Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1194 del 13/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1194 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) GALLUCCIO VITTORIO N. IL 05/05/1975
avverso la sentenza n. 6378/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
20/01/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per te

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Data Udienza: 13/11/2012

N. 28855/11-RUOLO N. 2 P.U. (1970)
RITENUTO IN fATTO

1.Con sentenza del 20 gennaio 2010 la Corte d’appello di Napoli ha ridotto da
anni 5 e mesi 4 di reclusione ad anni 4 e mesi 8 di reclusione la pena inflitta a
GALLUCCIO Vittorio per il reato di cui al capo 7) della rubrica (estorsione, in
concorso con FABOZZO Amedeo ed altri giudicati a parte, in danno di VEROLLA
Raffaele, costretto a versare la somma di C 5.100,00 a fronte di un suo debito
persone riunite ed avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis cod.
pen., nonché al fine di agevolare l’attività dell’associazione camorristica facente
capo a DELLA VOLPE Raffaele e CIOCIA Pasquale: artt. 110, 629 comma 2, in
relazione all’art. 628 comma 3 cod. pen., 7 legge n. 203 del 1991).
2.La Corte d’appello di Napoli è pervenuta all’anzidetta riduzione di pena avendo
valorizzato la circostanza che l’imputato aveva a sua volta dovuto subire minacce
del coimputato FABOZZO Amedeo, il quale, una volta estorto, su sua richiesta, la
somma anzidetta al VEROLLA, aveva a sua volta chiesto ed ottenuto
dall’imputato la metà del credito da lui recuperato.
3.Avverso detta sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre per cassazione
GALLUCCIO Vittorio per il tramite del suo difensore, che ha dedotto carenza di
motivazione circa le determinazioni assunte nei suoi confronti, essendo stata
trattata unicamente la posizione processuale del coimputato FABOZZO Amedeo e
non essendo stati esplicitati i percorsi argomentativi, attraverso i quali la Corte
territoriale era pervenuta alla riduzione della pena inflittagli in primo grado.
Inoltre non erano state prese in esame le doglianze da lui formulate in appello,
concernenti la richiesta di riqualificare il delitto ascrittogli come esercizio
arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone (art. 393 cod. pen.) e
l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991.
4.Con successivo atto del 18 aprile 2012 il ricorrente, per il tramite del proprio
difensore, ha eccepito motivazione carente ed illogica, per non essere stato
derubricato il reato ascrittogli da estorsione aggravata ad esercizio arbitrario
delle proprie ragioni.
Ha poi rilevato la contraddizione fra il delitto contestatogli ed il reato di
estorsione aggravata attribuito al successivo capo 8) al FABOZZO nei suoi
confronti, riferito al medesimo credito recuperato, avendo egli subito dal
FABOZZO una condotta vessatoria, che escludeva la possibilità di ritenerlo

nei confronti dell’imputato di C 3.800,00, con le aggravanti dell’aver agito in più

concorrente e consapevole dell’ipotizzato progetto criminoso del correo anzidetto,
si che il reato a lui ascritto avrebbe dovuto essere derubricato in quello di cui
all’art. 393 cod. pen., in quanto la riscossione del credito con modalità violente
era stata posta in essere solo dal FABOZZO; ed il fatto che quest’ultimo avesse
informato esso ricorrente del contenuto minatorio della richiesta di recupero della
somma fatta al VEROLLA, dopo averla profferita, escludeva un accordo
preventivo sulle modalità di richiesta del credito; inoltre era evidente nella specie
la sua piena inconsapevolezza che il FABOZZO avrebbe chiesto il credito al
Neppure era ipotizzabile nella specie a suo carico l’aggravante di cui all’art. 7
legge n. 231 del 1991, da ritenere aggravante oggettiva, la quale presupponeva
che il singolo soggetto, nel porre in essere la specifica condotta criminosa,
avesse effettivamente utilizzato il metodo mafioso; nella specie al contrario non
era emerso che il correo avesse agito in termini di mafiosità; d’altra parte la
consapevolezza e l’accettazione del presunto metodo mafioso non poteva essere
dedotta dalla mera conoscenza della qualità soggettiva del concorrente.
ONSIDERATO IN

Duarro

111 ricorso proposto da GALLUCCIO Vittorio è infondato.
Con esso il ricorrente ha proposto due distinte censure, di cui la prima
concernente la mancata derubricazione del reato ascrittogli da estorsione
aggravata ad esercizio arbitrario delle proprie ragioni e la seconda concernente
l’erronea contestazione a suo carico dell’aggravante del metodo mafioso di cui
all’art. 7 legge n. 203 del 1991.
2.Quanto alla censura relativa alla mancata derubricazione del delitto ascritto al
ricorrente da estorsione ad esercizio arbitrario delle proprie ragioni, si osserva
che elemento essenziale di entrambi detti reati è la violenza o la minaccia, si
che, in caso di soggetto che vanti un diritto azionabile innanzi all’a.g., per
distinguere fra esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione occorre far
riferimento al grado di gravità della condotta violenta o minacciosa; ed è da
ritenere che si rimanga nell’ambito dell’estorsione quando venga esercitata una
violenza gratuita o sproporzionata rispetto al fine, ovvero quando venga
esercitata una minaccia tale da porre la vittima in condizione di coartazione
assoluta, che escluda ogni concreta possibilità di scelta (cfr. Cass. Sez. 6 n.
32721 del 21/6/2010, Hamidovic ed altri, Rv. 248169).
3.Applicando tali principi giurisprudenziali al caso in esame, va rilevato che la
sentenza impugnata, con motivazione sintetica ma pur essenziale e condivisibile,
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VEROLLA con modalità intimidatorie.

