Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11913 del 27/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11913 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Penati Filippo, nato a Monza il 30/12/1952

avverso la sentenza del 22/05/2013 del Tribunale di Monza;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile il Comune di Sesto San Giovanni l’avv. Brambilla Pisani,
che ha concluso rimettendosi alla Corte;
udito per l’imputato l’avv. M. Biffa, in sostituzione dell’avv. Nerio Giuseppe
Diodà, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata il Tribunale di Monza dichiarava non doversi
procedere nei confronti di Filippo Penati, ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod.

Data Udienza: 27/02/2014

proc. pen., in relazione ai reati di cui all’art. 319 quater cod. pen. ascrittigli ai
capi A), B) e C) dell’imputazione perché estinti per intervenuta prescrizione.
Rilevava il Tribunale come il P.M. avesse riqualificato i fatti, originariamente
contestati ai sensi dell’art. 317 cod. pen., in base al suddetto nuovo articolo
introdotto dalla legge n. 190 del 2012; e come l’avvenuta verifica della
costituzione delle parti in pubblica udienza escludesse che la sentenza potesse
essere qualificata come predibattimentale a norma dell’art. 469 cod. proc. pen.
e, dunque, rendesse irrilevante l’opposizione manifestata dai difensori

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Penati, con atto sottoscritto
dai suoi difensori avv. avv. Nerio Giuseppe Diodà e avv. Matteo Sergio Calori
Vincenzo Iofrida, il quale ha dedotto i seguenti due motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 129 e 469 cod. proc. pen., per
avere il Tribunale emesso una sentenza che, in quanto adottata prima della
dichiarazione di apertura del dibattimento, doveva essere considerata come
predibattimentale e, dunque, non poteva essere emessa in presenza
dell’opposizione formulata dai patrocinatori dell’imputato.
2.2. Mancanza di motivazione, per avere quel Collegio dichiarato non doversi
procedere nei confronti dell’imputato a mente dell’art. 129, comma 1, cod. proc.
pen., senza spiegare in alcun modo le ragioni per le quali non vi fossero le
condizioni per prosciogliere il prevenuto nel merito a norma del comma 2 dello
stesso articolo.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio
secondo il quale, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono
rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata quale quello dedotto con il secondo dei motivi sopra trascritti – in quanto il
giudice di rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla
declaratoria della causa estintiva:

regula iuris, questa, applicabile anche in

presenza di una nullità di ordine generale (così, ex multis, Sez. U, n. 35490 del
28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275), del tipo di quella eccepita, nel caso di
specie, con il secondo dei motivi sopra riprodotti; invalidità, peraltro, di
discutibile configurabilità a mente dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen.,
risultando dagli atti che i difensori dell’imputato, pur confermando l’opposizione
all’adozione di una sentenza ex art. 469 cod. proc. pen., nulla osservarono in
ordine alla possibilità dell’emissione di una sentenza di proscioglimento ai sensi
dell’art. 129 del codice di rito.
2

dell’imputato.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa
delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 27/02/2014

P.Q.M.

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