Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11744 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11744 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Sterrantino Salvatore Pietro, nato a Giardini Naxos il 27/06/1956

avverso la sentenza del 12/12/2012 della Corte di appello di Messina

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso per il rigetto del ricorso:
udito per il ricorrente l’avv. Giovambattista Freni, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Messina confermava la
sentenza in data 23 dicembre 2011 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Messina, appellata da Salvatore Pietro Sterrantino, condannato,
all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione,
oltre alla interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e alla incapacità di

‘2,9,

Data Udienza: 09/01/2014

contrattare con la p.a. per anni due, in quanto responsabile del delitto di cui agli
artt. 110, 317 cod. pen., 7 d.l. n. 152 del 1991, per avere, quale consigliere del
Comune di Giardini Naxos, abusando del suo potere e violando i suoi doveri, in
concorso con Camillo Brancato (detto “Camillu u picuraru”), separatamente
giudicato, costretto o indotto Giovanni Cavallaro a corrispondergli indebitamente
la somma di euro 2000 per velocizzare il pagamento degli stati di avanzamento
dei lavori espletati dalla ditta del Cavallaro nell’interesse del predetto Comune,
aventi ad oggetto demolizione e ricostruzione di loculi cimiteriali, dicendogli che

li avrebbe percepito dopo dieci anni; mentre il Brancato, in casa dello Sterrantino
e alla presenza di quest’ultimo, esortava il Cavallaro ad accondiscendere a tale
richiesta, qualificandosi come rappresentante locale della famiglia mafiosa dei
“Mussi i ficurinnia”, ed affermando che tutti i pagamenti del Comune Giardini
Naxos venivano gestiti dalla famiglia; con l’aggravante di avere commesso il
fatto avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416-bis ovvero al fine di agevolare
l’attività dell’asociazione mafiosa denominata clan Laudani o “Mussi i ficurinnia”
(in Giardini Naxos, il 21 giugno 2011).
Le prove della responsabilità penale dell’imputato venivano rinvenute nelle
dichiarazioni della persona offesa, nei servizi di osservazione e controllo espletati
dai Carabinieri della Compagnia di Taormina, in intercettazioni di conversazioni
e, soprattutto, nella sorpresa in flagranza correlata al momento della consegna
da parte del Cavallaro allo Sterrantino di una busta contenente euro 2.000,
documentata anche da una ripresa visiva.
La Corte di appello, rigettate alcune eccezioni processuali, osservava che
sulla base di detti elementi di prova doveva ritenersi accertato che il Cavallaro fu
indotto a versare il “pizzo” allo Sterrantino sia a seguito della prospettiva
manifestatagli da quest’ultimo secondo cui egli avrebbe finito per ricevere il
saldo delle sue spettanze con un ritardo di dieci anni sia per le minacce di
stampo mafioso formulate dal Brancato nel medesimo contesto spazio-temporale
(le concorrenti pressioni dello Sterrantino e del Brancato avvennero infatti nel
corso di un incontro a casa del primo); e tanto integrava il contestato delitto di
concussione, aggravato ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore avv.
Giovambattista Freni, che, premesse considerazioni generali sui numerosi errori
o manchevolezze contenute nella sentenza impugnata, deduce i seguenti motivi.
2.1. Erronea applicazione degli artt. 63, 64, comma 3-bis, e 514 cod. proc.
pen., dovendosi ritenere inutilizzabili le dichiarazioni rese alla p.g. dal Cavallaro
senza l’assistenza di un difensore, stante la sua posizione di indagato per il

P)9?

