Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11893 del 09/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 11893 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Vicinanza Biagio, nato a Salerno il 12/05/1933

avverso la sentenza emessa il 18/06/2012 dal Tribunale di Salerno

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa
Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Biagio Vicinanza ricorre avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice di pace di
Salerno in data 22/01/2010. In primo grado, il Vicinanza era stato condannato
alla pena di € 800,00 di multa per i delitti di cui agli artt. 594 e 612 cod. pen., in

Data Udienza: 09/07/2013

ipotesi commessi in danno di Domenico e Sabato Pinto; all’esito del giudizio di
appello, confermate le statuizioni penali, venivano ridotti soltanto gli importi
equitativamente liquidati a titolo di risarcimento dei danni subiti dalle suddette
persone offese, costituitesi parti civili.
Con l’odierno ricorso, la difesa deduce mancanza di motivazione della
sentenza impugnata, in quanto sarebbero state adottate argomentazioni uniche
– e comunque avulse dalle risultanze processuali – nella disamina di entrambe le
querele.

dovuto essere dichiarato non punibile quanto alle ingiurie rivolte a Domenico
Pinto, ai sensi dell’art. 599 cod. pen., dal momento che la persona offesa aveva
realizzato un fatto ingiusto scattando fotografie in un’area di proprietà del
ricorrente e mentre quest’ultimo era intento a legittimi lavori di scavo (ai fini
della provocazione, ritiene la difesa che sarebbe stata sufficiente la ragionevole
convinzione del Vicinanza circa l’illiceità del comportamento della controparte);
inoltre, non avrebbe dovuto ravvisarsi alcuna minaccia, atteso che l’espressione
pronunciata verso lo stesso Domenico Pinto risultava inidonea ad incutere timori
di sorta, come dimostrato dal rilievo che costui decise di sporgere querela
soltanto dopo due mesi.
Quanto alla condotta posta in essere verso Sabato Pinto, la difesa
rappresenta che il Vicinanza sarebbe stato meritevole di assoluzione per
insussistenza del fatto, giacché la teste Vitolo – ritenuta fondamentale per la
declaratoria di penale responsabilità – aveva comunque dichiarato di non essere
stata presente a quegli episodi, dimostrandosi peraltro reticente; nel contempo,
la versione della persona offesa troverebbe smentita dalla circostanza che fu il
Vicinanza a sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine, e non il contrario, dopo
che Sabato Pinto era sopraggiunto a difesa del figlio (che comunque non udì frasi
rivolte dall’imputato al genitore) con fare evidentemente aggressivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve reputarsi inammissibile, per manifesta infondatezza dei
motivi.
Come già evidenziato dal Tribunale di Salerno, non può ravvisarsi alcuna
violazione di regole di civile convivenza nella presunta condotta tenuta da
Domenico Pinto, tanto da legittimare una reazione verbalmente aggressiva da
parte del Vicinanza: pure ammettendo che la persona offesa scattò delle
fotografie, il ricorso a frasi ingiuriose e minacciose fu ictu ocull sproporzionato

2

In particolare, nell’interesse del Vicinanza si sostiene che l’imputato avrebbe

alla compressione del diritto alla riservatezza che ne poté eventualmente
conseguire (senza che peraltro l’imputato argomenti specificamente di essersi
sentito leso nella propria intimità). Del tutto insignificante, per escludere la
rilevanza ex art. 612 cod. pen. della frase attribuita al ricorrente, appare la
circostanza che il Pinto attese due mesi prima di formalizzare una istanza
punitiva; analogamente è a dirsi, in una prospettiva di ricostruzione della
dinamica dei fatti che comunque esula dai limiti del presente giudizio di
legittimità, a proposito dell’essere stato il Vicinanza, piuttosto che le controparti,

Inoltre, la mancata presenza della teste Vitolo nel momento in cui
intervenne il padre del Pinto non autorizza certamente la conclusione che la
difesa dell’imputato intenderebbe ricavarne, in termini di difetto di prova delle
ulteriori ingiurie; come parimenti ricordato nella motivazione della sentenza
impugnata, le concordi dichiarazioni delle due persone offese, financo
parzialmente riscontrate dalla suddetta Vitolo (come pure da un altro testimone
che il ricorrente neppure menziona), già sarebbero sufficienti per formulare un
giudizio di colpevolezza.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Vicinanza al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 09/07/2013.

a richiedere l’intervento della Polizia.

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