Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11889 del 20/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11889 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VARRICCHIO ANTONIO N. IL 12/03/1972
avverso l’ordinanza n. 97/2013 TRIB. LIBERTA di BENEVENTO, del
13/08/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIW GRAZIOSI;
leae/sentite le conclusioni del PG Dott. Asz-a-c , Viz)Q.Cce)

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 20/02/2014

40802/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13 agosto 2013 il Tribunale di Benevento ha rigettato richiesta di
riesame proposta da Varricchio Antonio – indagato per il reato di cui all’articolo 6 d.lgs.
210/2008 – avverso decreto 30 luglio 2013 del gip dello stesso Tribunale con cui è stato
disposto il sequestro preventivo di due camion di Costruzioni Generali Varricchio Srl di cui
l’indagato è amministratore delegato.

è stata esercitata l’azione penale contro il Varricchio bensì contro altri soggetti, e che non è
condivisibile l’argomentazione del Tribunale sulla possibilità che sia esercitata in seguito. Il
secondo motivo denuncia la mancanza di esercizio dei poteri di cognizione e di decisione del
Tribunale, il quale, in primo luogo, non ha verificato la configurabilità per il Varricchio del reato
per cui il gip aveva ritenuto insussistente l’elemento soggettivo, in secondo luogo ha errato nel
ritenere che vi sia un provvedimento di sospensione dell’autorizzazione alla gestione del sito e
in terzo luogo non ha verificato che il Varricchio non ha commesso il reato avendo conferito i
rifiuti utilizzando regolarmente i formulari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
Va anzitutto premesso che i motivi della richiesta di riesame già includevano l’insussistenza
del fumus commissi delicti e l’impossibilità di procedere a confisca non essendo stata esercitata
nei confronti del Varricchio l’azione penale, nonché l’insussistenza dell’elemento soggettivo e di
quello oggettivo della fattispecie di reato contestatagli. Si tratta, dunque, in sostanza di una
riproposizione di quasi tutte le doglianze rappresentate al Tribunale. Riproposizione che,
ovviamente, per non incorrere in genericità e dunque in inammissibilità deve tenere conto del
contenuto della motivazione del provvedimento impugnato con cui è stata data risposta sulle
stesse tematiche dal giudice di merito (da ultimo Cass. sez. V, 15 febbraio 2013 n. 28011).
Il primo motivo, dunque, è stato confutato dall’ordinanza impugnata osservando che, “allo
stato, l’assenza di prova di esercizio dell’azione penale” nei confronti dell’attuale ricorrente
“non significa, di per sé, che tale atto non possa essere adottato in seguito, non essendo stato
del pari emesso alcun provvedimento di archiviazione”. Il ricorrente considera questa
argomentazione non condivisibile “atteso che ragionevolmente il PM, in mancanza di
stralcio…ha esercitato l’azione penale nei confronti dei soli soggetti per i quali il GIP ha
ravvisato l’esistenza di gravi indizi”, tra cui non vi sarebbe il Varricchio. Si tratta di una
censura meramente assertiva, la quale enuncia un elemento fattuale che questo giudice di
legittimità non ha il potere di verificare (l’insussistenza dei gravi indizi nei confronti del
Varricchio ) e comunque non contrasta il rilievo del Tribunale sul dato oggettivo dell’assenza,

2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo due motivi. Il primo motivo lamenta che non

allo stato, di una richiesta di archiviazione nei confronti del Varricchio, ciò rendendo quindi
infondato il motivo.
Il secondo motivo imputa al Tribunale del riesame l’omesso esercizio dei suoi poteri di
cognizione e di decisione, peraltro sviluppandosi, in concreto, su un piano fattuale (si intende
dimostrare l’insussistenza di sospensione dell’autorizzazione alla gestione del sito nonché
l’essere in corso una procedura di rinnovo dell’autorizzazione, che non sarebbe scaduta; si
intende altresì dimostrare che la condotta dell’attuale ricorrente non è illecita perché “ha

sottoscritta dalla MAEMI S.r.l.”), ancora una volta estraneo alla cognizione del giudice di
legittimità. Si dà atto meramente ad abundantiam, allora, che il Tribunale ha motivato sul
motivo di censura come era stato rappresentato nella richiesta di riesame, alla luce delle
risultanze investigative (intercettazioni e documentazione) pervenendo a ritenere il quadro
indiziario “sicuramente idoneo e compatibile all’emissione della misura cautelare” e altresì
dando conto della sussistenza attuale del periculum in mora. Anche questo motivo, pertanto,
non merita accoglimento.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 20 febbraio 2014

Il Consigliere Estenso

Il Presidente

conferito i rifiuti con formulari di cui ha prodotto la 4^ copia regolarmente timbrata e

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