Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11811 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 11811 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SICILIANO MASSIMO N. IL 23/11/1970
avverso l’ordinanza n. 702/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 09/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
19,t(e/sentite le conclusioni del PG Dott. Osc,A.,_
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<-0 Data Udienza: 05/02/2014 9)7 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 09/09/2013 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l'appello proposto nell'interesse di Massimo Siciliano nei confronti dell'ordinanza del locale G.i.p., con la quale era stata respinta l'istanza di revoca della misura cautelare in carcere. Al fine di intendere la portata del ricorso, è necessario precisare che il Siciliano risulta indagato per i seguenti reati: partecipazione ad associazione di stampo mafioso ai sensi dell'art. 416 bis cod. pen., commi dal primo al sesto, con riferimento alla consorteria criminale denominata 'ndrangheta e con particolare riguardo al "locale" di Antonimina, nella illecita concorrenza con minaccia o violenza (art. 513 bis cod. pen.), truffa aggravata (art. 640, comma secondo, n. 1, 61, n. 7 e 9 cod. pen.), concorso in falso ideologico (articoli 479, 61, n. 2, cod. pen.), con riferimento al subappalto inerente ai lavori di manutenzione straordinaria e ad opere di viabilità comunale in contrada Zipari, nonché alla costruzione di un ponte sul torrente Cannone, concorso in frode in pubbliche forniture (art. 356, comma secondo, in relazione all'art. 355, comma secondo, e 61, n. 2 e 9, cod. pen., in relazione ai predetti lavori (capi P, Q, R, S), concorso in truffa aggravata, falso ideologico e frode in pubbliche forniture (come sopra contestate), con riferimento a lavori di ristrutturazione del campo di calcio in località Badessa nel comune di Antonimina (capi T, U, V), concorso in violazione dei sigilli (art. 329, comma primo e secondo, cod. pen.), in relazione all'impianto di lavorazione materiali inerti della "Calcestruzzi e inerti" di Romano Maria (capo AE), concorso in furto aggravato, deviazione di acque pubbliche e modificazione dello stato dei luoghi (art. 624, 625 n. 7, 632, 639 bis, cod. pen.), con riferimento al prelievo di pietrisco dal greto della fiumana Portigliola (capo AG), concorso nel delitto previsto dall'art. 12 quinquies della I. n. 356 del 1992, quale "prestanome" di Romano Nicola nella s.r.l. MAR (capo AR). I reati predetti sono contestati come aggravati ai sensi dell'art. 7 del d.l. n. 152 del 1991, conv. con I. n. 203 del 1991. 2. Nell'interesse del Siciliano è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali ed erronea applicazione della legge penale e processuale, con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di cui ai capi A, P, Q, R, S, T, U, V, AE, AG, AR. In particolare, si lamenta che l'ordinanza impugnata abbia trascurato di considerare i documenti da C) a L) allegati alle istanze di revoca del 14 e del 16/05/2013 e alla memoria integrativa del 28/08/2013 e abbia finito per concentrare la propria attenzione solo su alcuni dei reati di cui alla contestazione provvisoria (capi P e AR), tralasciando tutti gli altri. Esaminando nel dettaglio le singole fattispecie criminose, osserva il ricorrente: 1) che, con riferimento alla contestazione concernente l'illecita concorrenza con violenza o minaccia (capo P), il contenuto dell'interrogatorio reso dal Siciliano e dell'attestazione resa dall'Ufficio tecnico del Comune di Antonimina (entrambi allegati alla memoria del 28/08/2013) rende 1 locride calabrese, "locale" capeggiato dal suocero Romano Nicola (capo A), concorso in palese che dal 2003 al 2010, su ventuno gare pubbliche, l'impresa dell'indagato è risultata aggiudicataria solo di due appalti, ciò che dimostra l'insostenibilità del preteso accordo spartitorio secondo una logica di turnazione degli affidamenti; 2) che, sempre con riferimento a tale contestazione, è pertanto da ritenere che il contenuto delle intercettazioni telefoniche valorizzate dal Tribunale resti privo di ogni riscontro, mentre il riferimento operato dal prowedimento impugnato al più ampio raggio di