Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11751 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11751 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPINELLI GRAZIELLA N. IL 19/12/1977
DI ROCCO GIOVINA N. IL 05/12/1958
avverso il decreto n. 20/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
30/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO
PATERNO’ RADDUSA;
lette/aerttite le conclusioni del PG Dott. 4-1.1.4/1.3 cdat
un-U o _A-L-. 34.44,

a–« re a/a

Uditi difensor Avv.;

4,….e et Le . e

„,..

Data Udienza: 30/01/2014

Ritenuto in fatto
1. Spinelli Graziella e Di Rocca Giovina hanno proposto , tramite il medesimo
fiduciario, autonomi ricorsi per Cassazione avverso il decreto della Corte di Appello
di L’Aquila con il quale è stata data parziale conferma alla confisca di prevenzione,
disposta dal Tribunale di Teramo, relativa a diverse utilità ritenute nella
disponibilità delle ricorrenti.
2. Si segnala all’uopo nei due ricorsi , assolutamente identici nei temi prospettati ,

ragione della affermata retroattività delle disposizioni normative ( leggi nn 125/08
e 94/09 ) che hanno novellato la legge 575/65; ciò in considerazione della
correlata equiparazione delle misure di prevenzione patrimoniale alle misure di
sicurezza ex art 240 cp , con conseguente applicabilità alle stesse del dato
normativo offerto dall’ad 200 stesso codice tanto da pervenire , in tal modo,
all’ingiustificato ampliamento della platea dei soggetti destinatari della ablazione in
prevenzione nonché all’aggressione di beni, quali quelli nella titolarità delle
ricorrenti,

acquistati precedentemente alla entrata in vigore di tali novità

legislative.
3. Con requisitoria scritta la Procura Generale ha chiesto rigettarsi i ricorsi o in
subordine rimettere alle SS UU di questa Corte l’evidenziato conflitto tra gli
opposti orientamenti emersi in alcuni arresti di legittimità , espressamente
richiamati, in punto alla retroattività delle sopra citate novelle legislative avuto
riguardo ,in particolare, alla possibilità di procedere alla ablazione in prevenzione
malgrado la non attualità della pericolosità sociale del proposto così da colpire
acquisti non proporzionati alle relative disponibilità reddituali ed economiche posti
in essere da soggetti il cui profilo di pericolosità ( non più attuale ) sarebbe
emerso precedentemente alla entrata in vigore delle suddette innovazioni
normative.
3. Con memoria difensiva depositata il 21 gennaio 2014 a firma dell’avvocato
Salvino Mondello nell’interesse della DI Rocco Giovina, nel replicare alle
conclusioni della Procura Generale, viene negata in radice la possibilità di
procedere alla confisca perché era da ritenersi insussistente a monte il profilo della
pericolosità, già assorbito , in negativo, da un precedente giudicato, dato
quest’ultimo in precedenza non indicato nel ricorso pur essendo stato
espressamente considerato, il detto precedente , nel decreto impugnato ; risulta
poi meglio precisata la tesi in diritto volta a sostenere l’irretroattività delle norme

che la Corte territoriale avrebbe ritenuto di procedere ugualmente alla confisca in

applicate sul presupposto della non equiparabilità della confisca di prevenzione a
quelle di sicurezza di cui all’ad 240 cp , facendo all’uopo perno su un recente
arresto in tal senso reso da questa Corte ( la sentenza 14044/13 resa dalla V
Sezione) in linea , del resto, con quanto segnalato anche dalla Procura Generale .
Considerato in diritto.
4. La vicenda processuale che occupa ruota intorno al tema della retroattività delle
innovazioni legislative apportate , per le misure di prevenzione patrimoniale di cui

