Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11810 del 25/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 11810 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MIANI ATRA N. IL 27/06/1970
avverso la sentenza n. 1522/2010 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
11/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
.Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 25/02/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo,
ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio e, in subordine, il rigetto
del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Pierluigi Fabbro, il quale eccepisce
la mancata notifica dell’avviso al domiciliatario dell’imputata e, in
subordine, chiede l’accoglimento del ricorso.

1.

Miani Atra è stata ritenuta responsabile, dal tribunale di Gorizia,

dei reati di cui all’articolo 610 del codice penale (riqualificato quale
tentativo del predetto reato il fatto contestato al capo C), commessi ai
danni di Desogus Michele, e per l’effetto è stata condannata alla pena di
tre mesi di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche
(nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita).
2.

Su impugnazione dell’imputata, la Corte d’appello di Trieste,

ritenuta pienamente attendibile la persona offesa e ritenute le sue
dichiarazioni riscontrate dalle dichiarazioni rese in dibattimento da Metti
Andrea e Vidoz Lucio (mentre ha ritenuto confusa ed inverosimile la
deposizione di Cuzziol Massimiliano e la versione dei fatti resa
dall’imputata), ha confermato la condanna in punto responsabilità,
riducendo la pena a mesi uno di reclusione.
3.

Contro la predetta sentenza propone ricorso per cassazione

l’imputata per i seguenti motivi:
a.

contraddittorietà della motivazione in relazione all’attendibilità
della persona offesa; secondo la ricorrente la motivazione
sarebbe contraddittoria perché le dichiarazioni rese dal teste
Cuzziol sono in contrasto con quanto riferito dalla persona
offesa e comunque dalla ricostruzione dell’episodio fatta dagli
altri testi non emerge il reato di violenza privata, non essendo
emersa la compromissione della libertà di movimento e
psicologica della persona offesa. Inoltre, la Corte non avrebbe
tenuto conto che fra l’imputata e la persona offesa vi erano
forti motivi di contrasto in ordine alla regolazione di alcune
questioni di carattere patrimoniale.

b.

Erronea applicazione della legge penale con riferimento agli
articoli 56 e 610 del codice penale; secondo la ricorrente il suo

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RITENUTO IN FATTO

comportamento non avrebbe compromesso la libertà di
movimento e psicologica della persona offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Occorre preliminarmente rilevare che il difensore ha eccepito la
mancata notifica dell’avviso di fissazione di udienza al domiciliatario della
ricorrente; l’eccezione è prima di tutto generica e priva delle necessarie

all’udienza del difensore di fiducia ha sanato ogni eventuale irregolarità,
considerato che nel giudizio di cassazione è il difensore che rappresenta
la parte, per cui nessuna violazione del diritto di difesa può ritenersi
sussistente.
2. In terzo luogo, l’eccezione è pure infondata perchè nel giudizio di
cassazione è il difensore di fiducia, abilitato al patrocinio presso le
giurisdizioni superiori, che è costituito domiciliatario ex lege della parte
(cfr. art. 613 c.p.p.). La determinazione del domicilio dichiarato o eletto
– che è valida per ogni stato e grado del procedimento, e quindi anche
nel giudizio di cassazione, ai fini della notifica dell’avviso di udienza opera solo per il caso in cui l’imputato non sia assistito da difensore di
fiducia cassazionista (Sez. 2, n. 306 del 15/12/2006, Rasizzi, Rv.
235361). Nel caso di specie il ricorso per cassazione era stato redatto
dall’avv. Fabbro, presente alla discussione.
3. Ciò premesso, occorre osservare che il primo motivo di ricorso è
manifestamente infondato; la Corte ha valutato l’attendibilità della
persona offesa, anche con riferimento alle deposizioni testimoniali,
ritenendo motivatamente attendibili quelle di Metti Andrea e Vidoz Lucio
e inattendibile invece il Cuzziol. Il motivo, inoltre, è privo della
necessaria specificità sia nella parte in cui allega genericamente asseriti
motivi di contrasto tra le parti, sia perché non spiega i motivi per cui si
sarebbe dovuta dare prevalenza alla deposizione del teste Cuzziol. Gli
approfondimenti operati in sede di discussione non possono certo sanare
una originaria inammissibilità del ricorso.
4. Anche il secondo motivo di ricorso è generico, valutativo e non
tiene conto del fatto che con riferimento alla fattispecie contestata al
capo C è stato ritenuto sussistente solamente il tentativo. Il giudice di
appello ha spiegato adeguatamente, facendo applicazione della

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allegazioni. In secondo luogo è infondata perché la partecipazione

giurisprudenza di questa Corte, il motivo per cui nel caso di specie ha
ritenuto sussistente l’elemento intenzionale del reato di cui all’articolo
610 del codice penale (cfr. pag. sette); trattandosi di accertamento di
merito, la presenza di un’adeguata motivazione impedisce ogni censura
in sede di legittimità.
5. Il ricorso, invero, pur denunciando violazione di legge, costituisce
reiterazione delle difese di merito già disattese dai Giudici di appello
oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo

delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività
che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui
apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto, come
nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi
logico-giuridici.
6. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/2/2014

esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta

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