ha sottolineato come il comportamento gravemente minaccioso tenuto dal
coimputato FABOZZO nei confronti della vittima, chiaramente evocativo di
metodi camorristici, fosse stato tale da non aver lasciato alla vittima alcuna
scelta; ed infatti la stessa si è risolta, per l’evidente pressione subita, a
consegnare al suo correo addirittura molto più di quanto doveva al ricorrente;
correttamente poi quest’ultimo va ritenuto concorrente a pieno titolo nel grave
fatto estorsivo materialmente posto in essere dal correo FABOZZQ avendo egli
chiesto dapprima al FABOZZD di intervenire per recuperare la somma, ben
quanto ritenuto dal ricorrente, la telefonata n. 1029, con la quale il FABOZZO lo
aveva messo al corrente dell’intimidazione già compiuta, non è stato l’unico
contatto da lui tenuto col FABOZZCt
Condivisibilmente poi la sentenza impugnata ha ridotto la pena inflitta al
ricorrente, avendo dato atto che, in un momento successivo alla commissione
dell’estorsione commessa assieme al FABOZZO nei confronti del VEROLLA, i
rapporti fra i due correi si sono deteriorati, divenendo il ricorrente a sua volta
vittima di un’estorsione subita dal FABOZZO, suo precedente coimputato; il che è
pienamente compatibile sul piano logico con la precedente estorsione attribuita
anche al ricorrente a titolo di concorso, in quanto i rapporti fra il ricorrente ed il
FABOZZO si sono deteriorati in un momento successivo alla commissione
dell’estorsione in danno del VEROLLA.
4.Quanto poi alla censura, con la quale il ricorrente ha lamentato l’erronea
contestazione nei suoi confronti dell’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del
1991, si osserva che tale aggravante consiste nell’aver commesso il fatto
avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p., ovvero al fine di
agevolare l’attività di associazioni previste nell’articolo da ultimo citato ed è
configurabile a carico dei soggetti, i quali, partecipi o meno di reati associativi,
utilizzino metodi mafiosi e cioè ostentino nel loro comportamento, in maniera
evidente e provocatoria, una condotta intimidatoria idonea ad esercitare sui
soggetti passivi quella particolare coartazione e quella conseguente intimidazione
e paura che normalmente incutono le organizzazioni di tipo mafioso,
caratterizzate dal capillare loro controllo del territorio (cfr. Cass. 1^ 9.3.04 n.
16486; Cass. 1^ 18.3.1994 n. 1327).
Applicando tali principi giurisprudenziali al caso in esame, si rileva che i giudici di
merito, con motivazione incensurabile nella presente sede, siccome esente da
illogicità e da contraddizioni, hanno correttamente rilevato la sussistenza di detta
aggravante, riferita al reato di estorsione ascritto al ricorrente, sottolineando
come l’attività estorsiva, svolta materialmente dal coimputato FABOZZO, fosse
3

sapendo quali metodi il FABOZZO avrebbe usato, si che, contrariamente a

stata commessa con tipica metodologia mafiosa, essendo stati pretesi non solo C
3.800,00, dovuti dal debitore, ma un’ulteriore somma di C 1.300,00,
assolutamente privi di giustificazione e tali da evocare chiaramente il grave
timore che la richiesta restitutoria aveva ingenerato nel debitore, ben al corrente
della caratura criminale del richiedente; ed il potenziale intimidatorio, proprio
del sodalizio mafioso cui il FABOZZO apparteneva, ben poteva ritenersi
sussistere anche in mancanza di minacce esplicite rivolte alla p.o., potendo esso
consistere anche in comportamenti allusivi, che possono talvolta essere ben più

5.Una volta accertata la sussistenza dell’aggravante in esame a carico del
coimputato FABOZZO, va ritenuto che la stessa sia stata correttamente
contestata anche al ricorrente, essendo stato egli ben consapevole della caratura
criminale del FABOZZO ed avendo egli esplicitamente chiesto in anticipo a
quest’ultimo la sua collaborazione, onde conseguire il credito vantato nei
confronti del VEROLLA.
6.11 ricorso proposto da GALLUCCIO Vittorio va pertanto respinto, con sua
condanna al pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13 novembre 2012.

persuasivi di esplicite minacce.

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