convertito nella legge 125/08 ) e 22 comma II legge 94/2009 ; disposizioni che
hanno novellato il tenore dell’art 2 bis , comma sei bis, della citata legge 575/65
(applicabile alla specie ratione temporis in considerazione del disposto di cui all’ad
117 del successivo d.lvo 159/11 , oggi chiamato a disciplinare unitariamente la
materia della prevenzione ) , definitivamente recidendo il rapporto di accessorietà
necessaria tra misure di prevenzione personali e patrimoniali così da favorire
l’irrogazione di queste ultime a prescindere dalla applicazione delle prime a motivo
della oramai esclusa indefettibilità del requisito della attualità della pericolosità
sociale, rimasto imprescindibile solo per le misure personali.
Vero è che il dato normativo introdotto dalle novelle citate , nel suo tenore
letterale, sembra ancor più radicalmente sganciare l’applicazione delle misure reali
di prevenzione dalla presenza stessa del requisito della pericolosità sociale : ma
nella costante e condivisa lettura fornita da questa Corte dell’ad 2 bis comma sei
bis della legge 575/65 modificato dai citati interventi normativi ( oggi
pedissequamente riproposto dal vigente art 18 comma I Divo 159/11 ) si afferma
costantemente che il requisito della pericolosità costituisce presidio imprescindibile
dell’applicazione di qualsivoglia misura di prevenzione , personale o patrimoniale,
differenziandosi le seconde dalle prime solo in punto al profilo della attualità della
pericolosità , chiesto per le personali ma non necessario per le patrimoniali (tra le
tante cfr da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 10153 del 18/10/2012 Rv. 254545 ).
Per contro, per quanto già anticipato dalla Procura Generale con la requisitoria
scritta , è sulla retroattività di tali innovazioni legislative che è recentemente
emerso un conflitto interpretativo conclamato da due contrastanti arresti resi da
questa Corte; conflitto le cui le cui connotazioni si ritengono tali da determinare la
rimessione della questione alle Sezioni Unite ai sensi dell’alt 618 cpp.
5. Nel caso in esame , misure personali e patrimoniali furono contestualmente
chieste dalla Procura competente ai danni di entrambe le ricorrenti. Il Tribunale in

alla legge 575/65, dagli artt 10 comma I lettera C nr 2 del DL 23 maggio 2008 (

primo grado ebbe a negare la misura personale in ragione della inattualità della
pericolosità sociale ascrivibile alle suddette ; ciò malgrado , proprio in forza della
ritenuta retroattività delle citate novelle legislative, motivata dalla affermata
applicabilità alla specie del disposto di cui all’ad 200 cp , i Giudici del merito,
hanno ugualmente disposto la confisca delle utilità in sequestro pur se
pacificamente la pericolosità riferita alle odierne ricorrenti, comunque
incidentalmente valutata , si legava a contegni tutti antecedenti l’entrata in vigore

6. La questio iuris posta al centro della odierna vicenda processuale attiene , per
l’appunto, al tema della retroattività della disciplina innovativa in disamina sul
presupposto della ritenuta applicabilità alle misure di prevenzione patrimoniali del
disposto di cui all’art 200 cp, dettato per le misure di sicurezza : dovesse per
contro applicarsi alla specie il dato normativo generale offerto dall’ad 11 delle
preleggi e dall’ad 2 del codice penale in ragione della ritenuta natura meramente
sanzionatoria ed afflittiva delle misure reali in questione , con conseguente
irretroattività delle novità introdotte dalle novelle in rassegna, resterebbe preclusa
la possibilità , per le situazioni di pericolosità emerse precedentemente, di
comminare la confisca di prevenzione in assenza del requisito della attualità della
pericolosità sociale da riferire al prevenuto.
7. Prima delle modifiche normative apportate negli anni 2008 e 2009 la
Giurisprudenza di questa Corte era consolidata nel ritenere la retroattività dei dati
normativi afferenti il tema della prevenzione patrimoniale in ragione di una
sostanziale equiparazione , quanto a contenuto ed effetti, della confisca ex lege
575/65 alle misure di sicurezza ex art 240 cpv. cod.pen. , con conseguente
estensione alle prime del dato normativo dettato dall’ad 200 cod. pen. per le
seconde.
Soluzione questa che trova la sua più nota espressione nei principi dettati dalla
sentenza delle SS UU nr 18/96 , Simonelli che , nel definire il tema legato alla
possibilità di applicare la misura di prevenzione patrimoniale malgrado
l’intervenuto decesso del proposto (situazione in precedenza non regolata , come
oggi , da apposita previsione normativa ) ha escluso la natura meramente
preventiva dell’intervento in questione ( per la definitività degli effetti ablativi)
provvedendo a sussumerla piuttosto nell’ambito di un tertium genius , di una
generica categoria di sanzioni amministrative parificabili – per contenuto ed effetti
– alla misura di sicurezza di cui al ricordato art. 240 cpv. cod. pen.

delle innovazioni normative in oggetto.

