Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11793 del 05/12/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 11793 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da

MARAFIOTI Michele, nato a Rosarno il 22/02/1977
CARROZZA Paolo, nato a Lagonegro 1’08/10/1975
CARROZZA Antonio, nato a Rosarno 1’11/03/1956;
LAROSA Alessandro, nato a Pordenone il 07/08/1978;
TUTINO Maria Concetta, nata a Rosarno il 13/12/1960

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria del 9 dicembre 2012;

visti i ricorsi, gli atti e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Oscar
Cedrangolo, che ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Nell’ambito di due procedimenti riuniti, Michele Marafioti, Antonio Carrozza,
Paolo Carrozza ed Alessandro Larosa erano chiamati a rispondere, innanzi al

Data Udienza: 05/12/2013

Tribunale di Palmi, del reato di cui all’art. 216, comma primo n. 1 e 2, legge fall.
per avere in concorso tra loro, il primo nella sua qualità di titolare della ditta
individuale “L’Elite di Marafioti Michele” esercente attività individuale di vendita al
minuto di abbigliamento, con sede a Rosamo, piazza Duomo n. 9, dichiarata fallita
dal Tribunale di Palmi il 14.08. 2000, gli altri soci occulti della medesima attività,
sottratto in parte la merce oggetto dell’attività commerciale allo scopo di recare
pregiudizio ai creditori; e per avere, inoltre, al medesimo scopo, parzialmente
distrutto il registro unico ai fini dell’Iva (dal quale risultano mancanti le pagine 18-

lo stesso Larosa, Maria Concetta Tutino, Paolo Carrozza ed Antonio Carrozza erano
chiamati a rispondere del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 216, comma 1, n. 1 e
2, 219 comma 1 e 2 e 223, comma 1, legge fall., in concorso tra loro, Larosa
Alessandro -nella sua qualità di imprenditore, titolare dell’omonima ditta individuale
esercente attività commerciale di vendita di abbigliamento (dichiarata fallita dal
Tribunale di Pami il 10.7.2001 ) Carrozza Antonio, Tutino Maria Concetta e
Carrozza Paolo nella loro qualità di amministratore di fatto della medesima ditta,
allo scopo di recare pregiudizio ai creditori e di procurare a sé o ad altri un ingiusto
profitto:
1. distraevano, occultavano, dissimulavano, distruggevano o dissipavano, in tutto o
in parte, i beni oggetto (e non), dell’attività commerciale i quali, pur essendo posti
in bilancio e nelle scritture contabili per un valore di rimanenze finali pari a lire
319.842.000 non erano rinvenuti per tali, nelle consistenze e nei valori da parte del
curatore del fallimento;
2. tenevano, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e di recare
pregiudizio ai creditori, i libri delle scritture contabili in guisa da impedire al curatore
fallimentare di ricostruire il patrimonio ed il movimento completo degli affari della
ditta; con le aggravanti: a) di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante
gravità; b) di aver commesso più fatti tra quelli previsti dall’art. 216 legge fall.
Con sentenza del 21 giugno 2007 il Tribunale dichiarava Michele Marafioti,
Antonio Carrozza, Paolo Carrozza ed Alessandro Larosa colpevoli del reato
contestato nel procedimento n. 230/02 RGT; dichiarava, altresì, Antonio Carrozza,
Alessandro Larosa e Maria Concetta Tutino colpevoli del reato loro contestato nel
procedimento n. 754/03 RGT, esclusa l’aggravante del danno patrimoniale di
rilevante gravità, riconosciuto il vincolo della continuazione e concesse a tutti gli
imputati le circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alle aggravanti di
cui all’art. 219 legge fall., condannava Antonio Carrozza ed Alessandro Larosa alla
pena di anni tre e mesi sei di reclusione ciascuno; condannava Michele Mrafioti,
Paolo Carrozza e Maria Concetta Tutino alla pena di anni tre di reclusione ciascuno,
oltre consequenziali statuizioni; assolveva Paolo Carrozza del reato a lui contestato
nel procedimento n. 754/03 RGT per non aver commesso il fatto; condannava tutti
2

100);

gli imputati in solido tra loro, ad esclusione di Michele Marafioti, al risarcimento dei
danni in favore della parte civile fallimento Larosa Alessandro, liquidati nella misura
ritenuta di giustizia oltre consequenziali statuizioni.
Pronunciando sul gravame proposto degli imputati, la Corte d’appello di
Reggio Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, riformava la pronuncia
impugnata, revocando la condanna di Paolo Carrozza al risarcimento del danno ed
al rimborso delle spese processuali in favore della parte civile; confermava nel resto

2. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore di Michele Marafioti, avv.
Vincenzo Borgese, e l’imputato personalmente nonché, pure personalmente, Paolo
Carrozza, Antonio Carrozza, Alessandro Larosa e Maria Concetta Tutino hanno
proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura di
seguito indicate.

3. Con il primo motivo del ricorso in favore di Michele Marafioti si contesta la
ritenuta sussistenza dei presupposti del reato di bancarotta fraudolenta per
distrazione, rilevando l’erroneità dell’assunto argomentativo del giudice di appello,
secondo il quale la merce mancante non sarebbe deperibile, ove invece, trattandosi
di abbigliamento, non era più commerciabile a fine stagione, in quanto fuori moda.
Non si era, inoltre, tenuto conto del fatto che il ricorrente aveva gestito la società
per soli quattro mesi, sino al gennaio 2000, avendo dismesso l’attività perché non
più redditizia.
Con il secondo motivo si denuncia violazione od errata applicazione dell’art. 62
bis cod. pen., per mancato riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di

prevalenza.
Con il terzo motivo si deduce violazione od erronea applicazione dell’art. 133
cod. pen. con riferimento all’entità della pena inflitta.