operatività del sodalizio criminale collide con lo stesso capo di imputazione che riguarda esclusivamente gli appalti assegnati nel Comune di Antonimina; 3) che il riferimento del Tribunale all'utilizzazione dei alcun riscontro, giacché, al contrario, in relazione ai ventuno appalti in osservazione, solo in un caso l'impresa del Siciliano aveva ottenuto un subappalto; 4) quanto ai capi Q, R, S, - che si riferiscono ai lavori effettuati dal Siciliano quale subappaltatore dell'affidatario principale, Filippo Gironda — che, con la produzione di due fatture allegate alla memoria del 28/08/2013, è stato dimostrato che il subappalto ha riguardato i lavori di cui ai primi due SAL, con la conseguenza che l'indagato era rimasto estraneo alle condotte contestate, che riguardano i lavori svolti nel terzo SAL e la redazione dei verbali di sospensione dei lavori, predisposti dopo il 05/06/2007, ossia in epoca successiva a quella in cui il Romano aveva prestato la propria opera; 5) che, come spiegato dal Siciliano nel suo interrogatorio, la ragione del suo interessamento nel maggio del 2007 all'andamento del terzo SAL, andava ricercata nell'interesse a chiudere la posizione assicurativa degli operai che aveva impiegato nel cantiere per i lavori dei primi due SAL; 6) che era stata chiarita la liceità, ai sensi dell'art. 18 della I. n. 55 del 1990, all'epoca vigente, del subappalto di opere classificate come 0G3, nel limiti, rispettati nel caso di specie, del 30%; 7) con riferimento ai capi t, u, v, aventi ad oggetto l'appalto relativo alla ristrutturazione del campo di calcio in località Badessa, che il tribunale aveva trascurato i documenti allegati alla citata memoria del 28/08/2013 e idonei a dimostrare: a), attraverso il computo metrico dei lavori, il costo di ogni singola lavorazione e, in conseguenza, l'assenza di falsi in relazione al contratto; b) attraverso il verbale di sopralluogo del responsabile FIGC del 31/01/2007, che i lavori erano stati eseguiti, tanto che era stato autorizzato l'utilizzo dell'impianto, mentre la modifica della recinzione era stata resa necessaria dall'invasione di campo di qualche giorno prima; c) attraverso il successivo verbale di sopralluogo del responsabile FIGC del 23/04/2007, che il campo era stato omologato; 8) che, sempre con riferimento a tali contestazioni, nell'appello era stato illustrato l'errore tecnico di comparazione relativo all'utilizzo di calcestruzzi, l'ininfluenza della difformità di 20 cm relativa alla costruzione di un muro di tre metri e l'infondatezza della contestazione relativa alle resine; 9) con riguardo alla violazione di sigilli di cui al capo AE, che il Siciliano non era presente presso l'impianto e si limitava a chiedere informazioni circa i materiali che erano stati dissequestrati; 10) con riguardo al capo AG, che ipotizza una sottrazione di inerti, che si trattava di rimozione prevista nel progetto; 11) con riguardo al capo AR, concernete l'intestazione fittizia della MAR s.r.I., che il Tribunale aveva omesso di 2 subappalti, come strumento di simulazione dell'accordo illecito di ripartizione, era privo di considerare che, tutto voler concedere, l'operazione era durata solo un anno e non poteva essere qualificata come fittizia, in quanto si era svolta in totale trasparenza; 12) con riferimento al reato di cui all'art. 416 bis cod. pen., che il grado di parentela tra l'indagato e il Romano, che, secondo l'accusa sarebbe il capo locale di Antonimina, è di per sé insufficiente a dimostrare l'appartenenza del primo al sodalizio, sia in ragione dell'inconsistenza degli indizi relativi agli altri episodi contestati, sia in ragione dell'assenza di qualunque consapevole partecipazione agli interessi e alle decisioni della presunta organizzazione criminale. applicazione della legge penale e processuale in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari. In particolare, si rileva che il riferimento alla presunzione di cui all'ad 275, comma 3, cod. proc. pen. è estraneo a tutte le altre fattispecie, diverse da quella associativa, contestate all'indagato e, in ogni caso, che il Tribunale ha omesso di considerare: a) l'interruzione di ogni rapporto del Siciliano con il Romano; b) il commissariamento della MAR s.r.I., ossia della società