Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11800 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 11800 Anno 2014
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIZZAMIGLIO GIULIO N. IL 11/01/1959
avverso la sentenza n. 3277/2004 CORTE APPELLO di MILANO, del
23/09/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per …Q \ ryy-‘
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Udito, per la patte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 05/02/2014

RITENUTO IN FATTO

Giulio PIZZAMIGLIO, tramite l’avv. G. Scalvi, ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello
di Milano in data 23-9-2001, che ne ha confermato la responsabilità per i reati di bancarotta
fraudolenta patrimoniale e documentale di cui a sentenza tribunale Milano in data 5-5-2004,
deducendo erroneità del giudizio di comparazione tra le attenuanti generiche e l’aggravante dei
più fatti di bancarotta, a seguito della pronuncia di questa corte a sezioni unite (n.

escludendone la natura di circostanza aggravante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto l’unico motivo di doglianza prospetta una violazione
di legge non dedotta con l’appello, tra l’altro anche in contrasto con la censura di
mancato giudizio di prevalenza delle generiche sull’aggravante dei più fatti di
bancarotta proposta con tale impugnazione.
2. Anche se il collegio sarebbe quindi esonerato dalla disamina della questione, vale
comunque la pena osservare che l’assunto del ricorrente muove da una imperfetta
lettura dell’articolata sentenza a sezioni unite di questa corte sul tema (n. 21039/2011).
3. Se è vero, infatti, che in essa si trova affermato come, sotto il profilo ontologico,
l’istituto di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, legge fall. configuri un’ipotesi di concorso di
reati – quindi, secondo una definizione della dottrina, una sorta di “continuazione
fallimentare” (il che avallerebbe in astratto l’assunto del ricorrente circa l’impraticabilità
del giudizio di comparazione con circostanze attenuanti)-, nella stessa decisione si legge
pure che tale forma di continuazione è tuttavia ‘regolamentata in deroga alla disciplina
generale sul concorso di reati e sulla continuazione’, in quanto la fittizia unificazione nel
cumulo giuridico di più reati di bancarotta, è realizzata, agli effetti dell’individuazione
del regime sanzionatorio, mediante formale ricorso allo strumento tecnico della
circostanza aggravante, come pacificamente risulta dalla rubrica della norma
(‘circostanze’), e dalla formula utilizzata per individuare la variazione di pena in
aggravamento (‘le pene … sono aumentate’).
4. Scelta chiaramente ispirata, come pure osservato nella pronuncia delle sezioni unite,
all’esigenza di mitigare le gravi conseguenze sanzionatorie dei reati di bancarotta,
nell’evenienza, relativamente fisiologica, di pluralità degli stessi in relazione ad un
medesimo fallimento.
5. Le sezioni unite hanno quindi in sostanza chiarito, contrariamente a quanto sostenuto
dal ricorrente, che l’ipotesi dei più fatti di bancarotta, per quanto ontologicamente e
strutturalmente sussumibile nell’istituto della continuazione, è stata però configurata,
per scelta del legislatore, ricorrendo, formalmente e funzionalmente, alla categoria

21039/2011) che ha qualificato come ipotesi di continuazione quest’ultima previsione,

giuridica della circostanza aggravante, che, per quanto non coerente con la
connotazione strutturale dell’istituto, è idonea a realizzare il favor rei, producendo il
duplice effetto, proprio delle aggravanti, da un lato, di limitazione dell’aumento di pena
fino al terzo (anziché fino al triplo come nel caso di continuazione), dall’altro di
assoggettamento al giudizio di comparazione con le attenuanti.
6. Alla declaratoria di inammissibilità del gravame seguono le statuizioni di cui all’art. 616
cod. proc. pen. determinandosi in C 1000, in considerazione della natura delle doglianze

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 5-2-2014

Il consigliere est.

Il Presidente

proposte, la somma da corrispondere alla Cassa delle Ammende.

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