in caso di mancato pagamento i rimanenti S.A.L. non sarebbero stati sbloccati e

delitto di corruzione o comunque di favoreggiamento personale, posto che in un
primo momento egli aveva dichiarato ai Carabinieri operanti che il denaro
consegnato allo Sterrantino aveva causa nella restituzione di un prestito.
2.2. Violazione degli artt. 266, 268, 271 cod. proc. pen., perché il pubblico
ministero aveva tardivamente chiesto e ottenuto dal G.i.p., ad udienza
preliminare in corso, di poter depositare le trascrizioni di intercettazioni aventi ad
oggetto i colloqui tenuti in carcere dallo Sterrantino con i suoi familiari; e per di
più per tali intercettazioni mancava il necessario presupposto per cui nel luogo di

criminose.
2.3. Violazione degli artt. 190, 234 e 603 cod. proc. pen., per l’illegittimo
rigetto: a) della richiesta di rinnovazione della istruttoria in sede di appello,
intesa all’esame del Cavallaro, prova ammessa invece nel separato giudizio a
carico del coimputato Camillo Brancato, svoltosi sempre con il rito abbreviato; b)
della richiesta di acquisizione del verbale di esame del Cavallaro assunto nel
separato procedimento; c) della richiesta di acquisizione dei tabulati telefonici
relativi ai telefoni cellulari dell’imputato e del Cavallaro, che avrebbero
consentito di dimostrare che era stato quest’ultimo a telefonare allo Sterrantino
e non viceversa; d) della richiesta di acquisizione del certificato del casellario
giudiziale relativo al Cavallaro, idoneo ad accertare la personalità morale di
quest’ultimo.
2.4. Vizio di motivazione in punto di mancata rinnovazione istruttoria,
tenuto conto delle lacune e delle incongruenze palesate dal Cavallaro circa i
pagamenti degli stati di avanzamento e circa le presunte pressioni subite dallo
Sterrantino, quali emergono dall’esame cui venne sottoposto il Cavallaro nel
separato procedimento.
2.5. Violazione degli artt. 110 e 317 cod. pen., per difetto della qualità
soggettiva in capo allo Sterrantino, che, quale semplice consigliere comunale,
non aveva alcun potere di incidere sul pagamento dei lavori affidati alla ditta del
Cavallaro, e quindi ad esso non poteva collegarsi la qualità soggettiva richiesta
dalla norma incriminatrice. Né a diversa conclusione poteva portare il presunto
incarico affidatogli dall’assessore ai servizi cimiteriali Salvatore Vernaci, di cui
non esiste alcuna prova e che comunque non poteva essere rilasciato. Inoltre
non era stata data alcuna prova dell’aggravante della finalità di agevolazione
un’associazione mafiosa, considerato anche il consistente lasso temporale tra le
affermazioni del Brancato (rese il 25 febbraio 2011) e la dazione di denaro allo
Sterrantino (avvenuta il 21 giugno 2011).

detenzione dell’imputato, equiparabile al domicilio, si stessero svolgendo attività

2.6. Violazione degli artt. 62, n. 4 e 5, 62-bis e 56 cod. pen., dovendo al più
essere ravvisata la fattispecie del tentativo e comunque essere riconosciute le
attenuanti predette.

3. Successivamente il medesimo difensore avv. Giovambattista Freni ha
presentato motivi nuovi,
3.1. Annullamento della sentenza impugnata perché il fatto, individuato in
una condotta costrittiva di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico

dalla legge 6 novembre 2012 n. 190, che in particolare ha ristretto la qualità
soggettiva richiesta dalla fattispecie di cui all’art. 317 cod. pen. a quella del
pubblico ufficiale e la condotta a quella costrittiva.
3.2. Vizio di motivazione in punto di condotta costrittiva, posto che
l’iniziativa dei contatti con lo Sterrantino fu presa esclusivamente dal Cavallaro,
senza alcuna richiesta da parte dell’imputato, e la dazione della somma fu
dovuta a una iniziativa personale del Cavallaro.
3.3. In subordine, previa riqualificazione del fatto nella fattispecie di cui
all’art. 319-quater cod. pen., si imporrebbe una rideterminazione della pena.

4. Il medesimo avv. Freni ha poi depositato memoria, con la quale illustra le
ulteriormente le ragioni per le quali, in ipotesi subordinata, dovrebbe essere
ritenuta la fattispecie di cui all’art. 319-quater cod. pen.

