Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11763 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 11763 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di PACILIO Fabio, n. ad Aversa il
10.03.1982, agli arresti domiciliari per questa causa, rappresentato
ed assistito dall’avv. Domenico Castaldo, avverso la sentenza n.
11945/2012 della Corte d’Appello di Napoli, settima sezione penale,
in data 05.02.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
viste le conclusioni del Sostituto procuratore generale dott. Paolo
Canevelli che ha chiesto di dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la pronuncia impugnata, la Corte d’Appello di Napoli, settima
sezione penale, in riforma della sentenza emessa dal Giudice per le

Data Udienza: 30/01/2014

indagini preliminari presso il Tribunale di Noia in data 17.07.2012
all’esito di giudizio abbreviato ed appellata da PACILIO Fabio, previo
riconoscimento della prevalenza sulle contestate circostanze
aggravanti delle già riconosciute circostanze attenuanti generiche,
rideterminava la pena nella misura di anni tre e mesi quattro di
reclusione ed euro 600,00 di multa.
A PACILIO Fabio venivano ascritti tre capi d’imputazione:

– il primo, relativo ad una rapina aggravata con sottrazione della
somma di euro 120,00 ai danni di Esposito Giovanni con minaccia
consistita nel puntare al volto della vittima una pistola giocattolo
priva del tappo rosso (capo A);
– il secondo, relativo ad una rapina aggravata con sottrazione della
somma di euro 700,00 ai danni di De Falco Raffaele con minaccia
consistita nel puntare al volto della vittima una pistola giocattolo
priva del tappo rosso (capo B);
– il terzo, relativo ad una rapina aggravata con sottrazione della
somma di euro 800,00 ai danni di Tanzillo Vincenzo con minaccia
consistita nel puntare al volto della vittima una pistola giocattolo
priva del tappo rosso (capo C).
2.

La Corte d’Appello di Napoli, settima sezione penale, aveva
determinato la pena finale, compiendo il seguente calcolo: pena base
per il più grave reato di cui al capo C), anni quattro di reclusione ed
euro 600,00 di multa, diminuita ex art. 62-bis cod. pen. ad anni tre di
reclusione ed euro 500,00 di multa, aumentata ex art. 81 cod. pen.
per il capo A), ad anni quattro di reclusione ed euro 700,00 di multa,
ulteriormente aumentata ex art. 81 cod. pen. per il capo B), ad anni
cinque di reclusione ed euro 900,00 di multa, diminuita per il rito
abbreviato ad anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 600,00 di
multa.

3. Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, settima sezione
penale, nell’interesse di PACILIO Fabio veniva proposto ricorso per
cassazione per il seguente unico motivo:
– violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., per
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché per
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione
quanto all’eccessivo aumento della pena per effetto della
continuazione.

2

Lamenta il ricorrente come la Corte d’Appello di Napoli abbia
immotivatamente aumentato la pena base di un anno per ciascun
episodio delittuoso ritenuto in continuazione, pervenendo ad una pena
finale sproporzionata ed eccessiva rispetto ai fatti di reato in
contestazione: da qui la richiesta di annullamento del provvedimento
impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, va dichiarato
inammissibile.
Con esso il difensore si duole dell’eccessività dell’aumento di pena
irrogata dal giudice di secondo grado a titolo di continuazione.
La determinazione della pena da irrogare in concreto rientra nelle
attribuzioni esclusive del giudice di merito che, per l’articolo 132 cod.
pen., l’applica discrezionalmente, indicando i motivi che giustificano
l’uso di tale potere discrezionale.
In sede di legittimità è consentito esclusivamente valutare se il giudice,
nell’uso del suo potere discrezionale, si sia attenuto a corretti criteri
logico giuridici ed abbia motivato adeguatamente il suo convincimento
(Cass., Sez. un., n. 8413 del 20 dicembre 2007, Cassa, in
motivazione).
Orbene, nel caso in esame la sentenza impugnata si è attenuta ai
criteri indicati e ha reputato adeguata quella in concreto inflitta
richiamandosi a tutti i criteri di valutazione indicati dall’articolo 133
cod. pen.: si tratta di rilievi fattuali corretti, idonei a spiegare che non
si è ritenuto l’imputato meritevole di un più mite trattamento
sanzionatorio.
D’altra parte, l’esercizio del potere di cui si è detto deve essere
motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il
pensiero del giudice in ordine all’adeguamento della pena concreta alla
gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Ed in tal senso,
come questa Corte ha già avuto modo di affermare (cfr., fra molte,
Cass., Sez. 6, 11 gennaio 1990, Alaoui, rv. 184395), dire che la misura
della pena inflitta è «congrua» («adeguata», «equa», ecc.) è
sufficiente a far ritenere che il giudice abbia tenuto conto,
intuitivamente e globalmente, di tutti gli elementi previsti dall’articolo

3

133 cod. pen..
5. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma
che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in euro 1.000,00

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 30.1.2014

j Il Presidente

Il Consigliere estensore
Dott. Andrea Pellegrino

Dott. Seco

P.Q.M.

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