Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11882 del 07/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11882 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

Data Udienza: 07/02/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOKAADI LAMINE N. IL 02/06/1966
EL HAZMY NABIL N. IL 04/05/1982
avverso la sentenza n. 11869/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
19/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. NI ccee t_ LetUsatl
che ha concluso per -e’ ì-Aok. ,na.rn.L,S-E.Pals_eettf cefae 5 16.,c_09e.4-0 .

Udito • er la parte civile, l’Avv

Dq

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Napoli, pronunciando nei confronti degli odierni ricorrenti MOKAADI LAMINE e EL HAZMY NABIL con sentenza del 19/4/2013, confermava la sentenza di condanna emessa nei confronti degli stessi in data
25.5.2012 dal GUP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Il giudice di prime cure, all’esito di processo svoltosi con rito abbreviato,
aveva ritenuto i due imputati colpevoli del reato di cui agli artt. 110 e 73 co.
ibis A) Dpr. 309/90 (trasporto e detenzione, in concorso tra loro, a fini di spacriduzione per il rito, alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 20.000,00 di
multa ciascuno, oltre spese processuali e di custodia cautelare, interdizione dai
p.u, espulsione dallo Stato ex art. 86 Dpr 309/90, ordinando la confisca e la distruzione della sostanza stupefacente in sequestro, nonché la confisca di
quant’altro in sequestro.
2. Avverso tale provvedimento hanno proposto separati ricorsi per Cassazione gli imputati, personalmente Mokaadi Lamine e con l’ausilio del difensore El
Hazmy Nabil, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod.
proc. pen.:
Mokaadi Lamine
– carente e illogica motivazione in ordine al mancato riconoscimento
dell’ipotesi di cui all’art. 73 co. V Dpr. 309/90 e delle circostanze attenuanti generiche.
Secondo il ricorrente la Corte territoriale ha genericamente fatto riferimento
alle modalità dell’azione r ai precedenti specifici senza, però, confrontare il fatto
con i parametri indicati dall’articolo 73 co. V d.p.r. 309/90 e quindi procedere ad
una valutazione circa la sussistenza o meno dell’ipotesi attenuata.
Simile censura riguarderebbe anche il disconoscimento delle circostanze attenuanti generiche laddove il secondo giudice ha omesso la valutazione in ordine
alla valenza della confessione del ricorrente.
El Hazmy Nabil
a. Violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 110
cod. pen. e all’art. 73 Dpr 309/90;
b. Violazione dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 192 e
530 cod. proc. pen.
c. violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione;

cio di g. 35,571 di eroina in Castelvolturno il 26.2.2012), condannandoli, con la

il ricorrente si duole di avere già proposto in sede di motivi d’appello la richiesta di assoluzione fondata sul fatto che il coimputato Mokaadi aveva reso nel
corso dell’udienza preliminare un’ampia confessione dei fatti, dichiarando di disporre in via esclusiva della sostanza stupefacente.
Rispetto a tali emergenze processuali, ad avviso del ricorrente, non vi erano
altri elementi in grado di dimostrare l’esistenza di un contributo causale posto in
essere dall’E! Hazmy rispetto alla condotta detentiva tenuta dal coimputato,
tant’è che lo stesso rappresentante della pubblica accusa aveva concluso in priAd avviso del ricorrente la tesi difensiva valorizzata nell’atto di gravame è
stata completamente ignorata dalla Corte territoriale che non avrebbe tenuto
conto di due elementi di prova diretti, quali il fatto che la droga fosse detenuta
dal Mokaadi sulla propria persona (tant’è che lo stesso aveva cercato di occultarla dopo essere sceso dall’auto) e l’esistenza della prova dichiarativa dello stesso
coimputato che, relativamente alla posizione di El Hazmy, aveva inequivocabilmente affermato la sua estraneità al fatto, con una mera supposizione circa l’assenza di ragioni che avrebbero potuto indurre El Hazmy a darsi alla fuga al momento del controllo.
In tal modo la Corte d’appello di Napoli non avrebbe fatto buon governo dei
principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, primo tra tutti l’obbligo di
pronunciare sentenza assolutoria in caso di prova insufficiente e/o contraddittoria.
d. violazione dell’art. 606 lett. b) in relazione all’art. 73 V co. Dpr 309/90;
e. violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza della motivazione.
Il ricorrente si duole dell’assoluta mancanza di motivazione in relazione alla
richiesta formulata nel motivi di appello di riconoscimento dell’ipotesi attenuata
di cui al quinto comma del d.p.r. 309 90.
Ad avviso dello stesso la Corte d’appello di Napoli, dopo avere riportato la

mo grado per l’assoluzione dello stesso per non aver commesso il fatto.

massima giurisprudenziale di cui a Cass. Sez. 4 n. 18357/2007 si sarebbe limitata ad un’affermazione apodittica nel sostenere che nel caso di specie “La quantità e qualità della sostanza sono tali da comportare una notevole diffusività della
condotta di spaccio”.
Ciò a fronte della stessa giurisprudenza richiamata dalla Corte d’appello,
che obbliga il giudice a compiere una valutazione di tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione che quelli che attengono all’oggetto materiale del reato, valutazione che può concludersi con un giudizio negativo circa
la concessione della circostanza in parola, quando anche solo uno dei parametri
dimostri la potenzialità offensiva del fatto la diffusività della condotta di spaccio.

