Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11894 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 11894 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SIMONI LEANDRO N. IL 23/04/1990
avverso la sentenza n. 1742/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
21/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 30/10/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Carmine Stabile, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Milano confermava la
sentenza di condanna emessa in data 1 dicembre 2011 dal Giudice per le
indagini preliminari di Milano nei confronti di Simoni Leandro, resa all’esito del
giudizio abbreviato nell’ambito del giudizio immediato, per il delitto di furto
aggravato in abitazione di oggetti di valore, telefoni cellulari e somme di denaro
in danno di diverse persone offese, nonchè di ricettazione di un’automobile;
entrambi i giudici di merito riconoscevano all’imputato le attenuanti generiche, in
equivalenza alle contestate e ritenute aggravanti, tra le quali era considerata la
recidiva.
2. Contro la decisione propone ricorso per cassazione l’imputato, con atto del
proprio difensore, avv. Francesca Mavilla, affidato a tre motivi:
a) violazione dell’articolo 606, lettera C, in relazione agli articoli 456, comma 1 e
429, comma 1, lettera C cod. proc. pen., per non avere la Corte dichiarato la
nullità del decreto di giudizio immediato per mancata contestazione
dell’aggravante della recidiva. Anche se della recidiva è fatta menzione nella
della richiesta del pubblico ministero, tradotta e notificata al Simoni insieme al
decreto di giudizio immediato, a giudizio del ricorrente, a fronte di specifica
doglianza ripropositiva dell’eccezione di nullità già proposta in udienza, la Corte
doveva far riferimento unicamente al decreto di giudizio immediato, senza poter
considerare altri atti, quale appunto la richiesta del pubblico ministero;
b) violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera E, per la mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla erronea
valutazione della recidiva nel giudizio di bilanciamento delle circostanze. Non
essendovi stata regolare contestazione della recidiva e non avendo il pubblico
ministero chiesto la modifica del capo di imputazione, il giudice avrebbe dovuto
escludere tale circostanza aggravante dal giudizio di bilanciamento e di
determinazione della pena;

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RITENUTO IN FATTO

C) violazione dell’articolo 606, lettera b, in relazione all’art. 62 n. 6 cod. pen.,
per non avere la Corte territoriale riconosciuto l’attenuante del risarcimento del
danno a favore delle persone offese, benché l’imputato avesse inviato una
somma simbolica ed una lettera di scuse a ciascuna di esse, per un totale

esiguità dei singoli risarcimenti, formulata dalla Corte d’appello, è illogica e
contraddittoria, poiché presume in modo del tutto astratto che i danni cagionati
siano superiori alla cifra versata ed ignora che tutte le persone offese hanno
accettato l’offerta e che nessuna di esse si è costituita parte civile, a riprova del
fatto che si sentivano pienamente ed integralmente soddisfatte dall’offerta del
Simoni, che è stata effettiva, integrale e volontaria. Il ricorrente richiama altresì
un orientamento di questa Corte, secondo il quale la circostanza attenuante
comune di cui all’art. 62 n. 6 trova fondamento nella minore capacità a
delinquere del colpevole poiché la diminuzione di pena trova la sua
giustificazione non tanto nella restaurazione del patrimonio della vittima, quanto
nella considerazione che il risarcimento del danno o la restituzione che
intervengano anteriormente al giudizio si presentano quale concreta
manifestazione del ravvedimento del reo. Infine si evidenzia la contraddittorietà
e l’illogicità della motivazione, laddove considera il risarcimento del danno ai fini
del riconoscimento delle attenuanti generiche, pur avendolo ritenuto insufficiente
ai fini dell’art. 62 n. 6 cod. pen.;
d) violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera E, per la mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al giudizio di
bilanciamento delle circostanze, formulata in termini di equivalenza anziché di
prevalenza delle attenuanti, con motivazione assai carente. A giudizio del
ricorrente la giovane età dell’imputato, il suo corretto comportamento
processuale e l’inizio di un percorso di disintossicazione avrebbero potuto
orientare l’autorità giudicante verso un giudizio di prevalenza delle attenuanti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va rigettato.
2. Il primo motivo è infondato.

3

complessivo di C 900. A giudizio del ricorrente la valutazione di eccessiva

2.1 II ricorrente lamenta un difetto di contestazione, ma in sostanza censura la
sentenza per aver tenuto conto di una recidiva non contestata, rispetto alla quale
verrebbe in rilievo la violazione del principio di correlazione tra l’imputazione
contestata e la sentenza (art. 521 cod. proc. pen.). Se può convenirsi con

esclusivamente riferimento al decreto di citazione a giudizio e non può tenersi
conto della richiesta del pubblico ministero, va anche ricordato che secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte per il rispetto del principio di
correlazione tra imputazione e sentenza occorre verificare che l’imputato possa
avere chiara cognizione, ai fini della sua difesa, di ciò che gli viene contestato
(Sez. 6, n. 40283 del 28/09/2012, Diaji, Rv. 253776; Sez. 5, n. 38588 del
16/09/2008, Fornaro, Rv. 242027). Nel caso di specie l’imputato, dopo la notifica
del decreto di citazione ha avanzato richiesta di applicazione della pena
concordata, in data 19 luglio 2011, ad anni 2 di reclusione ed €600 di multa,
pena sospesa, nella quale si chiedeva espressamente il riconoscimento della
recidiva, da ritenersi però equivalente nel giudizio di bilanciamento con le
circostanze attenuanti generiche; nell’istanza si precisava anche che per effetto
del provvedimento emesso quale giudice dell’esecuzione dal Tribunale di Brescia
la “contestata recidiva” andava considerata solo specifica e non anche reiterata
ed infraquinquennale.
3. Anche il secondo motivo è infondato, perché una volta superata la questione
riguardante la contestazione della recidiva, il giudice poteva e doveva tenerne
conto nel bilanciamento delle circostanze.
4. Il terzo motivo di ricorso, riguardante l’attenuante del risarcimento di danno, è
infondato.
4.1 L’art. 62, n. 6, cod. pen. prevede l’attenuante dell’avere “riparato, prima del
giudizio, interamente il danno, mediante il risarcimento di esso e, quando sia
possibile, mediante le restituzioni (…)”. La norma, secondo la corretta lettura
che se ne deve dare, stabilisce, quindi, le seguenti condizioni perché sia
concessa l’attenuante:
– innanzitutto, il risarcimento dev’essere volontario ed antecedente al giudizio di
primo grado;