Si è sottolineato in proposito, nel citato arresto delle Sezioni Unite , che la ratio
sottesa ai provvedimenti in esame – adottabili nell’ambito del procedimento di
prevenzione – andava rintracciata nella esigenza di colpire beni e proventi di
natura presuntivamente illeciti perché acquistati da soggetti socialmente pericolosi
senza il supporto di una proporzionata capacita reddituale ed economica così da
giungere alla esclusione degli stessi dal cosiddetto circuito economico; ratio che ,
nel ritenere delle SS UU , ben si ricollega, seppur con un ambito di estensione

come è noto, prescindono dalla condanna – da un’affermazione di responsabilità
accertata in sede penale – con la conseguente applicabilità anche nel caso di
proscioglimento, quale che sia la formula (art. 205 cod. pen.)”.
Muovendo da tale equiparazione si è dunque nel tempo radicata l’idea della
retroattività della disciplina normativa relativa alle misure di prevenzione
patrimoniale utilizzandosi al fine il disposto di cui all’ad 200 cp , espressamente
dettato per le misure di sicurezza. E tale orientamento risulta pedissequamente
ribadito , con inalterata continuità , pur dopo l’entrata in vigore delle novelle
normative in disamina anche in presenza della acquisita distinzione dei
presupposti di applicazione delle misure personali e patrimoniali senza che
tuttavia, occorre rimarcarlo , risulti approfondita la questione della perdurante
coerenza della lettura ermeneutica offerta nella equiparazione tra misure di
sicurezza e misure reali di prevenzione volta che sia stato espunto, dai profili
necessari per la comminazione delle seconde , quello della attualità della
pericolosità ( si cfr tra gli arresti più recenti le sentenze 24272/13;
21984/12;10153/12;1282/12) .
8. A fronte di quella che sembrerebbe a prima vista una scelta consolidata va
piuttosto osservato come sono in realtà solo due , ed in conflitto tra loro, gli
arresti di questa Corte che, dopo le novelle in oggetto , guardano con il dovuto
approfondimento alla incidenza della riforma normativa in questione sul tema
legato alla effettiva natura della confisca di prevenzione , ancora oggi estranea
all’area della sanzione penale o piuttosto definitivamente uscita da quella propria ,
sul piano contenutistico ed effettuale , delle misure di sicurezza.
9. Delle due soluzioni tracciate , una si pone in linea di assoluta continuità con il
consolidato e sopra descritto orientamento tracciato da questa Corte già prima
delle novelle che occupano. Ci si riferisce in particolare alla sentenza nr 39204/13,
Ferrara , della sezione Prima di questa Corte; sentenza ( peraltro successiva

non identico, alle ipotesi previste dal citato art. 240 cod. pen., cpv. nn. 1 e 2 che,

rispetto a quella , della quale si dirà da qui a poco, che ha introdotto diversi spunti
critici in direzione dell’orientamento tradizionale e che con la stessa
espressamente si confronta) con la quale si è ribadito che il venir meno del
requisito della attualità della pericolosità sociale non ha modificato la natura della
confisca di prevenzione.
9.1 Se, si sostiene , non può negarsi che l’art. 200 c.p. implica – come affermato
anni addietro dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 19 del 1974 (le cui

delle ” misure di sicurezza alla pericolosità, che è situazione, per sua natura,
attuale ” , per altro verso occorre ” porre mente ad un dato normativo di non
secondaria importanza, ossia che la disposizione dell’art. 200 c.p. trova
applicazione in materia di misure di sicurezza patrimoniali, cui sono assimilate a
tal fine le misure di prevenzione patrimoniali, non già in via diretta, ma per effetto
del richiamo operato dall’art. 236 c.p., che ha cura di selezionare con puntualità le
disposizioni applicabili anche alle misure patrimoniali, ovviamente sul presupposto,
implicito ma inequivoco, che la diversità strutturale tra i due tipi di misure
impedirebbe la naturale estensione di disciplina dettata espressamente per le
prime. Ciò vale, per quel che qui interessa, per la disposizione di cui all’art. 200
c.p., comma 1, che per la riferibilità diretta alla misure di sicurezza personali
implica la situazione di pericolosità, necessariamente attuale – secondo quanto
precisato dalla giurisprudenza costituzionale – se afferisce alla persona. Non si
può, infatti, definire una pericolosità personale che non sia attuale, essendo
irragionevole ipotizzare che ad una persona non più pericolosa si possano
applicare misure di sicurezza personali . Diverse valutazioni devono invece farsi
per le misure patrimoniali, perchè, rispetto ai beni, di pericolosità può dirsi in
modo non sovrapponibile. Non ha significato rispetto ad una res , in special modo
per quelle la cui pericolosità sia collegata alle modalità di acquisizione alla titolarità
di un soggetto e quindi alla loro origine patrimoniale, l’assunto che la pericolosità
debba essere per necessità attuale, perchè la strutturale staticità dei beni non
consente evoluzioni apprezzabili sul piano del giudizio di pericolosità che non siano
talmente radicali da identificarsi con l’evento ablatorio, costituito appunto dalla
confisca, e quindi con la rottura del nesso originario di illecita acquisizione al
patrimonio”.
9.2 ” E’ pur vero” – si sostiene ancora nella sentenza in oggetto – che ” prima
delle novelle normative del 2008 e del 2009, il principio desumibile dal sistema di

