Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11782 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 11782 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Filipi Mark, Albania, nato il 19.09.1976
Avverso la sentenza, in data, 8.05.2013, del Giudice per le Indagini Preliminari presso il
Tribunale di Asti, con la quale gli è stata applicata, su richiesta delle parti ex art. 444 cod.
proc. pen., la pena per il reato di rapina ed altro.
Sentita la relazione del Consigliere Dott. Giovanni Diotallevi
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. Giulio Romano, che ha
concluso con la richiesta di inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

Filipi Mark ricorre avverso la sentenza, in data 8.05.2013, del Giudice per le Indagini
Preliminari presso il Tribunale di Asti, con la quale gli è stata applicata, su richiesta delle parti
ex art. 444 cod. proc. pen., la pena di mesi undici ed euro 300 di multa per il reato di rapina
ed altro.
Chiedendo annullamento del provvedimento impugnato, il ricorrente deduce:

a) Mancanza di motivazione ed erronea applicazione della legge penale ex art. 606 comma
1 lett. b) ed e) in relazione all’art. 129 cod. pen.

Data Udienza: 11/12/2013

Secondo il ricorrente il g.i.p. non avrebbe vagliato l’ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. in
relazione alle intercettazioni telefoniche che, se valutate correttamente, avrebbero comportato
una declaratoria di assoluzione del Filipi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile

giudice dall’art. 111 Cost. e dall’art. 125, comma terzo, cod. proc. pen. per tutte le sentenze,
opera anche rispetto a quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti. Tuttavia, in tal
caso, esso non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una
funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee
argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ne
consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod.
proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione
di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione -anche implicita – che è stata compiuta la verifica
richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento a
norma del citato art. 129. (Cass. Sez. 1^ sent. n. 752 del 27.1.1999 dep. 22.3.1999 rv
212742). Ancora in tema di patteggiamento, la motivazione della sentenza in relazione alla
mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 cod.proc.pen. può anche essere
meramente enunciativa. Invero, poiché la richiesta di applicazione della pena deve essere
considerata quantomeno come ammissione del fatto (quando non la si voglia addirittura
ritenere ammissione di responsabilità o implicito riconoscimento di colpevolezza), il giudice
deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo se manchi un quadro probatorio idoneo a
definire il fatto come reato o se dagli atti già risultino elementi tali da imporre di superare la
presunzione di colpevolezza che il legislatore ricollega proprio alla formulazione della richiesta
di applicazione della pena»”. (Cass. Sez.5^ sent. n. 4117 del 20.9.1999 dep. 29.9.1999 rv
214478).
Invero, nel caso di specie, la motivazione dell’impugnata sentenza abbraccia anche le ragioni
della preliminare esclusione dell’applicabilità della norma di cui all’art.129 cod. proc. pen.,
ricordando le risultanze degli atti di indagine.

2. “Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’obbligo della motivazione, imposto al

Uniformandosi a tale orientamento che II Collegio condivide, va dichiarata inammissibile
l’impugnazione; peraltro nella sentenza risulta verificata la insussistenza di elementi che
importino decisioni ex art. 129 cod. proc. pen.;

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen.,la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, alla Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in
Euro 1500;

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento della somma di euro 1500 in favore della Cassa delle ammende
Roma, 11r .12.2013

PQM

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