Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11928 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11928 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore nell’interesse di
Sawicki Piotr, nato a Bialystock il 16/04/1982

avverso la sentenza n. 22/2013 della Corte di appello di Firenze in data
02/08/2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Guglielmo Leo;
udito il Procuratore generale, in persona del sostituto dott. Eduardo V.
Scardaccione, che ha concluso per il rigetto del ricorso i nowc k

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RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata la sentenza n. 22/13E con la quale la Corte d’appello di Firenze,
in data 02/08/2013, ha dichiarato sussistere le condizioni per l’accoglimento
della domanda di estradizione presentata dalla Repubblica di Polonia nei
confronti di Piotr Sawicki.
Risulta dagli atti e dal provvedimento impugnato, ed è incontroverso, che
l’Autorità giudiziaria polacca ha tre volte condannato il Sawicki, tutte le volte con
sospensione condizionale della pena inflitta:

Data Udienza: 10/12/2013

- con sentenza 07/02/2001, irrevocabile dal 14/02/2001, alla pena di un
anno di reclusione (per un reato di danneggiamento commesso il 03/09/2000)
– con sentenza 16/02/2001, irrevocabile dal 23/02/2001, alla pena di due
anni di reclusione (per un fatto di rapina e lesioni personali commesso il
13/05/2000)
– con sentenza 09/04/2001, irrevocabile dal 07/09/2001, alla pena di due
anni di reclusione (per un fatto di lesioni personali commesso il 17/09/2000)
Risulta inoltre dagli atti trasmessi con la richiesta di estradizione che, con

era stata revocata. Va ancora aggiunto che, con sentenza del 19/01/2004,
Sawicki è stato ulteriormente condannato, alla pena di due anni di reclusione,
per una aggressione ad un pubblico ufficiale, fatto commesso il 17/03/2001.
Con un provvedimento del 12/11/2008, su richiesta del diretto interessato, è
stato disposto il cumulo delle pene indicate, con residuo esigibile pari a quattro
anni e sei mesi di reclusione. Il provvedimento de quo è divenuto definitivo in
data 26/02/2009.
Dopo avere appreso della presenza dell’interessato in Italia, la Repubblica di
Polonia ne ha sollecitato l’estradizione. In occasione della convalida del suo
arresto, Sawicki ha negato il proprio consenso.

2. Prendendo in considerazione alcuni dei rilievi difensivi, la Corte territoriale ha
negato che le pene inflitte all’estradando debbano considerarsi prescritte alla
luce della disciplina italiana in materia (art. 172 cod. pen.), e che dunque debba
trovare applicazione l’art. 10 della Convenzione europea di estradizione, per
effetto del quale le relativa domanda non può essere accolta «se la prescrizione
dell’azione o della pena è acquisita secondo la legislazione della Parte richiedente
o della Parte richiesta».
La Corte territoriale ha richiamato l’ultimo comma dell’art. 172 cod. pen., a
mente del quale la prescrizione non si determina quando, nel tempo necessario
all’estinzione, l’interessato riporta una condanna per fatti della stessa indole.
Nel caso di specie, tale effetto si connetterebbe alla sentenza del 19/01/2004,
riguardante un fatto di indole analoga a quella cui si riferiscono i provvedimenti
antecedenti, che sarebbe successivo al passaggio in giudicato delle relative
sentenze.

3. Con un unico motivo di ricorso il difensore di Rawicki denuncia, a norma
dell’art. 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., l’asserita violazione dell’art.
172, primo, quinto e sesto comma, cod. pen., nonché dell’art. 10 della
Convenzione europea di estradizione.
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provvedimento del 12/12/2001, la sospensione condizionale delle pene inflitte

