Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11809 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 11809 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Alloro Antonio, nato a Farnese, il 19/2/1966;

avverso la sentenza del 23/5/2013 del Tribunale di Viterbo sez. dist. Montefiascone;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Enrico
Delehaye, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito per l’imputato l’avv. Enrico Valentini che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 13/02/2014

1.Con sentenza del 23 maggio 2013 il Tribunale di Viterbo sez. dist. di Montefiascone,
in parziale riforma della pronunzia di primo grado e su appello della parte civile,
ritenuta la responsabilità di Alloro Antonio responsabile del reato di ingiuria ai danni di
Biribicchi Luana e lo condannava ai soli fini civili al risarcimento del danno sofferto dalla
parte civile appellante.
2. Avverso la sentenza ricorre a mezzo del proprio difensore di fiducia l’imputato
articolando due motivi, con i quali deduce il difetto di motivazione e comunque il

alla provocazione subita dall’imputato, dichiarazioni che in realtà avevano portato il
primo giudice a ritenere sussistente l’esimente della reciprocità delle offese ex art. 599
c.p. Non di meno il Tribunale avrebbe fondato la prova della responsabilità
dell’imputato sulla base delle dichiarazioni della teste Forcuti, senza valutarne
l’attendibilità alla luce del risentimento evidenziato nei confronti dell’imputato e
dell’interesse vantato dalla medesima.
3. Con memoria depositata il 20 gennaio 2014 la difesa dell’imputato ha infine insistito
sulla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della reciprocità delle offese.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto.
E’ innanzi tutto doveroso ricordare l’insegnamento delle Sezioni Unite, per cui il giudice
di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le
linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare
specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando
conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la
riforma del provvedimento impugnato (Sez. Un., n. 33748 del 12 luglio 2005, Mannino,
Rv. 231679). Principi che questa Corte ha costantemente ribadito dopo il
pronunziamento del Supremo Collegio, premurandosi tra l’altro di precisare che il
giudice dell’appello non può limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio
probatorio perché preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato (Sez. 5,
n. 8361 del 17 gennaio 2013, p.c. in proc. Rastegar, Rv. 254638), ma deve provvedere
ad una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione
riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata
ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (Sez. 5, n. 42033 del 17 ottobre
2008, Pappalardo, Rv. 242330), giungendo ad affermare l’illegittimità della sentenza
d’appello che, in riforma di quella assolutoria condanni l’imputato sulla base di una
alternativa interpretazione del medesimo compendio probatorio utilizzato nel primo
grado di giudizio, occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore della motivazione,

travisamento per mancata valutazione delle dichiarazioni rese dal teste Pira in ordine

tale da far cadere “ogni ragionevole dubbio” (Sez. 6, n. 49755 del 21 novembre 2012,
G., Rv. 253909). In definitiva il giudice d’appello, quando, immutato il materiale
probatorio acquisito al processo, afferma sussistente una responsabilità penale negata
nel giudizio di primo grado, deve confrontarsi espressamente con il principio dell’oltre
ogni ragionevole dubbio, non limitandosi pertanto ad una rilettura di tale materiale,
quindi ad una ricostruzione alternativa, ma spiegando perché, dopo il confronto
puntuale con quanto di diverso ritenuto e argomentato dal giudice che ha assolto, il

ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie che abbiano caratterizzato il
primo giudizio minandone conseguentemente la permanente sostenibilità.

2. Alla luce dei ricordati principi deve riconoscersi che la sentenza impugnata risulta
sostanzialmente immotivata in ordine alla ritenuta insussistenza della prospettata
esimente della reciprocità delle offese. Ed infatti il giudice di prime cure aveva
prosciolto l’imputato dal reato di ingiuria proprio riconoscendo tale esimente sulla base
delle dichiarazioni rese dal teste menzionato dal ricorrente. Il Tribunale ha invece
apoditticamente escluso la reciprocità delle offese, senza confutare le argomentazioni
spese sul punto nella pronunzia appellata e senza spiegare le ragioni per cui la
testimonianza del Pira, sulla quale il giudice di prime cure aveva fondato il proprio
convincimento, non sarebbe rilevante o attendibile sul punto.
La sentenza deve dunque essere annullata agli effetti civili e rinviata al giudice civile
competente per valore in grado di appello.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado
di appello.
Così deciso il 13/2/2014

proprio apprezzamento è l’unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in

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