oggetto della presunta intestazione fittizia; c) la messa in liquidazione dell'impresa nella quale lavorava il Siciliano, lo smantellamento della ipotizzata rete di controllo degli appalti e, comunque, la collocazione negli anni 2006 — 2007 di tutte le condotte contestate nell'ambito dell'attività edilizia e la datazione al 2009 anche della più recente condotta, ossia quella di cui al capo AR. 3. Nell'interesse del ricorrente è stata depositata memoria. Considerato in diritto 1. Occorre premettere che le ordinanze in materia cautelare, quando siano esaurite le impugnazioni previste dalla legge, hanno efficacia preclusiva "endoprocessuale" riguardo alle questioni esplicitamente o implicitamente dedotte, con la conseguenza che una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli già presi in esame (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006 dep. 10/04/2007, Librato, Rv. 235908) La preclusione processuale determinata dal cosiddetto "giudicato cautelare" opera su due piani, incentrati, il primo, sulla finalità di impedire la mera rivalutazione del materiale probatorio già compiutamente esaminato e, il secondo, sull'imposizione dell'obbligo di una specifica motivazione circa l'idoneità intrinseca degli elementi di novità da apprezzare sul piano della gravità indiziaria (Sez. 6, n. 18199 del 27/04/2012, Gerbino, Rv. 252646) Ciò posto, va rilevato che il ricorso per cassazione, proposto avverso la decisione del tribunale del riesame che aveva confermato l'originario titolo custodiale, è stato rigettato con sentenza del 18/06/2013 della Quinta Sezione di questa Corte, richiamata anche dal ricorrente. Ne discende che occorre valutare se ed in che misura gli elementi posti a fondamento della richiesta di revoca o sostituzione della misura abbiano in effetti il carattere della novità. 3 2.2 Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali che generano erronea Ora, seguendo l'ordine delle censure sopra riassunte, osserva la Corte, innanzi tutto, che, con riferimento alla contestazione concernente l'illecita concorrenza con violenza o minaccia (capo P), il contenuto dell'interrogatorio reso dal Siciliano e dell'attestazione resa dall'Ufficio tecnico del Comune di Antonimina non assumono, secondo la puntuale motivazione del provvedimento impugnato, rilievo decisivo, dal momento che non scardinano la premessa da cui muove l'originario titolo genetico, ossia che solo tre imprese, da anni, si aggiudicavano i lavori affidati dal Comune. Tale indicazione, frutto delle indagini eseguite, oltre che ammessa, nel corso di conversazioni intercettate, da parte del Siciliano e del suocero solo di due appalti su ventuno, in quanto la turnazione si avvaleva, come rilevato dal provvedimento impugnato, del sistema di occultamento, anche attraverso subappalti, della realtà sostanziale delle imprese vincitrici, sistema, che, lungi dal non emergere nel procedimento, secondo l'assunto del ricorrente, è confermato dalla conversazione nella quale il Siciliano ammette che "ci sono, c'è le altre imprese che sono parenti nostri, no! Sono cugini nostri...". Anche l'argomento logico secondo cui non sarebbe configurabile l'ipotizzata violenza o minaccia nella realizzazione della contestata illecita concorrenza ripropone una censura già disattesa dalla citata sentenza di questa Corte, che ha rilevato come l'intimidazione, la violenza, la minaccia, in presenza di una struttura criminosa di stampo mafioso, possono anche essere implicite e non necessitano di singoli, positivi atti di manifestazione. Prive di qualunque decisività, al fine di incrinare il quadro indiziario emergente nell'originaria ordinanza, sono quanto ai capi Q, R, S, - che investono, come s'è detto, tra l'altro, un concorso in frode in pubbliche forniture, concernenti i lavori effettuati dal Siciliano quale subappaltatore dell'affidatario principale, Filippo Gironda — le due fatture allegate alla memoria del 28/08/2013, dal momento che, come ribadito dalla citata sentenza del 18/06/2013, esse non incidono in alcun modo né sul fatto che, al di là delle astratte previsioni di legge, era concretamente stata concordata la possibilità di subappaltare solo lavori della categoria 0G3, mentre i lavori subappaltati al Siciliano rientravano