Preliminarmente si richiama l’orientamento per il quale, affinché risulti
ostativa all’estinzione della pena, la condanna riportata nel corso del periodo di
prescrizione deve riferirsi ad un reato commesso successivamente all’inizio del
termine della prescrizione medesima.
Ciò posto, assume il ricorrente che il termine prescrizionale, nei casi di specie,
non avrebbe preso a correre con il passaggio in giudicato delle sentenze di
condanna, dovendosi piuttosto applicare il quinto comma dell’art. 172 cod. pen.,
il quale, in presenza di un termine o di una condizione per l’esecuzione della

decorrenza del periodo utile alla prescrizione. Occorrerebbe avere riguardo, in
particolare, alla data del provvedimento con il quale era stata disposta la revoca
della sospensione condizionale delle pene inflitte, cioè al 12/12/2001. Con la
conseguenza che il fatto ritenuto ostativo alla prescrizione delle pene irrogate in
precedenza (aggressione a pubblico ufficiale del 17/03/2001), erroneamente
valorizzato ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 172 cod. pen., risulterebbe invece
antecedente alla corsa del termine prescrizionale, e dunque inidoneo ad evitare
l’effetto estintivo.
In ogni caso, anche connettendo la decorrenza del termine prescrizionale al
passaggio in giudicato delle singole sentenze, per l’ultima tra esse il fatto
asseritamente ostativo all’estinzione risulterebbe comunque antecedente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, poiché in effetti le pene per la cui esecuzione è richiesta
l’estradizione del Sawicki devono considerarsi estinte secondo la disciplina
italiana, con la conseguenza che mancano, a norma dell’art. 10 della
Convenzione europea di estradizione, le condizioni per l’accoglimento della
domanda.

2. Va premesso che la disciplina nazionale riferibile al caso di specie fissa in dieci
anni il termine di prescrizione per tutte le pene inflitte al ricorrente, considerate
singolarmente e, finanche, cumulativamente. Come si è visto, si tratta della
reclusione per due anni (in due casi) e della reclusione per un anno (nel terzo
caso). Il primo comma dell’art. 172 cod. pen, stabilisce che la prescrizione
maturi in un tempo di durata doppia rispetto a quella della sanzione detentiva, e
comunque non inferiore a dieci anni.
2.1. La Corte territoriale ha ritenuto applicabile l’ultima parte dell’ultimo
comma del citato art. 172, secondo cui la pena non si estingue se il condannato,
durante il tempo necessario alla prescrizione, riporta una condanna alla

3

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pena, aggancia alla scadenza del termine od al verificarsi della condizione la

reclusione per un delitto della stessa indole. Il riferimento valorizza la già citata
sentenza del 19/01/2004, con la quale Sawicki è stato condannato a pena
detentiva per un fatto commesso il 17/03/2001.
Si è trascurato, per altro, che il reato «impeditivo» è tale a condizione che
sia stato commesso durante il tempo necessario per la prescrizione, e che
dunque l’effetto non si produce quando il reato sia stato commesso prima che
inizi la corsa del termine. Il principio è pacificamente accolto nella giurisprudenza
di questa Corte, e corrisponde al tenore letterale della norma che regola la

1, Sentenza n. 18990 del 07/04/2004, Turco, rv. 227984; Sez. 1, Sentenza n.
5316 del 06/12/1993, Spazzali, rv. 196363; Sez. 3, Sentenza n. 485 del
04/02/1980, La Mattina, rv. 144330; Sez. 1, Ordinanza n. 1589 del
12/05/1971, Mocciaro, rv. 119044).
La Corte territoriale, dunque, avrebbe dovuto verificare che il reato cui si
riferisce la sentenza del 2004 fosse stato commesso mentre già correvano i
termini prescrizionali delle tre pene per la cui esecuzione è stata formulata la
richiesta estradizionale.
Diviene quindi essenziale stabilire il momento di decorrenza della
prescrizione per le sanzioni inflitte al Sawicki. Con l’immediata precisazione che,
in effetti, il reato a presunto effetto «impeditivo» è addirittura antecedente alla
data in cui era divenuta irrevocabile la terza delle sentenze di condanna, rispetto
alla quale dunque, e certamente, non potrebbe esplicare il ruolo assegnatogli
della Corte d’appello di Firenze.
2.2. Si è visto a suo tempo che tutte le pene in questione erano state
oggetto di sospensione condizionale, poi revocata, con unico provvedimento, il
12/12/2001.
Stabilisce la legge italiana (art. 172, comma 5, cod. pen.) che, quando per
l’esecuzione di una pena è necessario il verificarsi di una determinata condizione,
il termine prescrizionale decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata.
Ora, nella giurisprudenza di questa Corte si fronteggiano due orientamenti
circa l’identificazione del concetto di «condizione verificata».
Secondo un primo indirizzo – che concerne anche l’istituto della sospensione
condizionale della pena – dovrebbe aversi riguardo al fattore che determina la
fine dell’effetto sospensivo, indipendentemente dalla data del relativo
accertamento: in sostanza, si tratterebbe del momento in cui viene commesso il
reato a cagione del quale la precedente sospensione condizionale dovrà essere
revocata; da quel momento, e non dall’epoca del conseguente provvedimento di
revoca, comincerebbe a correre il termine prescrizionale della pena già
condizionalmente sospesa (Sez. 1, Sentenza n. 10924 del 13/01/2012, Gargiulo,
4

