Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11927 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11927 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore nell’interesse di
Farieri Lorenzo, nato a Pachino il 24/12/1960
Farieri Luigi, nato a Pachino il 01/06/1992

avverso la ordinanza del Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame,
in data 24/06/2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Guglielmo Leo;
udito il Procuratore generale, in persona del sostituto dott. Eduardo
Scardaccione, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata l’ordinanza del 24/06/2013 con la quale il Tribunale di Catania, in
funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento applicativo della
misura cautelare della custodia in carcere adottato, il 06/06/2013, dal Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Modica.
Con l’ordinanza cautelare è contestato a Lorenzo e Luigi Farieri il delitto di cui
all’art. 73 del d.P.R. 9/10/1990, n. 309, in relazione alla coltivazione di

Data Udienza: 10/12/2013

numerose piante di canapa ed alla illecita detenzione di prodotto stupefacente
per circa 240 chilogrammi. Si legge nel provvedimento, e nell’ordinanza di
riesame ove lo stesso è richiamato adesivamente, che nel fondo a disposizione
dei Farieri insistono delle serre, al cui interno erano state insediate da tempo
piante di canapa indiana (alcune delle quali alte due metri), e che era stata
predisposta ed attrezzata anche una piccola struttura per l’essiccamento ed il
confezionamento del prodotto. Il materiale stupefacente era diviso in vari luoghi
della proprietà, all’interno di sacchi o bidoni, compreso il carrello di un trattore

perquisizione tanto Lorenzo Farieri che il figlio Luigi si trovavano sul luogo, con
abiti sporchi di terra, e che i due uomini, del resto, abitano insieme in uno stabile
nella stessa proprietà.
Il Tribunale del riesame ha preso in considerazione le dichiarazioni difensive
rese da entrambi gli indagati, arrestati in flagranza, secondo cui la responsabilità
della «azienda» farebbe capo solo al ventenne Luigi Farieri, mentre il padre
sarebbe stato all’oscuro dell’iniziativa, ed avrebbe avuto gli abiti sporchi, al
momento della perquisizione, solo per aver spostato della terra al di fuori delle
serre. La tesi è stata giudicata inattendibile, data la pertinenza del fondo ad
entrambi gli interessati, e la coabitazione degli stesi: circostanze tali da
escludere che una attività tanto estesa e vistosa, ed oltretutto impegnativa,
potesse essere condotta all’insaputa di uno tra gli odierni ricorrenti.
Nella valutazione delle esigenze cautelari è stata valorizzata la natura
professionale ed economicamente rilevante dell’impresa criminosa, tale da
documentare – in unione per Lorenzo Farieri ai precedenti penali e giudiziari (pur
aspecifici) – che il rischio di reiterazione dei reati potrebbe essere contenuto solo
mediante la carcerazione (considerato ancora, con specifico riguardo alla misura
degli arresti domiciliari, che la piantagione era stata installata nelle pertinenze
dell’abitazione degli indagati).

2. Con unico motivo di ricorso, proposto a norma dell’art. 606, comma 1, lettere
b) , c) ed e), cod. proc. pen., il difensore dei Farieri deduce un vizio di carenza e
illogicità della motivazione del provvedimento impugnato.
Detta motivazione sarebbe contraddittoria, a proposito del quadro indiziario,
in quanto non avrebbe tenuto conto delle dichiarazioni di entrambi gli arrestati, e
dei connessi argomenti difensivi, riguardo all’estraneità di Lorenzo Farieri ai fatti
in contestazione.
In punto di esigenze cautelari, il rischio di reiterazione del reato non sarebbe
stato desunto da elementi concreti, mancando oltretutto il necessario
apprezzamento della condizione di incensuratezza di Luigi Farieri e del carattere

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situato all’esterno delle serre. Si apprende, infine, che al momento della

aspecifico dei precedenti di Lorenzo. Il quale anzi, trovandosi in condizione di
affidamento in prova al momento dei fatti, sarebbe stato per ciò stesso immune
da pericolosità, dato il regime dei controlli cui era sottoposto.
Il ricorrente ritiene generica ed illogica, infine, la considerazione a proposito
della incongruenza di un’ipotetica applicazione della misura degli arresti
domiciliari, posto l’utilizzo dell’abitazione familiare e delle sue pertinenze come
strumento per la commissione dei reati.

1. I ricorsi sono inammissibili, per la genericità dei motivi prospettati, per la
loro pertinenza al fatto e, comunque, per la loro manifesta infondatezza.
1.1. L’intera prima parte dell’atto di impugnazione esprime le doglianze della
difesa circa il fatto che il Tribunale del riesame non ha accolto la ricostruzione dei
fatti proposta dagli interessati nel corso delle rispettive udienze di convalida,
secondo cui solo il giovane (ed incensurato) Luigi Farieri sarebbe stato
responsabile della vera e propria azienda agricola creata sul fondo familiare.
Si tratta appunto di motivi in fatto, la cui natura non viene certo meno per la
presentazione in forma di censura concernente la completezza e la coerenza
della motivazione. Del resto, il Tribunale del riesame ha orientato il proprio
esame delle risultanze proprio al fine prevalente di verificare l’ipotesi di una
estraneità di Lorenzo Farieri al fatto contestato: ipotesi disattesa motivatamente
e congruamente, dal che emerge la palese infondatezza della censura
prospettata dai ricorrenti.
1.2. Altrettanto va detto con riferimento ai rilievi critici concernenti la
sussistenza di esigenze cautelari e l’adeguatezza esclusiva, in chiave di loro
soddisfazione, della custodia in carcere.
Il Tribunale, posto di fronte ad un fatto di gravità molto rilevante, ha preso in
specifica considerazione i precedenti degli indagati e le caratteristiche del caso
concreto. Ha valutato che la condizione di incensurato di Luigi Farieri non
elidesse il valore sintomatico della sua condotta, ed ha apprezzato i precedenti di
Lorenzo, significativi, per quanto non specifici. In punto di scelta della misura ha
specificamente considerato, oltre che il livello della pericolosità espressa dagli
interessati, il fatto che l’attività criminosa era da loro svolta proprio presso il
luogo di esecuzione di una ipotetica misura di arresti domiciliari.
A queste considerazioni i ricorrenti oppongono regole di esperienza che, a
parte ogni rilievo sulla loro pertinenza al fatto, sono palesemente eccentriche.
Così per la pretesa che, nel caso un reato sia commesso da persona in stato di
affidamento in prova ai servizi sociali, dovrebbe operarsi una prognosi favorevole

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(0,.

CONSIDERATO IN DIRITTO

sui futuri comportamenti dell’interessato (quasi che non risulti invece dimostrata
l’inefficacia dissuasiva dei controlli antecedenti). Così, ancora, per la pretesa che
gli arresti domiciliari non sarebbero distinguibili dalla custodia in carcere, quando
si tratti di misurare il rischio di recidiva sulla plausibilità dell’agente quale
persona capace di imporsi, in assenza o quasi di vincoli esterni, il rispetto delle
regole.

2. L’inammissibilità dei ricorsi impone la condanna degli interessati al

Cassa delle ammende, che la Corte, valutate le circostanze del caso concreto,
ritiene di fissare in C 1.000,00 per ciascuno dei ricorrenti.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni prescritte dall’art. 94, comma
1-ter, delle disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle

spese processuali e, ciascuno, a quello della somma di euro mille in favore della
Cassa delle ammende.
Manda

alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma

disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10/12/2013.

1-ter,

pagamento delle spese processuali ed anche al versamento di una somma nella

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