Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11939 del 27/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11939 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Macchiarulo Francesca, nata a Cerignola il 28/03/1961

avverso l’ordinanza del 11/10/2013 del Tribunale di Foggia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza impugnata;
udito per la ricorrente l’avv. Franco Colialti, che ha concluso chiedendo
l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Foggia – decidendo in sede di
rinvio a seguito di annullamento, da parte di questa Corte, di una precedente
decisione emessa dallo stesso Tribunale adito ai sensi dell’art. 322 bis cod. proc.

Data Udienza: 27/02/2014

pen. – confermava il provvedimento del 22/11/2012 con il quale il medesimo
Tribunale aveva rigettato una richiesta difensiva di revoca del sequestro
preventivo disposto, a norma degli artt. 321 cod. proc. pen. e 12 sexies d.l. n.
306 del 1992, convertito nella legge n. 356 del 1992 (nell’ambito del
procedimento penale pendente a carico di Cartagena Sante, imputato dei reati di
cui agli artt. 648 e 648 bis cod. pen.) sugli immobili formalmente intestati a
Francesca Macchiarulo, moglie del predetto Cartagena.
Rilevava il Tribunale come gli elementi acquisiti durante le indagini avessero

a mente del citato art. 12

sexies,

senza essere contraddetti dalla

documentazione prodotta dalla difesa inerente alle capacità reddituali della
Macchiarulo, giudicate, comunque, sproporzionate rispetto al valore dei beni
immobili sottoposti al vincolo.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso la Macchiarulo, con atto
sottoscritto dal suo difensore avv. Franco Collalti, la quale ha dedotto, con un
unico ed articolato motivo, la violazione di legge, in relazione agli artt. 321 cod.
proc. pen. e 12 sexies

legge n. 356 del 1992, per avere il Tribunale,

disattendendo le indicazioni contenute nella sentenza di annullamento della
Cassazione, omesso di considerare che la documentazione da lei prodotta aveva
provato che i redditi derivanti da un’attività commerciale, nonché quelli
conseguiti con l’affitto di alcuni locali, le avevano fornita quella capacità
economiche idonee a consentirle l’acquisto degli immobili dei quali era stato
domandato il dissequestro.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio
secondo il quale il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto
della richiesta, presentata da persona diversa dall’imputato o dall’indagato, di
restituzione delle cose sequestrate deve essere proposto, a pena di
inammissibilità, dal difensore munito di procura speciale rilasciata ai sensi
dell’art. 100 cod. proc. pen. (in questo senso Sez. 5, n. 21314 del 09/04/2010,
Di Stefano, Rv. 247440; in senso conforme, anche in relazione al ricorso avverso
al provvedimento di riesame in materia di misure cautelari reali, Sez. 1, n.
25849 del 04/05/2012, Bellinvia, Rv. 253081; Sez. 6, n. 13154 del 19/03/2010,
Arango Garzon, Rv. 246692).
Alla luce di tale regola va rilevato come, nel caso di specie, il ricorso è stato
proposto dal difensore della Macchiarulo, terzo rispetto all’imputato del processo

2

confermato la sussistenza dei presupposti per l’adozione del sequestro ‘allargato’

nell’ambito del quale era stata disposta l’applicazione del sequestro preventivo di
immobili, senza che lo stesso patrocinatore avesse ricevuto alcuna procura
speciale dalla sua assistita.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento in favore
dell’erario delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della
cassa delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 27/02/2014

indicato nel dispositivo che segue.

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