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f. Violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza e/o manife-

sta illogicità della motivazione.
Il ricorrente si duole della sentenza appellata apparirebbe viziata anche nella
parte relativa alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche
richieste da entrambi gli imputati nei rispettivi motivi.
La motivazione espressa sul punto dalla corte d’appello apparirebbe infatti
essere riferita esclusivamente alla posizione del coimputato, ma non a quella del

Entrambi i ricorrenti chiedono pertanto che venga annullata la sentenza impugnata con ogni consequenziale provvedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il proposto ricorso è infondato e, dunque, va rigettato.
2. In primo luogo va rilevato che, trattandosi di doppia conforme affermazione di responsabilità, legittimamente la Corte d’appello di Napoli si riporta, per
relationem, affermandone l’integrale condivisione, alla ricostruzione dei fatti e alla motivazione poste a fondamento della sentenza da parte del giudice di primo
grado.
Va ricordato che per giurisprudenza pacifica di questa Corte, in caso di doppia conforme affermazione di responsabilità, deve essere ritenuta pienamente
ammissibile la motivazione della sentenza d’appello

per relationem

a

quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro
la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da
quelli già esaminati e disattesi.
Il giudice di secondo grado, infatti, nell’effettuare il controllo in ordine alla
fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è chiamato ad un puntuale riesame di quelle questioni riportate nei motivi di gravame,

El Hazmy.

sulle quali si sia già soffermato il prima giudice, con argomentazioni che vengano
ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate.
In una simile evenienza, infatti, le motivazioni della pronuncia di primo
grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un
risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento
per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di
primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze
dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (confronta l’univoca giuri4

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sprudenza di legittimità di questa Corte: per tutte Sez. 2 n. 34891 del
16.05.2013, Vecchia, rv. 256096; conf. sez. III, n. 13926 del 1.12.2011, dep.
12.4. 2012, Valerio, rv. 252615: sez. II, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2.
1994, Albergamo ed altri, rv. 197250).
Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto, inoltre, a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e
a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo
invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in
tenuto presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata
(cfr. sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, Muià ed altri rv.254107).
La motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua, in altri termini,
se il giudice d’appello abbia confutato gli argomenti che costituiscono rossatura”
dello schema difensivo dell’imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell’iter
argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali
motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate
dalla parte (così si era espressa sul punto sez. 6, n. 1307 del 26.9.2002, dep.
14.1.2003, Delvai, rv. 223061).
E’ stato anche sottolineato di recente da questa Corte che in tema di ricorso
in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo lett. e), la denunzia di minime
incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione,
che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non
siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono
dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della
motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati
dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni

modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver

elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza
logica dell’impianto argomentativo della motivazione (sez. 2, n. 9242
dell’8.2.2013, Reggio, rv. 254988).
Peraltro, nel caso in esame la Corte di Appello di non si è limitata a richiamare la sentenza di primo grado, ma ha evidenziato (cfr. pagg. 2-3 della motivazione del provvedimento impugnato) i profili di responsabilità dei due odierni
ricorrenti.
3. In particolare quanto alla doglianza proposta da El Hazmy in ordine alla

sua mancata assoluzione per essere il trasporto e la detenzione della droga
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ascrivibili al solo coimputato, reo confesso, va evidenziato che, ancorché la si sia
rubricata come violazione di legge e/o mancanza e manifesta illogicità della motivazione, di altro non si tratta che di una proposizione di una diversa ricostruzione del fatto in una sede, qual è quella di legittimità, in cui ciò non può avvenire.
Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la
oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilet-

zione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le
varie, cfr. vedasi questa Sez. 3, n. 12110 del 19.3.2009 n. 12110 e n. 23528 del
6.6.2006).
Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione
per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di
spessore tale da risultare percepibile ictu muli, dovendo il sindacato di legittimità
al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti
le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che,
anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni
del convincimento (Sez. 3, n. 35397 del 20.6.2007; Sez. Unite n. 24 del
24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’art.
606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito,
ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà
della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (sez. 2, n. 21644 del

tura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma ado-

13.2.2013, Badagliacca e altri, rv. 255542)
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto.
Non c’è, in altri termini, come richiesto nel presente ricorso, la possibilità
di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali.
E ciò anche alla luce del vigente testo dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc.
pen. come modificato dalla I. 20.2.2006 n. 46. Il giudice di legittimità non può
Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