4. Con unico motivo d’impugnazione il Marafioti, personalmente, ha dedotto
violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 216 legge
fall. con riferimento al punto 1 della rubrica. Si duole, al riguardo, che il giudice di
appello abbia trascurato le eccezioni difensive, specie in merito alla mancanza di
prova del nesso causale tra la condotta ascrivibile all’imputato e la dichiarazione di
fallimento nonché del dolo riguardante l’evento dello stesso reato.
Con riferimento alla fattispecie di cui al n.2 comma primo dell’art. 216, si
deduce che il giudice di appello aveva omesso di evidenziare le ragioni in forza delle
quali aveva ritenuto il dolo, ossia la volontà di impedire la ricostruzione del
patrimonio o del movimento degli affari, tanto più in considerazione del breve
periodo di tempo in cui l’imputato aveva gestito la società. Ove avesse tenuto conto
3

con ulteriori statuizioni di legge.

dell’insegnamento giurisprudenziale di legittimità, la stessa Corte di merito avrebbe
dovuto potuto escludere la penale responsabilità dell’imputato ovvero ritenere
insussistente l’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta.

5. Il ricorso proposto da Paolo Carrozza é affidato ad identiche ragioni di
censura. E sugli stessi motivi sono articolati anche i ricorsi di Antonio Carrozza, di
Alessandro Larosa e di Maria Concetta Tutino.

1.

La prima ragione di censura in favore del Marafioti è destituita di

fondamento. Ed invero, l’impianto motivazionale in forza del quale il giudice di
appello ha ribadito il giudizio di colpevolezza a carico dell’imputato non offre il
destro a censure di sorta. In particolare, risultano compiutamente enunciate le
ragioni per le quali è stato ritenuto che la merce mancante – in ragione
dell’accertata differenza tra entità degli acquisti e rimanenze – fosse stata sottratta
o venduta sottocosto, in mancanza, peraltro, di prova della destinazione del relativo
ricavato. Così giudicando, la Corte territoriale ha fatto buon governo della regola di
giudizio, consolidata in subiecta materia, secondo cui la mancata giustificazione, da
parte dell’amministratore, in ordine alla destinazione dei beni che avrebbero dovuto
far parte del patrimonio imprenditoriale, consente ragionevolmente di ritenerne la
sottrazione, ai fini della materialità del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale
(Sez. 5, n. 35882 del 17/06/2010, Rv. 248425). La puntuale indicazione di
risultanze probatorie, univocamente rivelatrici della consapevolezza dell’imputato in
ordine all’attività distrattiva posta in essere dagli amministratori di fatto ed anzi del
cosciente apporto a siffatta condotta, mediante acquisto di merce per ragguardevole
importo e successiva sua dismissione, è valsa a fornire idonea dimostrazione
dell’elemento psicologico necessario ai fini del concorso dell’amministratore formale
nell’anzidetta a condotta distrattiva (Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010, Rv. 247251
secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella
documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture
contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente
dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il
diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le
suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione,
relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente,
trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la
presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro
mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad
essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur
4

CONSIDERATO IN DIRITTO

consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non
necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti
dall’amministratore di fatto).
Infondato è anche il rilievo critico in ordine alla mancanza di prova del nesso
causale tra condotta ascritta all’imputato e fallimento, posto che, per consolidato
insegnamento giurisprudenziale di questa Corte di legittimità, ai fini della
sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria
l’esistenza del nesso eziologico fra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento

Il secondo e terzo motivo di ricorso, afferenti al regime sanzionatorio, si
pongono decisamente in area d’inammissibilità, posto che il giudice di appello ha
motivatamente ritenuto che, alla stregua dell’obiettiva entità del fatto in
contestazione e, segnatamente, dell’entità del danno arrecato alla massa creditoria,
la pena irrogata in primo grado, peraltro nel minimo edittale, fosse pienamente
adeguata e, come tale, insuscettibile di ulteriore riduzione.

2. I ricorsi proposti, personalmente, da tutti gli imputati possono essere
congiuntamente esaminati per totale identità delle dedotte censure.
Sono tutti infondati, in quanto l’insieme motivazionale della pronuncia
impugnata ha, chiaramente, indicato le ragioni del ribadito giudizio di colpevolezza,
con specificazione del ruolo svolto da ciascuno nella vicenda in esame e del relativo
coinvolgimento, anche sul versante dell’apprezzamento dell’elemento psicologico. Si
è già detto dell’irrilevanza della prova del nesso di causalità tra le condotte a
ciascuno ascritte ed il fallimento, mentre la pluralità dei fatti di bancarotta risultava
chiaramente dalla formulazione degli addebiti contenuti in rubrica.

3. Per quanto precede, tutti i ricorsi – ciascuno globalmente considerato devono essere rigettati con le consequenziali statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 05/12/2013

(Sez. 5, n. 27993 del 12/02/2013, Rv 255567).

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA