Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11870 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11870 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI PAOLA GERARDO N. IL 31/10/1980
avverso la sentenza n. 2019/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
26/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FteGto “Poet:O.
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che ha concluso per ..e’Z Aa,..Z15 6 z.eit&- celle 96 cotd -O .

Udito r la parte civile, l’Avv
dit i difensor Avv.

:

Data Udienza: 30/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Salerno, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente DI PAOLA GERARDO, con sentenza del 26/10/2012, confermava la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Salerno in data 18/3/2010, condannandolo al pagamento delle spese processuali.
Il Giudice di prime cure aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato
previsto dagli artt. 81 cpv. cod. pen. e 2 del D.L. n.463/83 e successive modifiche, perché in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, ometteva di ver-

pendenti, relative ai mesi da gennaio a luglio 2005, ammontanti complessivamente ad C 571,00, condannandolo alla pena di mesi uno di reclusione ed C
150,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Il Giudice sostituiva, ex art. 53 e ss. L. 689/1981, la pena detentiva con quella pecuniaria di euro
1.140,00 di multa e, per l’effetto, rideterminava la pena inflitta in quella di euro
1.290,00 di multa, dichiarava la suddetta pena interamente condonata ex art. i
L.241/2006 e concedeva il beneficio della non menzione della condanna.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, con
l’ausilio del proprio difensore, l’imputato, deducendo i motivi di seguito enunciati
nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. nullità della sentenza ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. per
inosservanza o erronea applicazione della legge penale.
Deduce il ricorrente che la Corte avrebbe erroneamente ritenuta provata
l’avvenuta corresponsione delle retribuzioni sulla base della deposizione resa dal
teste escusso Sessa.
Ritiene, infatti, che la prova dell’effettivo esborso si sarebbe potuta ricavare
solamente dal riscontro dei Mod. DM10, in quanto la loro trasmissione non integra la circostanza dell’avvenuto pagamento. L’obbligo di invio degli stessi sussisteva, all’epoca dei fatti, anche in caso di mancata corresponsione della contribuzione, con saldo uguale a zero.
b. nullità della sentenza ex art. 606 lett. d) per mancata assunzione di una
prova decisiva.
Il Giudice di appello ha ritenuto di non accogliere la richiesta dell’imputato di
acquisizione dei Mod. DM10 presso l’Inps, dai quali sarebbe stato possibile rilevare che l’azienda, nel periodo in contestazione, pur non licenziando l’unico dipendente, non gli corrispondeva la retribuzione avendo sottoscritto un contratto
a zero ore lavorative.
Chiedeva, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

2

sare all’INPS le ritenute contributive operate sulle retribuzioni ai lavoratori di-

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il proposto ricorso è manifestamente infondato e va pertanto dichiarato
inammissibile.

2. Sul primo motivo di impugnazione questa Corte ha già avuto modo di
rilevare come “in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali (art. 2, comma primo bis, D.L. 12 settembre 1983, n. 463, conv. con
modd. in L. 11 novembre 1983, n. 638), ai fini della configurabilità del reato è

giungendo che “il relativo onere probatorio grava sulla pubblica accusa, che può
assolverlo sia mediante il ricorso a prove documentali che testimoniali ovvero attraverso il ricorso alla prova indiziaria” (sez. 3, n. 38271 del 25.9.2007, Pellè, rv.
237829; conf. sez. 3, n. 29037 del 20.2.2013, Zampiccoli, rv. 255454).
Nel caso di specie la Corte ha compiutamente motivato il proprio convincimento affermando che “il teste Sessa …ha precisato di avere accertato, proprio
dai modelli DM10 trasmessi dal Di Paola, che questi aveva un solo dipendente e
che in relazione al medesimo erano stati del tutto omessi i versamenti. In tali
modelli …. si dà atto, secondo quanto riferito dal predetto teste, della corresponsione delle retribuzioni, anche per i mesi in contestazione”.

3. Il secondo motivo appare, di conseguenza, parimenti manifestamente
infondato. La Corte territoriale, infatti, ha motivato in maniera logica e coerente
a pag. 5 del provvedimento impugnato anche sulla mancata rinnovazione, sottolineando la natura eccezionale di tale mezzo e ribadendo come fosse stata acquisita ampia prova testimoniale sul punto nonché i prospetti riepilogativi riguardanti le ritenute dovute.

4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso in Roma il 30 gennaio 2014
Il C

‘gliere estensore

Il Presidente

necessaria la prova del materiale esborso, anche in nero, della retribuzione” ag-

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