Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11884 del 21/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11884 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALAIA FORTUNATO N. IL 25/05/1956
avverso la sentenza n. 2571/2010 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 28/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V.:jr-c,
Q_Q-Q1C,
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 21/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza del 28.2.2012 ha
confermato la decisione con la quale, in data 30.6.2010, il Tribunale di Palmi
aveva affermato la penale responsabilità di Fortunato PALAIA, che assolveva
dai reati di cui agli artt. 734 cod. pen. e 181 d.lgs. 42\2004 per insussistenza del

perché, quale amministratore unico della «Derivati Agrumari San Gennaro s.r.I.»,
senza essere in possesso della prescritta autorizzazione, effettuava lo scarico di
acque reflue derivanti dalla attività di trasformazione delle arance, senza alcun
preventivo processo di depurazione, in corpo d’acqua superficiale, con
superamento dei limiti fissati dalla legge per COD, solidi sospesi e Ph (in Rosarno
il 17.1.2008).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il
proprio difensore di fiducia.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di
motivazione, rilevando che la sentenza impugnata sarebbe affetta da nullità,
recando il capo di imputazione un riferimento al d.lgs. 151\2006 che nulla ha a
che vedere con la disciplina degli scarichi di acque reflue.
Aggiunge che dall’istruzione dibattimentale non sarebbe emerso alcun
collegamento tra lo scarico controllato e l’azienda di cui è il legale
rappresentante, non avendo la Corte del merito specificato da quali elementi
avrebbe tratto tale convinzione e non essendovi altri elementi che consentissero
di affermare che la provenienza delle sostanze rilevate con le analisi dei campioni
prelevati provenissero effettivamente da tale insediamento.
Lamenta, infine, la mancata concessione della sospensione condizionale
della pena.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato, ma la sentenza impugnata deve comunque essere
annullata senza rinvio per le ragioni che verranno di seguito esposte.

fatto, in ordine alla contravvenzione di cui all’art. 137, commi 1 e 5 d.lgs. 152\06,

4. Osserva il Collegio che del tutto destituita di fondamento risulta la dedotta
nullità della sentenza quale conseguenza della non corretta indicazione, nel capo
di imputazione, della norma di legge che si assume violata.
Invero risulta di tutta evidenza che l’indicazione del d.lgs. 151\2006, in luogo
del d.lgs. 152\06, è la conseguenza di un mero errore di trascrizione,
immediatamente percepibile anche in considerazione del fatto che l’imputazione
medesima contiene la corretta indicazione della singola disposizione (art. 137) e

violazione della disciplina sugli scarichi di acque reflue.
E’ appena il caso di ricordare, inoltre, che la giurisprudenza di questa Corte
ha avuto modo di puntualizzare, più volte, che anche la mancata indicazione
degli articoli di legge violati è irrilevante quando il fatto addebitato sia
puntualmente e dettagliatamente esposto, in modo tale che non possa insorgere
alcun equivoco sul pieno esercizio del diritto di difesa (Sez. VI n. 45289, 5
dicembre 2011; Sez. V n. 44707, 7 dicembre 2005; Sez. I n. 18027, 19 aprile
2004; Sez. IV n. 39617, 22 novembre 2002; Sez. VI n. 3138, 14 settembre 2000 e
numerose altre prec. conf.).

5. Per ciò che riguarda, poi, l’ulteriore censura concernente la non provata
riconducibilità dello scarico inquinante all’insediamento del ricorrente, deve
rilevarsi che, sul punto, il ricorso risulta articolato interamente in fatto,
proponendo una lettura alternativa delle risultanze dibattimentali che non può
però essere effettuata, come è noto, dal giudice di legittimità.
Invero, con motivazione coerente e priva di cedimenti logici, la Corte del
merito ha precisato che la provenienza dello scarico dall’azienda del ricorrente,
unica in funzione al momento del controllo, risultava dimostrata dal diretto
accertamento della polizia giudiziaria, effettuato nel corso di due diversi
sopralluoghi, in occasione del primo dei quali il nipote dell’imputato, presente alle
operazioni, non formulò alcuna obiezione in tal senso, come pure l’imputato
medesimo, presente alla seconda verifica, il quale, peraltro, nulla osservò
neppure in sede di interrogatorio.
Il giudici del gravame indicano, inoltre, come del tutto pacifica la mancanza
di valida autorizzazione allo scarico che, in effetti, non venne esibita all’atto del
controllo.
Tale giudizio di merito risulta del tutto esauriente e si sottrae agevolmente
ad ogni censura di legittimità.

