Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11874 del 31/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11874 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FARINA LORENZA N. IL 15/07/1953
GENIO ANTONINO N. IL 08/10/1951
avverso la sentenza n. 284/2011 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 16/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per J22ovrtAitAZ2a^r2,559 0
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Udito r la parte civile, l’Avv

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Data Udienza: 31/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Caltanissetta, con sentenza emessa il 16/10/2012,
confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Enna in composizione monocratica il 12/7/2010 nei confronti di FARINA LORENZA e GENIO ANTONINO.
Il giudice di prime cure aveva condannato questi ultimi alla pena di mesi 3 di
arresto ciascuno, con pena sospesa solo per la Farina, ritenutili responsabili del
reato di cui agli articoli 110 cod. pen. 26, co. 2 e 6 in relazione all’articolo 3 I.
977/67 perché, agendo in concorso tra loro e nella qualità di genitori esercenti la

sentivano che quest’ultimo venisse avviato al lavoro presso un locale parrucchiere nonostante non avesse compiuto l’età minima di 15 anni, il tutto accertato a
Piazza Armerina il 13/7/06.

2. Avverso tale provvedimento hanno personalmente proposto ricorso per
Cassazione, Farina Lorenza e Genio Antonino, in uno con il loro difensore, deducendo quale unico motivo di ricorso l’omissione assoluta di motivazione della
Corte d’appello in relazione alla prospettata doglianza di intervenuta prescrizione, cui peraltro aveva fatto riscontro la richiesta del P.G. di udienza.
Trattandosi di reato contravvenzionali accertato il 13/7/2006 ad avviso dei
ricorrenti alla data di emissione della sentenza di appello (16.10.2012) il reato
era prescritto.

Per tale motivo i ricorrenti chiedono annullarsi senza rinvio l’impugnata sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e pertanto va dichiarato inammissibile.

2.

I ricorrenti si dolgono della circostanza che la Corte d’Appello non ab-

bia motivato in ordine alla richiesta operata in sede di conclusioni, all’udienza del
16.10.2012, di dichiararsi l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione del
reato al 13.7.2011.
Orbene, pare evidente a questa Corte, che, nel disattendere nel merito le
doglianze propostele , la Corte d’Appello di Caltanissetta si sia pronunciata implicitamente, in senso negativo, in ordine all’intervenuta prescrizione del reato.
L’analisi degli atti, cui questa Corte di legittimità ha avuto accesso in ragione del tipo di doglianza prospettato, evidenzia, alla luce delle intervenute so-

2

potestà sul minorenne Genio Salvatore (nato a Piazza Armerina il 3/8/91), con-

spensioni della prescrizione nel corso del giudizio, che alla data di emissione della sentenza di secondo grado il reato de quo non era prescritto.
In proposito va ricordato che la sospensione del termine di prescrizione, come conseguenza della sospensione del processo, è limitata al periodo di sessanta
giorni, oltre al tempo dell’impedimento, nel caso di rinvio dell’udienza per impedimento di una delle parti o dì uno dei difensori, ma non anche in caso di rinvio
dell’udienza a seguito di richiesta dell’imputato o del suo difensore (così sez. 1,
n. 5956 del 4.2.2009, Tortorella, rv. 243374). Vi è ormai univoca e condivisibile
temporaneo impegno professionale, quantunque tutelato dall’ordinamento con il
riconoscimento del diritto al rinvio dell’udienza, non costituisce un’ipotesi di impossibilità assoluta a partecipare all’attività difensiva e non dà luogo pertanto ad
un caso in cui vengono in applicazione i limiti di durata della sospensione del
corso della prescrizione previsti dall’articolo 159, co. 1, n. 3, del codice penale,
nel testo introdotto dall’articolo 6 della legge 5 dicembre 2005 numero 251 (cfr.
per tutte sez. 2, n. 17344 del 29.3.2011, Ciarlante, rv. 250076; conf. sez. 1 n.
44609 del 14.10.2008, Errante, rv. 242042).
3. Va evidenziato, peraltro, che la doglianza proposta al giudice di appello

in ordine all’intervenuta prescrizione è stata generica e aspecifica.
Ciò in ogni caso avrebbe precluso a questa Corte la possibilità di
un’ulteriore pronuncia.
Non pare superabile, infatti, pur in presenza di successive pronunce contrastanti, il dictum di cui alla sentenza “Bracale” delle Sezioni Unite di questa
Corte, citata dagli stessi ricorrenti, secondo cui l’inammissibilità del ricorso per
cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai
sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione, pur
maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello (Sez. Unite,
23428 del 22.3.2005, rv. 231164; conf. sez. 1, n. 24688 del 4.6.2008, Rayyan,
rv. 240594, sez. 3 n. 42839 dell’8.10.2009, Franca, rv. 244999).
Nel caso che ci occupa, seppur dedotta in sede di conclusioni dal P.G. e
fatta propria, seppure in via subordinata, dagli appellanti, il giudice del gravame
ha implicitamente disatteso una richiesta declaratoria di prescrizione che non indicava specificamente le intervenute sospensioni. E pare evidente che le SS.UU
Bracale debbano essere interpretate nel senso che, a fronte di una doglianza non
specifica, si è a quel punto formato un giudicato sostanziale, che preclude altro
intervento a questa Corte di legittimità, in casi come quelli all’odierno esame, a
fronte di un ricorso per Cassazione che non presenti altri profili di doglianza ammissibili, se non l’accertamento dell’aboliti° criminis o della dichiarazione di ille3

giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’impedimento del difensore per con-

gittimità costituzionale della norma incriminatrice formante oggetto dell’imputazione o di estinzione del reato a norma dell’art. 150 cod. pen.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso in Roma il 31 gennaio 2014.

P.Q.M.

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