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Il ricorrente non può, come nel caso che ci occupa limitarsi a fornire una
versione alternativa del fatto (la detenzione dello stupefacente da parte del solo
coimputato), senza indicare specificamente quale sia il punto della motivazione
che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in concreto, da cosa tale
illogicità vada desunta.
Il vizio della manifesta illogicità della motivazione deve essere evincibile
dal testo del provvedimento impugnato. Com’è stato rilevato nella citata sentenza 21644/13 di questa Corte la sentenza deve essere logica “rispetto a sé stessecondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché specificamente
indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti di
questa Corte, che rimane giudice della motivazione, senza essersi trasformato in
un ennesimo giudice del fatto.
Avere introdotto la possibilità di valutare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo” costituisce invero il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della
prova” che è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove),
prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all’interno
della decisione.
In altri termini, vi sarà stato “travisamento della prova” qualora il giudice
di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste (ad
esempio, un documento o un testimone che in realtà non esiste) o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale (alla disposta perizia è risultato che lo stupefacente non fosse tale ovvero che la firma apocrifa fosse
dell’imputato). Oppure dovrà essere valutato se c’erano altri elementi di prova
inopinatamente o ingiustamente trascurati o fraintesi. Ma -occorrerà ancora ri-

sa”, cioè rispetto agli atti processuali citati. In tal senso la novellata previsione

badirlo- non spetta comunque a questa Corte Suprema “rivalutare” il modo con
cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacché attraverso la verifica del travisamento della prova.
Per esserci stato “travisamento della prova” occorre che sia stata inserita
nel processo un’informazione rilevante che invece non esiste nel processo oppure
si sia omesso di valutare una prova decisiva ai fini della pronunzia.
In tal caso, però, al fine di consentire di verificare la correttezza della motivazione, va indicato specificamente nel ricorso per Cassazione quale sia l’atto
che contiene la prova travisata o omessa.
Il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve inoltre avere
carattere di decisività. Diversamente, infatti, si chiederebbe al giudice di legitti7

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mità una rivalutazione complessiva delle prove che, come più volte detto, sconfinerebbe nel merito.
4. Se questa, dunque, è la prospettiva ermeneutica cui è tenuta questa
Corte, le censure che il ricorrente rivolge al provvedimento impugnato si palesano manifestamente infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Napoli – che, si ribadisce, va letta in un tutt’uno con
quella del GUP di Santa Maria Capua Vetere – alcuna illogicità che ne vulneri la
La Corte territoriale evidenzia come il fatto che la detenzione della droga
sia ascrivibile all’entrambi gli imputati risulti inequivocabilmente dalla condotta
dell’El Hazmy che, alla vista degli agenti, cercava di allontanarsi repentinamente,
chiaramente allo scopo di evitare il controllo e che la droga fosse scoperta.
Nessun motivo poteva avere il ricorrente, infatti, per cercare di fuggire
posto che – come viene ricordato nella motivazione del provvedimento impugnato- entrambi i soggetti controllati erano muniti di regolari documenti (in particolar modo di una carta d’identità italiana) e non c’erano altre circostanze evidenti
che potessero loro aver fatto temere gli esiti di un controllo.
La Corte d’appello di Napoli evidenzia come il fatto che il Mokaadi sia colui
che ha gettato la sostanza uscendo dall’auto non sia elemento sufficiente, evidentemente anche in uno con la confessione e il tentativo di discolpare il complice, per ritenerlo l’unico responsabile del reato.
Il ricorrente non contesta, dunque, il travisamento di una specifica prova,
ma sollecita a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali non consentito in questa sede di legittimità .
5. Infondata appare la doglianza proposta da entrambi i ricorrenti circa il
mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui al quinto comma dell’articolo
73 d.p.r. 309/90.
Coerente e logica è in tal senso la motivazione della Corte territoriale che
esclude tale possibilità in relazione alla quantità e alla qualità della sostanza stupefacente tali da comportare una notevole diffusi vitale della condotta di spaccio.
6. In ultimo, non appare fondata neanche la doglianza proposta in ordine
alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Vale in relazione a ciò quanto detto in precedenza in ordine al richiamo
per relazione da parte della corte territoriale della pronuncia di primo grado.
La Corte d’appello di Napoli ritiene corretto l’operato del giudice di prime
cure che aveva negato il beneficio considerando l’assenza negli imputati di qualsivoglia sintomo di collaborazione o di resipiscenza.
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tenuta complessiva.

In particolare viene evidenziato, quanto al Mokaadi, che lo stesso non ha
ammesso alcunché, limitandosi solo dopo il rinvenimento della droga ed in un
secondo tempo ad assumersene la titolarità, ma avendo anche cercato di ostacolare gli agenti cercando di occultare lo stupefacente.
Va rilevato in proposito che ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, come
più volte ribadito da questa Corte, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabi-

comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione. (così questa Sez. 3, n. 23055 del 23.4.2013, Banic e altro, rv. 256172,
fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti
dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).

7. Al rigetto dei ricorsi consegue, ex lege, la condanna al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 7 febbraio 2014.

li dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o

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