statuizioni sono state ribadite dall’ordinanza n. 392 del 1987) – la correlazione

prevenzione patrimoniale era che le misure del sequestro e della confisca
trovavano fondamento non soltanto nei caratteri dei beni che ne erano oggetto,
perchè esse si rivolgevano “non a beni come tali, in conseguenza della loro
sospetta provenienza illegittima, ma a beni che, oltre a ciò, …(erano) nella
disponibilità di persone socialmente pericolose …”, sì che “la pericolosità del bene
…(era) considerata dalla legge derivare dalla pericolosità della persona che ne
…(poteva) disporre” – Corte cost., sentenza n. 335 del 1996 -. Ma la più volte

connessa direttamente alle modalità di acquisto, non ha mutato la natura della
confisca, che può ancora essere ritenuta priva di carattere sanzionatorio di natura
penale” ; piuttosto deve “prendersi atto che l’affrancamento dall’attualità della
pericolosità del proposto non ha comportato alcun riassestamento dell’istituto,
quanto, se mai, un rafforzamento dell’efficacia rispetto all’originario fine … per
aver ” approfondito una tendenza che percorreva da tempo la materia, senza
quindi comportare alcuna frattura col precedente sistema. Il vero è che l’interesse
pubblico all’eliminazione dal circuito economico di beni di sospetta illegittima
provenienza, per l’appartenenza del titolare ad associazioni di tipo mafioso,
sussiste per il solo fatto che quei beni siano andati ad incrementare il patrimonio
del soggetto e prescinde dal fatto che perduri in capo a quest’ultimo lo stato di
pericolosità, perchè la finalità preventiva che si intende perseguire con la confisca
risiede proprio nell’impedire che il sistema economico legale sia funzionalmente
alterato da anomali accumuli di ricchezza, quale che sia la condizione del soggetto
che poi si trovi a farne in qualsiasi modo uso”.
10. Assume valutazioni e perviene a conclusioni di segno diametralmente opposto
l’altro arresto di questa Corte che assegna al tema in disamina, alla luce del
novum portato dalle novelle del 2008 e del 2009, il dovuto approfondimento.
Si tratta in particolare della sentenza nr 14044/13, Occhipinti, della Quinta
sezione della Corte cui fanno riferimento la Procura generale nella attenta
requisitoria scritta e la difesa della Di Rocco nelle memorie allegate ai sensi dell’ad
611 cpp.
10.1 Nella sentenza in questione si rimarca che la ratio della più volte affermata
equiparabilità tra misure di sicurezza e misure di prevenzione” deriva dalla presa
d’atto della natura e della funzione delle seconde, da applicarsi non già quale
diretta conseguenza di un determinato fatto (come accade invece per le pene, da
ricollegare a fatti che costituiscano reato) , bensì avuto riguardo alla condotta di

menzionata riforma, nel concentrare l’attenzione sulla pericolosità del bene,

vita del proposto , tale da farne desumere quella attuale pericolosità sociale che è
pacificamente il fondamento per dare corso a misure di sicurezza, ex art. 202 cod.
pen… . È dunque innegabile che, in tanto esiste una possibilità di equiparazione
fra le due tipologie di misura, in quanto se ne individui un comune presupposto
nella verifica della perdurante pericolosità del soggetto che ne sia destinatario:
una pericolosità che dovrà comunque sussistere (sia pure se affermata in base a
presunzioni) nel momento in cui il giudice della prevenzione sia chiamato a