materia (Sez. 1, Sentenza n. 46691 del 24/10/2012, Jacovitti, rv. 253975; Sez.

rv. 252553; Sez. 1, Sentenza n. 26748 del 21/05/2009, Papallo, rv. 244714;
Sez. 1, Sentenza n. 18552 del 05/03/2009, Canarecci, rv. 243644; Sez. 1,
Sentenza n. 40678 del 16/10/2008, Narzisi, rv. 241562; Sez. 1, Sentenza n.
41574 del 12/12/2006, Capetta, rv. 236015; Sez. 1, Sentenza n. 17346 del
11/04/2006, Petrella, rv. 233882).
Un secondo e contrapposto orientamento, che sembra ormai prevalere,
collega invece il verificarsi della condizione al momento in cui viene accertata la
sussistenza delle condizioni per la revoca, e questa viene definitivamente

prescrizionale al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna
per il nuovo reato e del contestuale provvedimento di revoca, se non addirittura
ad un’epoca ancora successiva, per il caso di revoca disposta separatamente
(Sez. 1, Sentenza n. 13414 del 21/02/2013, Strusi, rv. 255647; Sez. 1,
Sentenza n. 22707/13 del 05/12/2012, Mirabella, rv. 256481; Sez. 1, Sentenza
n. 46991 del 24/10/2012, Jacovitti, rv. 253974; Sez. 1, Sentenza n. 21008 del
24/01/2012, Mignemi, rv. 253548; Sez. 1, Sentenza n. 30593 del 13/05/2011,
Ferrazzo, rv. 251105; Sez. 1, Sentenza n. 616/2010 del 02/12/2009, Moscovita,
rv. 245982; Sez. 1, Sentenza n. 29856 del 24/06/2009, De Angeli, rv. 244317;
Sez. 1, Sentenza n. 12466 del 11/03/2009, Armento, rv. 243498).
2.3. Il Collegio ritiene senz’altro preferibile il secondo tra gli orientamenti
citati.
La tesi opposta viene essenzialmente giustificata sulla base di tre argomenti.
Il primo è che i tempi di accertamento giudiziale sono variabili, e non controllabili
dall’interessato, di talché non potrebbe farsi operare in danno di quest’ultimo, e
della sua “aspettativa” d’una prescrizione della pena in precedenza inflitta, il
ritardo derivante dalle procedure di verifica dell’attuarsi della condizione. Il
secondo, reso esplicito solo talvolta, è che l’accertamento della condizione
risolutiva ha una funzione essenzialmente ricognitiva, e non costitutiva, di talché
sarebbe perfettamente logico che la corsa della prescrizione cominci
dall’avveramento del fatto condizionante. Da ultimo, la soluzione prescelta
sarebbe la sola compatibile con la lettera della norma, la quale, come già detto,
allude ad al giorno in cui «la condizione si è verificata», e non al giorno in cui
tale evento viene accertato dal giudice.
Non si tratta di argomenti risolutivi. In primo luogo va colta l’anomalia di un
ragionamento che implica la corsa del termine prescrizionale in una situazione in
cui la pena non può essere eseguita. La logica dell’estinzione presuppone
all’evidenza un atteggiamento di inerzia della istituzione preposta ad attuare i
provvedimenti punitivi. La legge intende che i consociati non siano esposti troppo
a lungo alle conseguenze di detta inerzia, con il risultato dell’esecuzione di pene

