Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11815 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 11815 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Carugno Sara, nata a Roma, il 24/4/1990;
quale persona offesa nel procedimento nei confronti di:
Anticoli Angelo, nato a Roma, 1’11/12/1966;

avverso il decreto del 13/11/2012 del G.i.p. del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona dei Sostituto Procuratore generale
Dott. Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con decreto del 13 novembre 2012 il G.i.p. del Tribunale di Roma disponeva, su
conforme richiesta del pubblico ministero, l’archiviazione del procedimento nei

Data Udienza: 13/02/2014

confronti di Articoli Angelo, dichiarando contestualmente inammissibile l’opposizione
proposta ai sensi dell’art. 410 c.p. dalla persona offesa Carugno Sara.
2. Avverso il decreto ricorre la Carugni a mezzo del proprio difensore, eccependo la
mancata instaurazione del contraddittorio camerale sull’opposizione proposta avverso
la richiesta di archiviazione. In proposito la ricorrente rileva l’illegittimità della
pronunzia de plano di inammissibilità della suddetta opposizione in quanto fondata su
di una valutazione delle indagini suppletive richieste dalla persona offesa che non si

pronosticarne l’esito e la rilevanza.

3. Con memoria depositata il 29 gennaio 2014, in replica alla requisitoria del
Procuratore Generale, ribadendo l’illegittimità del provvedimento impugnato e
comunque la rilevanza dell’indagine suppletiva sollecitata con l’opposizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
A prescindere, infatti, dal risalente contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità
sulla effettiva latitudine del potere del giudice di dichiarare de plano inammissibile
l’opposizione alla richiesta di archiviazione, deve rilevarsi come nel caso di specie il
decreto impugnato si sia limitato a ritenere la non pertinenza degli accertamenti
richiesti dall’opponente, astenendosi dal valutarne il possibile esito. Ed infatti quella
che era stata sollecitata era una indagine suppletiva finalizzata ad acquisire la prova di
un fatto inidoneo ad incidere su quella del reato in contestazione, atteso che il
presunto stato di “prostrazione” in cui si sarebbe venuta a trovare la persona offesa in
epoca successiva alla sua consumazione – indipendentemente dalla verità della
circostanza -non necessariamente deve ritenersi derivato dalla medesima. In tal
senso, quindi, correttamente l’accertamento richiesto è stato ritenuto irrilevante a
prescindere dal suo possibile esito ed attraverso una valutazione che rimane in ogni
caso iscritta nel perimetro normativo del potere esercitato dal G.i.p. di Roma.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

sarebbe limitata a soppesarne la pertinenza e la specificità, ma si sarebbe spinta a

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 13/2/2014

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