eventualmente, anche sopravveniente – mira a porre rimedio”.
Laddove , dunque, di quel giudizio di attuale pericolosità sociale si possa fare a
meno, così come accade ora per le misure di prevenzione patrimoniali, viene di
conseguenza posta in dubbio dalla Corte la possibilità di ” ricavare regole formali
per la disciplina di quel procedimento da una norma – l’art. 200 cod. pen. – che
fonda la sua ragion d’essere proprio su quell’indefettibile presupposto” giacchè è in
nome della dell’attualità della pericolosità sociale che la giurisprudenza, sino
all’entrata in vigore della legge n. 94 del 15 luglio 2009, ha operato
l’equiparazione delle misure di sicurezza e di prevenzione ai fini dell’applicabilità
alle seconde della disciplina dell’art. 200 cod. pen., dettata per le prime; ed è
sempre sulla base del requisito dell’attualità della pericolosità sociale che l’art. 200
cod. pen. ha superato il vaglio della Corte Costituzionale, la quale con sentenza n.
19 del 1974 prima e con ordinanza n. 392 del 1987 poi, ha chiarito che la
legittimità dell’art. 200 cod. pen. si fonda proprio su tale requisito, sicché
inconferente è il richiamo alla ritenuta retroattività delle misure di sicurezza attesa
la correlazione delle misure alla pericolosità, che è situazione, per sua natura,
attuale”.
10.2 Nella sentenza in esame la Corte non manca di evidenziare
– che” in tutte le pronunce emesse dalla giurisprudenza sovranazionale in tema di
confisca di prevenzione si afferma, oltre alla non necessità di una precedente
condotta costituente reato, la doverosità di accertare la pericolosità del soggetto
che ne sia destinatario, quale presupposto giustificativo di un intervento ablatorio
sia pure non di carattere penale – strumentale alla tutela di pubblici interessi”;
– che non di rado , gli stessi arresti della Corte destinati a porsi nel solco
interpretativo consolidato dalla esperienza giurisprudenziale precedente alle
riforme in interesse, individuano nello stato di attuale pericolosità sociale del
proposto il presupposto legittimante l’applicazione retroattiva del dato normativo

provvedere, proprio perché è ad una pericolosità in atto che la legge

novellato ( si fa espressamente riferimento a Cass., Sez. 6, n. 11006 del
20/01/2010, Cannone);
– che la giurisprudenza di questa Corte avrebbe già assunto posizioni contrastanti
rispetto alla idea della retroattività della disciplina in disamina avuto riguardo a
peculiari fattispecie di misure di prevenzione patrimoniale , id est la confisca per
equivalente , prevista dalla L. n. 575 del 1965, art. 2-ter, comma 10 (così come
novellato dal D.L. n. 92 del 2008, art. 10, comma 1, lett. d), n. 4, conv. in L. n.

prima sezione di questa Corte , appare caratterizzata dai tratti distintivi di una
vera e propria sanzione così da risultare estranea al principio generale della
retroattività delle misure di sicurezza sancito dall’art. 200 cod. pen in quanto può
riguardare beni che, oltre a non avere alcun rapporto con la pericolosità
individuale del reo, neppure hanno alcun collegamento diretto con il singolo reato
… e la cui ratio è quella di privare il reo di un qualunque beneficio economico
derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredire
l’oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di
tale strumento”.
10.3 La sentenza nr 14044/13 non si sottrae infine al confronto con la ratio che
attualmente può ritenersi effettivamente fondante il contrario e consolidato
orientamento interpretativo, quella della pericolosità da riferire , alla luce delle
riforme nel tempo adottate in materia di prevenzione patrimoniale, non al
proposto bensì ai beni oggetto dell’intervento ablativo nell’ottica che iscrive la
prevenzione patrimoniale all’egida tipica delle actio in rem, laddove il requisito
della attualità della pericolosità viene considerato ontologicamente immanente al
bene acquistato dal soggetto pericoloso , essendo di poi indifferente che
quest’ultimo mantenga attuale la pregressa pericolosità, presente al momento
dell’acquisizione dell’utilità ablata.
Una tale soluzione , corretta che sia a monte la valutazione diretta a distinguere,
sul piano della retroattività sancita dall’ad 200 cp, il profilo della pericolosità tra
misure personali e patrimoniali alla luce dell’indistinto riferimento contenuto
nell’ad 202 cp (che lascia pensare alle misure di sicurezza anche patrimoniali
come strumenti diretti a contrastare un stato di accertata pericolosità , per forza
di cose attuale : cfr la citata sentenza nr 11768/2012 ), sembra presupporre sul
piano logico, per come traspare anche dalla motivazione della sentenza Ferrara
sopra richiamata , una forte correlazione cronologica tra la pericolosità del