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disposta. Tale indirizzo, com’è ovvio, posticipa la decorrenza del termine

ormai intollerabilmente lontane non solo dal fatto, ma dalla stessa conclusione
del processo. è vero che tale ultimo effetto si produce, ed anzi si amplifica,
posponendo la decorrenza del termine prescrizionale. Ma se tale decorrenza
viene collegata al fatto cui può connettersi la revoca, il tempo della prescrizione
non è più tempo di inerzia del magistero punitivo, e resta stravolta la stessa
giustificazione funzionale dell’istituto. Il paradosso, com’è ovvio, può spingersi
fino alla constatazione della prescrizione di pene che non avrebbero mai potuto
essere eseguite lungo l’intero corso del relativo termine.

esplicitamente, un automatismo di effetti della «condizione» risolutiva, che
conferisce al relativo accertamento una funzione ricognitiva. Ciò non è vero
sempre. Basti pensare, proprio in tema di sospensione condizionale della pena,
ai casi cd. di «revoca facoltativa», regolati dal comma 2 dell’art. 168 cod. pen.
La sospensione accordata per un primo reato, in caso di commissione di un reato
ulteriore con pena che non implica nel complesso il superamento dei limiti fissati
all’art. 163, può essere revocata o non dal secondo giudice, a seconda dell’indole
e della gravità del reato. Una valutazione in fatto, eminentemente discrezionale,
la cui sfavorevole conclusione (dal punto di vista del condannato) ha valore
propriamente costitutivo della condizione. Il compimento del nuovo reato, in sé
considerato, è elemento necessario ma non sufficiente della fattispecie.
Più in generale, sembra chiaro che un fatto produttivo di conseguenze
negative in punto di godimento dei diritti fondamentali della persona (l’avere il
condannato con pena sospesa commesso un nuovo reato) può esplicare gli effetti
in questione solo nel momento in viene accertato secondo le forme e con le
garanzie previste dall’ordinamento. Non a caso la pena già sospesa non è
eseguibile fino al passaggio in giudicato del provvedimento di revoca della
sospensione: la «condizione» cui la legge subordina l’esecuzione è, in sostanza,
una revoca (efficace) della sospensione.

3. Può tornarsi al caso di specie con soluzioni utili per la decisione.
Il termine prescrizionale per le pene inflitte al Sawicki ha iniziato a decorrere,
al più presto, dal 12/12/2001 (o anche in seguito, se il provvedimento di revoca
della sospensione condizionale era stato assoggettabile o assoggettato ad una
qualche forma di impugnativa). Il reato che dovrebbe esplicare un effetto
«impeditivo» dell’estinzione, in base all’ultimo comma dell’art. 172 cod. pen., è
stato commesso ben prima (il 17/03/2001), e dunque non può esplicare l’effetto
assegnatogli dalla Corte territoriale.
Ne consegue che le pene per la cui esecuzione è richiesta l’estradizione
devono considerarsi prescritte, secondo la disciplina nazionale, al dicembre

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D’altra parte l’orientamento qui disatteso sembra presupporre, talvolta


2011. Ciò comporta, per quanto rilevato in apertura, che mancano le condizioni
per l’accoglimento della domanda presentata dallo Stato polacco.
La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio. Poiché Sawicki
risulta ancora soggetto a provvedimenti limitativi della libertà personale, va
disposta la sua immediata liberazione.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui agli artt. 626 cod. proc.
pen. e all’art. 203 delle relative disposizioni di attuazione.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché non sussistono le

condizioni per l’estradizione verso la Polonia.
Ordina la rimessione in libertà del ricorrente Sawicki Piotr se non detenuto

per altro.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui agli artt. 626 cod. proc.

pen. e 203 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10/12/2013.

P.Q.M.

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