Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11805 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 11805 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MONTANARO CRISTINA N. IL 11/10/1973
avverso la sentenza n. 4707/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
Iddittril-Procuratore-Generafeirrpersontedel-Dott.7
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 13/02/2014

udito il PG in persona del sost.proc.gen. dott. E. Delehaye che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso,
udito il difensore, avv. F. Condoleo che si è riportato al ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO

2. Ricorre per cassazione l’interessata e deduce violazione di legge e carenze
dell’apparato motivazionale. Con particolare riferimento all’elemento psicologico del reato, nel
ricorso, si osserva che erroneamente in primo grado il giudicante ritenne sufficiente il dolo
generico. In merito nulla ha osservato la corte d’appello, nonostante la specifica censura
formulata dall’impugnante.
2.1. Sotto altro aspetto, deduce violazione di legge e mancata assunzione di prova
decisiva, atteso che in atti manca una verifica tecnica della asserita falsità della banconota. È
certo che i giudici di merito avevano ritenuto necessario, in un primo tempo, un accertamento
da parte della Banca d’Italia. Ebbene, i risultati di tale accertamento non sono mai pervenuti,
ma vi è solo l’esito di un accertamento condotto direttamente da funzionari della questura. È
evidente però che, se è state richiesto il parere della Banca d’Italia, detto parere era stato
considerato indispensabile. In merito la corte d’appello sostiene che è intervenuto
l’accertamento, ma, per quanto si è appena detto, ciò non corrisponde al vero. La corte
territoriale assume poi anche che il difensore non ha specificamente richiesto un accertamento
tecnico, dimenticando che è l’accusa che deve provare la fondatezza dell’ipotesi sintetizzata nel
capo d’imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è (apparentemente) redatto direttamente dall’interessata, la cui firma non è
stata autenticata. Poiché esso non risulta depositato in un ufficio giudiziario, per ciò solo, deve
ritenersi inammissibile.
2. Altro profilo di inammissibilità deriva dalla manifesta infondatezza. Invero, quanto
all’accertamento della falsità della banconota, si deve ricordare che l’imputata è stata giudicata
con rito abbreviato e, dunque, allo stato degli atti, vale a dire, per quel che riguarda la falsità,
sulla base anche della sola attestazione proveniente dall’organo di polizia.
Quanto all’elemento psicologico, la corte d’appello ha dato atto del tentativo da parte
dell’imputata di nascondere la banconota falsa che deteneva. Da ciò, evidentemente i giudici di
merito hanno dedotto, da un lato, la consapevolezza della falsità della banconota spesa (cfr.
ASN 200938599-RV 245320; ASN 198511676- RV 1712649), dall’altro, l’intenzione di
utilizzare la banconota secondo la sua naturale destinazione. ssa d’altra parte era custodita
nel portafogli che era all’interno della borsa della donna. j>t(WE’dunque tutt’altro che illogico il
convincimento del giudice del merito che la detenzione della banconota stessa fosse finalizzata
alla sua splendida, dal momento che non risulta che la Montanaro fosse dedita al collezionismo
nummario (peraltro di banconote false).
3. Consegue condanna alle spese del grado e al versamento della somma di 500 euro
(ritenuta equa ed adeguata) alla cassa della ammende.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di 500 euro alla cassa della ammende.
Così deciso in Roma, in data 13 fe r o•

CANCELLEMA

Il presidente –

Giuliana Ferrua

L’estensore –

Maurizio Fumo

1. La corte di appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, in parziale riforma
della pronuncia di primo grado, ha concesso il beneficio della non menzione a Montanaro
Cristina, confermando nel resto.
La Montanaro è stata ritenuta colpevole del delitto di cui all’articolo 455 cp. e per questo è
stata condannata a pena di giustizia.

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