nella categoria 0G8, né sulle finte sospensioni dei lavori finalizzate a non far risultare superato il limite dei 180 giorni che avrebbe comportato l'applicazione di una penale. E ciò a tacer del fatto, assorbente, che la dedotta partecipazione del Siciliano solo alle prime due tranches di lavori non considera che il suo concorso nei reati contestati, comunque, muove dalla premessa in fatto che il reale dominus dell'impresa era il Romano, che forniva indicazioni tecniche e contabili, talché proprio la conversazione tra i due a proposito della bitumazione della strada, richiamata in ricorso, conferma la non decisività dell'apparenza documentale delle fatture. Lo stesso è a dirsi della documentazione valorizzata con riguardo alle contestazioni che investono i lavori relativi allo stadio in località Badessa, dal momento che l'ordinanza genetica, per come confermata dalla citata sentenza del 18/06/2013 di questa Sezione, ha riguardo alla falsità della certificazione di ultimazione dei lavori, in ragione del mancato 4 Romano, non è scalfita dal dato formale che l'impresa del primo risulterebbe aggiudicataria completamento dei lavori idraulici negli spogliatoi e dei lavori di tinteggiatura nonché della mancata predisposizione di un'adeguata recinzione, tant'è vero che nel corso di una partita di calcio si era verificata un'invasione di campo. In tale contesto, non sono rilevanti né il computo metrico dei lavori eseguiti (che, peraltro, è documento di formazione unilaterale) e le considerazioni sviluppate sul fondamento di tale documento, né l'autorizzazione da parte della FIGC all'utilizzazione dell'impianto (che spiega il suo rilievo nell'ambito dell'ordinamento sportivo, ma non implica alcuna necessaria conseguenza in ordine alla verifica del regolare adempimento del contratto concluso con la Con riguardo alla violazione di sigilli di cui al capo AE, l'asserzione che il Siciliano non era presente presso l'impianto e si limitava a chiedere informazioni circa i materiali che erano stati dissequestrati non riesce a superare, neppure su un piano generale, gli argomenti che il titolo originario ritrae dall'intercettazione nel corso della quale il Siciliano, prima di procedere al lavaggio degli inerti, aveva avvisato il suocero. Con riguardo al capo AG, si assiste alla mera riproposizione di difese, che non superano gli elementi indiziari, ricavati dalla sentenza di questa sezione del 18/06/2013, dalle intercettazioni nel corso delle quali il Romano afferma di avere ottenuto l'autorizzazione el suocero. Del pari, assolutamente non decisivi, già in astratto, sono gli elementi con i quali si sottolinea, in riferimento al capo AR, che l'operazione era durata solo un anno, giacché tale rilievo non fa che confermare l'illecito, e che essa si era svolta in totale trasparenza, in quanto si tratta di un rilievo che, nell'alludere verosimilmente alla necessaria pubblicità della costituzione di una società, in nulla scalfisce i profili di rilevanza penale della intestazione fittizia. In tale contesto di perdurante e consapevole contributo alle attività imprenditoriali del suocero, peraltro caratterizzate dalle illecite modalità di esplicazione che emergono dalle superiori considerazioni, non resta scalfita la gravità del quadro indiziario relativa alla partecipazione alla consorteria facente capo al Romano. 2. Anche il secondo motivo è infondato. Per intanto, la confermata gravità del quadro indiziario in relazione alla fattispecie di cui all'art. 416 bis cod. pen. lascia ferma, secondo il ragionevole convincimento espresso dai giudici della cautela, la presunzione di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in assenza di elementi idonei a dimostrare la rescissione del vincolo associativo. Dal quadro complessivo degli elementi sopra ricordati si ritrae, peraltro, adeguata motivazione della permanente sussistenza delle esigenze correlate ai delitti aggravati dall'art. 7 d.l. n. 152 del 1991 3. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali P.Q.M. 5 controparte pubblica). Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1 ter, disp. att., cod. proc. pen. Così deciso in Roma il 05/02/2014 Il Presidente Il Componente estensore

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