6. Occorre tuttavia rilevare, con riferimento al reato di scarico senza

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dei relativi commi che nel citato decreto legislativo prevedono sanzioni per la

autorizzazione, che, avuto riguardo alla data di accertamento del reato (17
gennaio 2008) deve ritenersi ormai abbondantemente superato il termine
massimo quinquennale di prescrizione del reato cosicché, pur in presenza di un
motivo di ricorso infondato, deve procedersi all’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata, con riferimento al reato di cui all’art. 137 comma 1 d.lgs.
152\06, per essere la contravvenzione ascritta all’imputato estinta per
intervenuta prescrizione.

ulteriore violazione, riguardante il comma 5 del medesimo art. 137, relativa al
superamento dei limiti di legge, perché il fatto non è più previsto dalla legge
come reato dal 27 marzo 2010, data di entrata in vigore della legge 25 febbraio
2010, n. 36 recante «Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue», con
la quale è stato sostituito il primo periodo del comma 5 dell’art. 137 d.lgs.
152\06.
Detto articolo, dopo le modifiche apportate, così recita:

«chiunque, in

relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte
terza del presente decreto, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue

industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul
suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure
i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità
competente a norma dell’articolo 107, comma 1, è punito con l’arresto fino a due
anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro».
Tale disposizione, pertanto, prevede ora la sanzione panale esclusivamente
nel caso in cui lo scarico riguardi una o più sostanze indicate nella tabella 5
dell’Allegato 5 alla parte terza del D.Lv. le quali, nel caso dei reflui industriali, che
qui interessa, superino i valori limite indicati nella tabella 3.

8. Nella fattispecie in esame le sostanze relativamente alle quali risultano
superati i limiti tabellari non rientrano tra quelle contemplate dalla menzionata
tabella 5 dell’allegato 5 (si tratta, infatti, di COD, solidi sospesi e Ph).
La condotta contestata non costituisce pertanto reato ma rientra nell’ipotesi
di cui all’articolo 133, comma primo D.Lv. 152\06 il quale, salvo che il fatto
costituisca reato, punisce con sanzione amministrativa lo scarico con
superamento dei limiti indicati nelle tabelle dell’Allegato 5.
Di tale circostanza deve pertanto prendere atto il Collegio, restando
ovviamente assorbita l’ulteriore doglianza concernente il diniego della
sospensione condizionale della pena.

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7. Diverso discorso deve invece essere effettuato con riferimento alla

9. Va poi rilevato che a conclusioni analoghe questa Corte era già pervenuta
in una precedente occasione (Sez. III n. 19753, 19 maggio 2011) disponendo,
all’esito dell’annullamento senza rinvio, la trasmissione degli atti
all’Amministrazione Regionale competente all’irrogazione delle sanzioni
amministrative pecuniarie ai sensi dell’articolo 135 D.Lv. 152\06.
Occorre tuttavia prendere atto del fatto che, successivamente a tale
pronuncia, le Sezioni Unite Penali di questa Corte, risolvendo un precedente
contrasto, hanno stabilito che, in caso di annullamento senza rinvio della

solo come illecito amministrativo, il giudice non ha l’obbligo di trasmettere gli atti
all’autorità amministrativa competente a sanzionare l’illecito amministrativo
qualora la legge di depenalizzazione non preveda norme transitorie analoghe a
quelle di cui agli artt. 40 e 41 legge 24 novembre 1981, n. 689, la cui operatività
è limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di
depenalizzazione (SS.UU. n. 25457, 28 giugno 2012).
A tale principio intende ovviamente adeguarsi il Collegio, con la
conseguenza che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in
relazione al reato di cui all’art. 137, comma 1 d.lgs. 152\06 per essere lo stesso
estinto per intervenuta prescrizione e, quanto a quello di cui all’art. 137, comma
5 d.lgs. 152\06 perché non più previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato di cui all’art. 137,
comma

1

d.lgs. 152\06 è estinto per intervenuta prescrizione e perché

l’imputazione di cui al comma 5 del medesimo articolo non è prevista dalla legge
come reato.
Così deciso in data 21.2.2014

sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, ma

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