5. Con successiva memoria l’avv. Freni chiede che il presente procedimento
sia riunito a quello relativo al ricorso proposto dal coimputato Brancato fissato
per la medesima udienza del 9 gennaio 2014, alla quale il presente ricorso era
stato rinviato per una trattazione congiunta.
Riepiloga poi le doglianze già prospettate e ne chiede l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Premesso che, data la diversità dei motivi di ricorso non sussistono
ragioni per disporre la formale riunione del presente ricorso a quello R.G. 31855
relativo alla posizione di Camillo Brancato, comunque trattato nella stessa
udienza e deciso nella stessa camera di consiglio, osserva la Corte che il ricorso
di Salvatore Pietro Sterrantino è infondato.

servizio, non è più previsto dalla legge come reato in forza delle modifiche recate

2. Non è configurabile la violazione degli artt. 63 e 64 cod. proc. pen. in
relazione alle dichiarazioni rilasciate dal Cavallaro alla polizia giudiziaria subito
dopo la consegna della somma di denaro allo Sterrantino.
Con riferimento all’ipotizzato reato di corruzione attiva, le modalità del fatto
non evidenziavano con chiarezza indizi di un simile reato, ben potendo essere
ritenuto sulla base delle indagini sin allora espletate che il Cavallaro non fosse un
corruttore ma una persona offesa di una concussione; ipotesi di reato sulla base
della quale sono state infatti svolte le ulteriori indagini e sulla quale si è da

Con riguardo all’ipotesi alternativa di un reato di favoreggiamento,
correttamente la Corte di appello ha richiamato la giurisprudenza di legittimità
secondo cui le dichiarazioni indizianti evocate dall’art. 63, comma 1, cod. proc.
pen. vanno individuate in quelle rese da un soggetto sentito come testimone o
come persona informata sui fatti che riveli circostanze da cui emerga una sua
responsabilità penale per fatti pregressi, non invece in quelle attraverso le quali
il medesimo soggetto realizzi il fatto tipico di una determinata figura di reato
(vedi ex multis Sez. 2, n. 36284 del 09/07/2009, Pietrosanto, Rv. 245597; Sez.
6, n. 33836 del 13/05/2008, Pandico, Rv. 240790, quest’ultima proprio con
riferimento all’ipotizzato reato di favoreggiamento personale).
D’altro canto nella sentenza impugnata si osserva che al momento delle
prime dichiarazioni non vi erano elementi certi in base ai quali le forze di polizia
potessero desumerne la non corrispondenza alla verità. Si tratta di un
apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità.

3. Non merita accoglimento la deduzione di violazione degli artt. 266, 268 e
271 cod. proc. pen. in relazione al deposito ad udienza preliminare in corso

(recte, dopo che essere stato introdotto il giudizio abbreviato) delle trascrizioni
delle intercettazioni ambientali, sia perché tale documentazione è stata
legittimamente acquisita dal giudice a norma dell’art. 441, comma 5, cod. proc.
pen., sia perché la prova delle conversazioni non derivava dalle trascrizioni ma
dai supporti informatici precedentemente acquisiti.
E’ poi infondata l’eccezione di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni
per essere le stesse di natura ambientale e mancando il presupposto
dell’attualità dello svolgimento di attività criminosa, dato che che gli ambienti
penitenziari non sono luoghi di “privata dimora”, non competendo ai detenuti lo

jus exdudendi alios (per tutte, Sez. 1, n. 32851 del 06/05/2008, Sapone, Rv.
241228; Sez. 6, n. 5136 del 18/12/2007, dep. 2008, Scarcia, Rv. 238733).
In ogni caso, contraddittoriamente a tale documentazione si richiama il
ricorrente per sostenere elementi di valutazione a suo favore; mentre le

t

ultimo formalizzata l’accusa.

sentenze sia di primo sia di secondo grado ne prescindono. Tanto che il motivo
appare, più che infondato, inammissibile.

