014

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:
1) la violazione della legge penale con riferimento alla mancata
derubricazione del delitto di rapina in quello di esercizio arbitrario delle
proprie ragioni con violenza sulle persone; deduce, in particolare, che la
Corte territoriale avrebbe errato a non considerare che il Giordo – nel
recarsi presso il salone di bellezza della persona offesa accompagnato
dall’odierno ricorrente – era mosso dall’unico intento di riprendersi i due

convivenza, poi interrotta; ciò che renderebbe palese la sussistenza
dell’elemento soggettivo del delitto di esercizio arbitrario delle proprie
ragioni, consistente nella ragionevole opinione di esercitare un proprio
diritto, nella specie il diritto ad ottenere la restituzione dei doni fatti in
vista del futuro matrimonio;
2) la violazione dell’art. 628 cod. pen. con riferimento alla ritenuta
partecipazione del ricorrente all’azione criminosa posta in essere dal
coimputato; deduce che il Lavorato si era limitato ad accompagnare il
Giordo presso l’esercizio commerciale della Rousseaux nella convinzione
che l’amico dovesse riprendersi i telefonini di sua proprietà, essendo
all’oscuro delle intenzioni violente dell’amico e mantenendosi comunque
estraneo all’azione violenta dello stesso, di modo che mancherebbe – da
parte sua – ogni contributo causale all’azione criminosa del Giordo, che è
il presupposto per poter rispondere dei reati da questi commessi;
3)

la mancanza di motivazione della sentenza impugnata con

riferimento alla mancata concessione del beneficio della sospensione
condizionale della pena, avendo la Corte di Appello affermato, del tutto
apoditticamente, che il Lavorato non può godere del suddetto beneficio
per averne già precedentemente goduto e non ricorrendo i presupposti
per goderne nuovamente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
La Corte di Appello ha spiegato diffusamente le ragioni per le quali il
fatto ascritto all’imputato deve essere qualificato come rapina e non come
esercizio arbitrario delle proprie ragioni, spiegando come uno solo dei due
telefonini sottratti (e non l’altro) sia stato dono del Giordo e come, in ogni
caso, le schede SIM fossero della p.o.; ha poi spiegato come gli imputati,
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telefoni cellulari che aveva regalato alla Rousseaux durante la loro

compreso il Lavorato, abbiano negato di essere in possesso dei telefoni
sottratta alla Hodelin, manifestando così la consapevolezza della illiceità
della loro condotta. La motivazione della Corte di merito sul punto è
completa e immune da manifesta illogicità e, pertanto, incensurabile in
sede di legittimità.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è privo di fondamento.
La Corte territoriale ha spiegato (f. 9 s.) che il Lavorato non si è

Rousseaux, ma ha svolto un ruolo attivo nella commissione dei fatti,
coadiuvando il complice e in particolare: ricevendo i cellulari sottratti alla
donna; supportando l’amico con la sua presenza e con la forza
intimidatoria derivatane sulla p.o.; assistendo passivamente, senza
intervenire a difesa della donna, quando il Giordo la colpiva; fuggendo
senza prestare soccorso alla vittima ferita. Tutte tali circostanze hanno
indotto i giudici di merito a ritenere che il Lavorato fosse pienamente
consapevole delle intenzioni illecite e violente dell’amico, tanto da non
restare estraneo all’azione violenta dello stesso.
La motivazione sul punto della sentenza impugnata non è
manifestamente illogica, risultando perciò insindacabile in sede di
legittimità.
3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Va premesso che, secondo la giurisprudenza pacifica di questa Corte
in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono
ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente
indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione
con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Cass.,
Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Rv. 255568); cosicché è inammissibile il
ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra
le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le
affermazioni del provvedimento censurato (cfr., ex plurimis, Cass., Sez.
2, n. 19951 del 15/05/2008 Rv. 240109).
Ai fini della validità del ricorso per cassazione non è, perciò,
sufficiente che il ricorso consenta di individuare le statuizioni
concretamente impugnate e i limiti dell’impugnazione, ma è altresì

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limitato ad accompagnare il Giordo presso l’esercizio commerciale della

necessario che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con
sufficiente grado di specificità e che siano correlate con la motivazione
della sentenza impugnata; con la conseguenza che se, da un lato, il
grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed
assoluta, dall’altro, esso esige pur sempre – a pena di inammissibilità del
ricorso – che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata
vengano contrapposte quelle del ricorrente, volte ad incrinare il

chiedere l’annullamento del provvedimento impugnato, prendere in
considerazione gli argomenti svolti dal giudice di merito e sottoporli a
critica, nei limiti – s’intende – delle censure di legittimità.
Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha spiegato di non
poter concedere all’imputato il beneficio della sospensione condizionale
della pena «per averne già precedentemente goduto e non ricorrendo i
presupposti per riconoscergli nuovamente tale beneficio (art. 165,
comma 2, cod. pen.)»
A fronte di tale motivazione della Corte di Appello, il ricorrente si è
limitato a dolersi della mancata motivazione sul punto senza spiegare le
ragioni per le quali – a suo dire – il ragionamento della Corte di merito
sarebbe errato.
Il motivo risulta perciò inammissibile per genericità.
4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 29 gennaio 2014.

fondamento logico-giuridico delle prime. È quindi onere del ricorrente, nel

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