125 del 2008), la quale , per quanto affermato dalla sentenza n. 11768/12 della

proposto e il momento di acquisizione dell’utilità da confiscare giacche è la prima
che rende pericolosa la seconda in funzione dell’intervento in prevenzione .
In questo quadro di riferimento, nella sentenza Occhipinti
viene dato puntuale rilievo agli arresti della Corte ( si cita la sentenza nr
18822 del 23/03/2007, Cangialosi, ma più recentemente si veda la già
citata sentenza nr 10153/13 ) che pur confermando il dato della
irrettroattività delle norme dettate in materia di prevenzione patrimoniale

correre tra acquisizione ed emergere della pericolosità , essendo
quest’ultima a dare carattere di pericolosità alla prima ;
al contempo , a siffatto orientamento viene subito accostato quello,
contrario ed assolutamente prevalente nella esperienza di questa Corte ( cfr
le sentenze N. 21717 del 2008 Rv. 240501, N. 25558 del 2009 Rv. 244150,
N. 35175 del 2009 Rv. 245363, N. 35466 del 2009 Rv. 244827, N. 4702 del
2010 Rv. 246084, N. 39798 del 2010 Rv. 249012, N. 18327 del 2011 Rv.
25022; nr 27298/11; 35240/13) in ragione del quale, alla luce del tenore
letterale dell’ad 2 ter della legge 575/65, una volta accertata la pericolosità
sociale, è indifferente, ai fini della confisca , che le utilità oggetto di
interesse siano state acquistate precedentemente o successivamente
all’emergere della stessa non essendo stato previsto , per la confisca di
prevenzione , alcun nesso di pertinenzialità con una determinata attività
illecita ma una generalizzata apprensione di beni volta che sia stato
accertato, quale che ne sia l’epoca di riferimento , il presupposto della
pericolosità sociale del proposto nonché quello della sproporzione reddituale
ed economica.
Alla luce di quanto sopra , evidenzia in conclusione la sentenza in disamina, ne
deriva che se la confisca di prevenzione, in linea con l’orientamento prevalente,
può legittimamente riguardare beni privi di concreto collegamento anche
temporale con i fatti giustificativi della misura sul piano della pericolosità del
proposto , ispirandosi alla generale finalità di escludere che un soggetto possa
ricavare qualsivoglia beneficio economico da attività illecite , appare ” in
conseguenza arduo , almeno con riferimento ad ipotesi in cui la misura di
prevenzione patrimoniale possa addirittura svincolarsi da un necessario
accertamento di attuale pericolosità sociale del proposto, continuare ad escluderne
una natura oggettivamente sanzionatoria” .

finiscono per affermare la necessaria correlazione cronologica che deve

11. In ragione di tanto , sembra al Collegio che il rilievo ponderale da ascrivere ai
profili di criticità sollevati dalla sentenza Occhipinti imponga la rimessione della
questione alle Sezioni Unite avuto riguardo alla effettiva possibilità di procedere,
secondo il consolidato orientamento espresso sul tema da questa Corte, alla
equiparazione tra misure di sicurezza e misure di prevenzione patrimoniale una
volta espunto , in esito alle novelle più volte citate, dai profili costitutivi della
confisca di prevenzione , il requisito della attualità della pericolosità; questione

alla retroattività delle novelle oggetto di interesse in esito alla coerente
individuazione della natura effettiva della confisca in disamina, nonchè quello del
legame logico e temporale che deve intercorrere tra emergere della pericolosità e
momento di acquisizione delle utilità da ablare.
Pqm
Rimette i ricorsi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione .
Così deciso in Roma il 30 gennaio 2014

cui sono peraltro immediatamente correlati gli ulteriori sviluppi interpretativi legati

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