4. Il ricorrente non ha ragione di dolersi del mancato accoglimento della sua
richiesta di procedere nel giudizio di appello all’esame della persona offesa
Cavallaro o di quella relativa ad altra documentazione, dal momento che egli ha
esercitato l’opzione di un giudizio abbreviato senza condizionarla a integrazioni
probatorie; e considerato che non può essere sindacata la valutazione della

5. Correttamente è stata ritenuta in capo allo Sterrantino la qualità
soggettiva richiesta dalla norma incriminatrice, non rilevando che egli, quale
consigliere comunale, non avesse specifici poteri per incidere sulla emissione dei
mandati di pagamento relativi allo stato di avanzamento dei lavori affidati alla
ditta del Cavallaro.
Va invero ribadito che, a differenza della ipotesi in cui la fattispecie
concussiva si realizzi attraverso un abuso di poteri, quando, il soggetto agente
abusi della sua qualità, il reato è integrato indipendentemente dalle competenze
specifiche riconducibili al soggetto attivo, atteso che la condotta si manifesta in
tal caso quale strumentalizzazione della posizione di preminenza del pubblico
ufficiale nei confronti del privato (ex plurimis, Sez. 6, n. 45034 del 09/07/2010,
Pentimalli, Rv. 249030; Sez. 6, n. 24272 del 24/04/2009, Convertino, Rv.
244365; Sez. 2, n. 1393 del 04/12/2007, dep. 2008, Cassiano, 239444).
Inoltre, con riferimento alla ipotesi dell’abuso di poteri, non è necessario che
l’atto intimidatorio rifletta la specifica competenza del soggetto attivo, ma è
sufficiente che la qualità soggettiva lo renda credibile e idoneo a costringere o
indurre il soggetto passivo alla prestazione richiesta (v. Sez. 6, n. 24272 del
24/04/2009, Convertino, Rv. 244364; Sez. 6, n. 23801 del 02/02/2004, Fanchin,
Rv. 229641); e nella specie è stato accertato che lo Sterrantino aveva esercitato
di fatto pressioni sull’ufficio di ragioneria per sbloccare i pagamenti a favore del
Cavallaro; e che anzi l’imputato era stato formalmente investito di un’attività di
collaborazione dall’assessore ai servizi cimiteriali Salvatore Vernaci, che lo
considerava sua “alter ego”, essendo del tutto irrilevante che, come dedotto dal
ricorrente, tale delega di poteri fosse da considerarsi illegittima.

6. E’ integrata nella concreta fattispecie l’ipotesi di cui all’art. 317 cod. pen.
nella nuova formulazione introdotta dalla legge n. 190 del 2012, sussistendo
continuità normativa con la precedente fattispecie contemplata dal medesimo

c9 i

Corte di appello di non esercitare i suoi poteri officiosi al riguardo.

articolo (v. tra le altre Sez. 6n. 3251 del 03/12/2012, dep. 2013, Roscia, Rv.
253935).
Che si tratti di condotta costrittiva e non meramente induttiva (ricadente
quest’ultima nella nuova fattispecie di cui all’art.

319-quater, cod. pen., pur

essendo anche questa, peraltro in linea di continuità normativa con la condotta
induttiva nel previgente art. 317 cod. pen.) è risolutivamente ricavabile
dall’intervento nell’azione concussiva di Camillo Brancato, giudicato
separatamente, che, in ausilio alle pretese illegittime dello Sterrantino, si

pagamenti in ambito cimiteriale erano gestiti da essa; episodio che fu decisivo,
nella ineccepibile valutazione dei giudici di merito, per convincere il Cavallaro al
pagamento della tangente.

7. Sussiste all’evidenza, stanti le conclusioni in punto di fatto cui sono
pervenuti i giudici di merito, l’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991,
quanto meno sotto il profilo dell’uso di un metodo mafioso.

8. Il motivo relativo alla configurabilità del tentativo e quello del mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche sono, da un lato, manifestamente
infondati, dall’altro privi dei necessari requisiti di specificità.

9. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 09/01/2014.

presentò come esponente di una nota famiglia mafiosa, precisando che tutti i

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