Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11900 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11900 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Giuseppe Papalia, nato a Vibo Valentia il 2.5.1989
avverso la sentenza del 5 dicembre 2012 emessa dalla Corte d’appello di
Reggio Calabria;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale Carmine Stabile, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione in epigrafe indicate la Corte d’appello di Reggio
Calabria, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Palmi in
data 2 aprile 2012, ha confermato il giudizio di responsabilità di Giuseppe

Data Udienza: 14/11/2013

Papalia in ordine al reato di detenzione a fine di spaccio di grammi 9,5 di
cocaina, riducendo la pena ad anni tre di reclusione ed euro 10.000 di multa.

2. L’imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione.
Con l’unico motivo dedotto censura la sentenza assumendo la violazione
degli artt. 192 c.p.p. e 73 d.P.R. 309/1990, nonché il vizio di motivazione:

argomentazioni della difesa, confermando acriticamente la tesi della sentenza
di primo grado. In particolare, secondo il ricorrente i giudici avrebbero tenuto
in considerazione il solo elemento del quantitativo di sostanza stupefacente
detenuto, superiore ai limiti tabellari, trascurando altre e rilevanti circostanze,
sia oggettive che soggettive, dalle quali si sarebbe dovuto escludere che la
detenzione fosse diretta ad un uso non esclusivamente personale: nessuna
considerazione sulle modalità di presentazione della sostanza stupefacente,
che non risultava frazionata in dosi e che è stata rinvenuta in casa, dove non
vi erano bilancini di precisione, né denaro contante, tutti elementi che
avrebbero dovuto fare escludere un’attività, anche rudimentale, di spaccio,
riconoscendo la detenzione per un uso personale della sostanza. Nel ricorso si
rileva che gli elementi valorizzati dalla sentenza, cioè il tentativo del Papalia di
disfarsi dell’involucro, l’immotivata consistenza della scorta di stupefacente in
relazione all’uso dichiarato dallo stesso imputato e la mancata dimostrazione
di essere un soggetto dedito al consumo occasionale di stupefacenti, appaiono
del tutto neutri, comunque inidonei ad affermare una sua responsabilità e anzi
evidenziano l’illogicità e l’insufficienza della motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
Secondo una giurisprudenza di legittimità consolidata, il mero dato
quantitativo del superamento dei limiti tabellari previsti dall’art. 73, comma 1-

bis lett. a) del d.P.R. n. 309 del 1990, come modificato dalla legge n. 49 del
2005, non costituisce una presunzione, sia pure relativa, sulla destinazione
della sostanza ad un uso non esclusivamente personale, in quanto il giudice è
comunque chiamato ad effettuare, sulla base degli ulteriori parametri indicati
nella disposizione normativa citata, una valutazione diretta a verificare se le

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sostiene che la Corte d’appello non avrebbe preso in considerazione le

modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da
escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione, né può dirsi
che il superamento del dato quantitativo della sostanza detenuta determini
una inversione dell’onere della prova a carico dell’imputato in ordine alla
destinazione della droga detenuta, rimanendo tale onere a carico dell’accusa.
Nel caso in esame, la Corte d’appello, preso atto che l’imputato deteneva

operato una verifica anche in relazione ad altri parametri, che però non
appaiono idonei a giustificare in maniera logica la detenzione della droga per
finalità di uso non personale.
In particolare, nella motivazione della sentenza, per escludere la
configurabilità di una destinazione ad uso personale, si insiste molto sulla
reazione dell’imputato che, “in maniera fin troppo repentina” si sarebbe
disfatto dell’involucro contenente la cocaina, condotta questa che viene
ritenuta dimostrativa della consapevolezza “del carattere illecito della
detenzione”: la motivazione appare evidentemente illogica, in quanto anche la
detenzione di stupefacente per uso personale è condotta considerata illecita
dalla legge, tanto è vero che viene punita con sanzioni di carattere
amministrativo, anche particolarmente afflittive, sicché la “reazione” cui si
riferisce la sentenza impugnata non può assurgere a indizio significativo
circa la finalità della detenzione.
Altro elemento che viene preso in considerazione è l’assenza di “valida
giustificazione (…) sulla dedotta condizione di assuntore di sostanza
stupefacente” da parte dell’imputato: si tratta di una valutazione ambigua,
che sembrerebbe voler addossare, indirettamente, all’imputato l’onere
probatorio di dimostrare l’uso esclusivamente personale della droga detenuta,
pur dinanzi alla dichiarazione di essere consumatore saltuario di cocaina;
d’altra parte, non è neppure indicato quale prova l’imputato avrebbe potuto
offrire circa il suo stato di consumatore occasionale, condizione che non è
certo documentabile, come ad esempio può accadere per un
tossicodipendente in cura preso strutture pubbliche o private.
Infine, il terzo ed ultimo elemento che viene preso in considerazione dalla
Corte territoriale riguarda la giustificazione fornita dall’imputato circa la
detenzione del quantitativo di droga: i giudici ritengono inverosimile che
l’imputato abbia acquistato circa 9,5 grammi di cocaina, corrispondenti a circa

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un quantitativo di cocaina superiore ai limiti tabellari, ha, correttamente,

20 dosi medie singole, per costituirsi una “riserva” per i mesi a venire,
sostenendo l’inconsistenza di tale giustificazione per l’eccessiva lunghezza del
periodo di approvvigionamento che, considerata la quantità che l’imputato
assumeva settimanalmente, arriverebbe a nove mesi. In questo caso, le
argomentazioni contenute in sentenza appaiono frutto di mere congetture,
non emergendo fatti o circostanze da cui desumere l’inverosimiglianza di un

escludersi che proprio la sua condizione di consumatore occasionale lo abbia
determinato ad un acquisto di droga superiore al sue fabbisogno per costituire
una “riserva”, evitando di rivolgersi con maggior frequenza al mercato degli
spacciatori.
In conclusione, dalla motivazione, così come rappresentata, gli elementi
indiziari su cui poggia la decisione di colpevolezza non sono idonei, neppure
complessivamente considerati, a dimostrare l’uso non esclusivamente
personale della droga da parte dell’imputato. D’altra parte, la sentenza ha del
tutto tralasciato di prendere in considerazione altri elementi rilevanti per
accertare la finalità della detenzione dello stupefacente, come ad esempio le
modalità di conservazione o di occultamento della droga, il luogo in cui è stata
rinvenuta, la presenza in casa di bilancini o altri oggetti funzionali allo spaccio
o, ancora, la disponibilità di denaro contante da parte dell’imputato.

4. Dal rilevato vizio di motivazione consegue l’annullamneto della
sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della
Corte d’appello di Reggio Calabria.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte
d’appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio.
Così deciso il 14 novembre 2013

Il Consig ere estensore

utilizzo personale della droga così prolungato nel tempo; al contrario, non può

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