Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11932 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11932 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BORRUTO GIOVANNI N. IL 14/12/1982
avverso l’ordinanza n. 589/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 06/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
4e+te/sentite le conclusioni del PG Dott. G,,rjssEPP
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Data Udienza: 30/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 4 – 6 settembre 2013 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato
l’appello presentato nell’interesse di Borruto Giovanni avverso l’ordinanza di rigetto della
richiesta di sostituzione della misura custodiale con quella meno afflittiva degli arresti
domiciliari, emessa dal G.i.p. presso il medesimo Tribunale in data 28 maggio 2013.

2. Avverso l’ordinanza pronunziata dal Tribunale in sede di appello hanno proposto ricorso

relazione all’art. 275, comma 4, c.p.p., per essere stato dimostrato in sede di appello che
nessun altro familiare può assistere il minore, e che non è possibile fare ricorso a strutture
esterne, ovvero a soggetti estranei, in ragione della particolare patologia psico-affettiva del
minore, che abbisogna di assistenza strettamente genitoriale.
Si deduce, inoltre, la mancanza di motivazione in ordine alle specifiche allegazioni
difensive sui profili sopra indicati di incompatibilità della soluzione adottata con l’affidamento
del minore a strutture pubbliche o private.

3.

Con motivi nuovi, depositati in Cancelleria il 14 gennaio 2014, il difensore del

ricorrente, da un lato, ha contestato la valutazione della gravità indiziaria in ordine alla
partecipazione del ricorrente all’ipotizzato sodalizio sotto il profilo della presunzione di cui
all’art. 275, comma 3, c.p.p., e, dall’altro lato, ha sviluppato ulteriori argomentazioni e rilievi a
sostegno della richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata per l’illogicità e
contraddittorietà della motivazione in relazione alla ritenuta inapplicabilità del principio dettato
dall’art. 275, comma 4, c.p.p., avendo il ricorrente dimostrato, con il supporto di idonea
documentazione, l’assoluto impedimento della coniuge del Borruto ad accudire il figlio minore,
siccome affetto sin dalla nascita da un’insufficienza della tricuspide e da problemi respiratori.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato e deve essere pertanto rigettato, avendo il Tribunale del riesame
escluso, con congrua ed esaustiva motivazione, la configurabilità dei presupposti applicativi
dell’invocata regola di cui all’art. 275, comma 4, c.p.p. .

5.

Invero, dopo aver rammentato l’operatività, nei confronti dell’indagato, della

presunzione, rimasta insuperata nel caso di specie, di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p.,
l’impugnata pronunzia ha fatto buon governo della condivisibile linea interpretativa (Sez. 5, n.
27000 del 28/05/2009, dep. 02/07/2009, Rv. 244485), che anche in questa Sede deve essere
ribadita, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, ai fini dell’operatività del divieto di
custodia cautelare in carcere nei confronti dell’imputato padre di prole infratreenne non è
1

per cassazione i difensori del Borruto, deducendo la violazione dell’art. 606, lett. b), c.p.p., in

censurabile, in sede di legittimità, la decisione con cui il giudice di merito escluda, con
motivazione idonea e pertinente, la gravità dell’impedimento richiesto dall’art. 275, comma
quarto, cod. proc. pen., sulla base del rilievo che l’attività di lavoro svolta dalla madre non
costituisce di per sé un ostacolo tale da impedirle di attendere alla cura del minore, anche con
l’eventuale aiuto di familiari disponibili o con il ricorso a strutture pubbliche abilitate.
In applicazione di tale principio, dunque, deve ritenersi immune da censure la decisione
impugnata, laddove la stessa si è premurata di esaminare gli argomenti difensivi,
disattendendone motivatamente la fondatezza non solo sulla base del rilievo che l’invocata

normativa, è necessariamente limitata da una restrittiva interpretazione orientata nel senso di
un impedimento assoluto all’assistenza alla prole – nel caso di specie, peraltro, non
adeguatamente evincibile alla stregua dell’allegata documentazione – ma anche in ragione del
dato, ivi coerentemente rappresentato, che, pur in una situazione di assenza e/o impossibilità
(a causa di precarie condizioni di salute) di componenti del nucleo familiare nella prestazione di
attività di ausilio e supporto del coniuge dell’indagato nell’accudimento del minore, le esigenze
lavorative della donna (nel caso in esame, alle dipendenze di un Istituto di credito) ben
potrebbero conciliarsi, come di regola avviene, con il pieno soddisfacimento delle concorrenti
esigenze di cura ed assistenza alla prole attraverso il temporaneo affidamento a collaboratori,
ovvero a strutture ed organismi esterni alla famiglia, in grado di coadiuvarne efficacemente la
prestazione delle su indicate attività.

6. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art. 616 c.p.p. .
La Cancelleria provvederà all’espletamento degli incombenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att., c.p.p.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla
Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att., c.p.p. .

Così deciso in Roma, lì, 30 gennaio 2014

Il Cysigliere stensore

Il Presidente

operatività del divieto, in quanto connotata dalla natura eccezionale della correlativa previsione

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