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l’affermazione difensiva secondo la quale ai fini della contestazione deve farsi

- in secondo luogo, la riparazione del danno dev’essere integrale e, quindi,
effettiva.
4.2 Sul punto questa Corte, con giurisprudenza del tutto costante, ha rilevato,
infatti, che l’attenuante in esame è soggettiva quanto agli effetti, ai sensi

qualificarsi come oggettiva, sicché nel conflitto di interessi tra reo e vittima del
reato, la prevalenza dell’interesse di quest’ultima all’integralità della riparazione
non lascia alcuno spazio a pur eloquenti manifestazioni di ravvedimento del reo.
Il legislatore, ha, invero, inteso dare alla figura della persona offesa e
all’esigenza che il pregiudizio da questa subito a causa del comportamento
criminoso del colpevole sia interamente ristorato. La considerazione
dell’integrante dei risarcimento è talmente esclusiva che nemmeno il più
evidente tra gli indici di ravvedimento, quale in astratto potrebbe essere il
trasferimento spontaneo di tutti i beni dell’imputato a favore della persona
offesa, varrebbe a rendere operante l’attenuante se il riequilibrio patrimoniale
non risultasse pieno; Sez. 2, n. 12366 del 24/03/2010, Sola, Rv. 246673; Sez.
1, n. 28554 del 09/06/2004, Garibizzo, Rv. 228846)
4.3 Infine, la norma chiarisce quali debbano essere le modalità del risarcimento,
ossia che la riparazione (integrale) del danno deve avvenire mediante il
risarcimento e, quando sia possibile, mediante restituzione. Ciò significa,
pertanto, che la restituzione (quando è possibile) non è alternativa al
risarcimento (infatti la norma non usa il disgiuntivo “o”) ma si cumula con il
risarcimento come risulta testualmente dalla congiunzione “e”.
4.4 Cosa la legge intenda per risarcimento lo si desume, poi, dall’art. 185 cod.
pen., a norma del quale ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale
(che è quantificabile a norma dell’art. 2043 c.c: ex plurimis Sez. 3, Sentenza n.
3912 del 11/02/1991, Martinelli, Rv. 186779) o non patrimoniale (art. 2059
c.c.), obbliga al risarcimento il colpevole.
È del tutto evidente, pertanto, che quando l’art. 62, n. 6, cod. pen. richiede la
riparazione integrale del danno, intende affermare il principio secondo il quale
l’attenuante è configurabile solo quando il colpevole abbia risarcito sia il danno
patrimoniale (che può avvenire, in parte, anche con la semplice restituzione ove
sia possibile) sia il danno non patrimoniale (ex plurimis

5

Sez. 2, n. 9143 del

dell’art. 70 cod. pen., ma non anche ai fini del suo contenuto, per il quale deve

24/01/2013, Corsini, Rv. 254880), sicché la semplice restituzione non costituisce
integrale riparazione di tutti i danni dovendo i due mezzi (risarcimento e
restituzioni) essere cumulati.
4.5 Infine, è appena il caso di rilevare che la valutazione della integralità del

della parte offesa (la quale, in ipotesi, potrebbe anche rinunciare al risarcimento:
in tale ipotesi questa Corte ha chiarito che è comunque necessario che l’imputato
abbia messo a disposizione la somma di danaro mediante offerta reale, al fine di
consentire al giudice di valutare la serietà e la congruità della stessa: Sez. 2, n.
36037 del 06/07/2011, Ruvolo, Rv. 251073) ed indipendentemente da un
eventuale accordo raggiunto fra le parti ove non sia realmente satisfattivo (Sez.
1, n. 5767 del 08/01/2010, Scotuzzi, Rv. 246564), proprio perché la concessione
o il diniego delle attenuanti è materia sottratta alla volontà delle parti ed è
soggetta solo ai presupposti indicati dalla legge (volontarietà ed integrante del
risarcimento avvenuto prima del giudizio di primo grado) la cui verifica spetta
solo al giudice.
5.

Infine il quarto motivo è inammissibile, poiché il riconoscimento delle

attenuanti generiche, e il connesso giudizio di bilanciamento con le aggravanti,
sono statuizioni che l’ordinamento rimette alla discrezionalità del giudice di
merito, per cui non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la
decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica. Nel
caso di specie la Corte d’appello non ha mancato di motivare la propria
decisione, facendo riferimento alla negativa personalità del reo, desumibile dalla
condotta di evasione dagli arresti domiciliari ed al successivo stato di latitanza a
partire dal 25 gennaio 2012.
5.1 Siffatta linea argomentativa non presta il fianco a censura, rendendo
adeguatamente conto delle ragioni della decisione adottata; d’altra parte non è
necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda
singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p., essendo
invece sufficiente l’indicazione di quegli elementi che nel discrezionale giudizio
complessivo, assumono eminente rilievo.
6. In conclusione il ricorso va rigettato.
6.1 II rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle

6

risarcimento spetta d’ufficio al giudice, indipendentemente dalle dichiarazioni

spese processuali.

P.Q.M.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2013
Il consigliere estensore

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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