Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11938 del 27/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11938 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Miggiano Lucia, nata a Gallipoli il 05/06/1954

avverso l’ordinanza del 20/09/2013 del Tribunale di Lecce;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Lecce, adito ai sensi dell’art.
322 cod. proc. pen., confermava il decreto del 02/08/2013 con il quale il Giudice
per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva disposto l’applicazione
della misura del sequestro preventivo dei beni della Tekne s.r.I., già oggetto di
pignoramento nella procedura esecutiva attivata dalla M.D.P. s.r.I., in relazione
al reato di cui all’art. 388, comma 1, cod. pen., per avere Marco De Paola e Lucia

Data Udienza: 27/02/2014

Miggiano, amministratori rispettivamente delle due anzidette società, compiuto
su quei beni atti simulati o fraudolenti finalizzati a consentire alla Tekne di
sottrarsi all’adempimento dell’obbligazione pecuniaria riconosciuta con sentenza
del 11/06/2013 dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Casarano, in favore
del creditore Marcello Camisa.
Rilevava il Tribunale come gli elementi acquisiti durante le indagini avessero
dimostrato la sussistenza sia del fumus commissi delicti – atteso che l’iniziativa
esecutiva attivata dalla Miggiano, madre del De Paola, era stata finalizzata

Camisa per il soddisfacimento del suo diritto di credito – che del periculum in
mora, posto che la libera disponibilità, da parte degli indagati, dei beni oggetto
della simulata procedura monitoria, avrebbe consentito di reiterare la
commissione del reato ipotizzato a loro carico.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso la Miggiano, con atto
sottoscritto personalmente, la quale ha dedotto, con un unico ed articolato
motivo, la violazione di legge per avere il Tribunale erroneamente ritenuto
sussistenti i presupposti di applicazione della disposta misura cautelare reale.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.
La gran parte delle doglianze formulate dalla ricorrente è stata sostanzialmente
avanzata per fare valere asseriti vizi di motivazione del provvedimento gravato,
e, dunque, è stata presentata per ragioni diverse da quelle consentite, tenuto
conto che l’art. 325 cod. proc. pen. stabilisce che contro i provvedimenti in
materia di sequestro preventivo gli interessati possano proporre il ricorso per
cassazione esclusivamente per violazione di legge.
E’ esclusa, dunque, la sindacabilità della contraddittorietà ed illogicità
manifesta della motivazione, in altre parole, il controllo di legittimità non si
estende all’adeguatezza delle linee argomentative ed alla congruenza logica del
discorso giustificativo della decisione: sindacato, nel caso di specie, sollecitato
dalla ricorrente, la quale – lamentando, al di là del formale dato enunciativo, il
fatto che la motivazione dell’ordinanza gravata si presenterebbe viziata nel suo
percorso argomentativo, perché basata su “un ragionamento… non coerente
congrua” rispetto alle emergenze procedimentali, nonché l’incompletezza della
motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora (v. pagg. 7 e 10 del
ricorso) – ha, in pratica, chiesto una inammissibile rivalutazione degli elementi di
prova acquisiti, la cui capacità dimostrativa era stata già verificata dai giudici di
merito.

2

esclusivamente ad impedire che i beni della Tekne potessero essere aggrediti dal

Manifestamente infondata appare, invece, l’unica reale violazione di legge
denunciata dalla ricorrente nella parte in cui è stata esclusa la configurabilità del
fumus commissi delicti in quanto la Miggiano, quale legale rappresentante della
M.D.P. s.r.I., non aveva compiuto alcun atto simulato, essendosi limitata a fare
valere un diritto di credito maturato dalla anzidetta società nei riguardi della
Tekne s.r.I.: avendo il Tribunale del riesame convincentemente chiarito che il
carattere simulato di quella iniziativa giudiziaria – chiaramente finalizzata solo
ad impedire che i beni della Tekne potessero essere aggrediti dal Camisa cui

Tekne immediatamente esecutivo, il diritto di credito di 40.000 euro – fosse
stato dimostrato a livello indiziario dal fatto che la Miggiano ed il De Paola sono
madre e figlio; che la seconda, quale amministratrice della M.D.P., avesse fatto
valere, dopo oltre undici anni, un credito maturato nei riguardi della Tekne; ed
ancora che nell’ambito della procedura monitoria attivata dalla prevenuta, nella
quale significativamente il De Paola non aveva presentato alcuna opposizione,
tanto da fare diventare immediatamente esecutivo il decreto ingiuntivo emesso
ai danni della sua società, la M.D.P. avesse chiesto non la vendita dei beni
pignorati della Tekne, bensì l’assegnazione diretta degli stessi (v., in particolare,
pagg. 9-10 ord. impugn.)

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento in favore
dell’erario delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della
cassa delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo
indicato nel dispositivo che segue.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 27/02/2014

l’autorità giudiziaria aveva riconosciuto, con provvedimento di condanna della

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