Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11740 del 18/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11740 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VATA EDMOND N. IL 17/03/1979
avverso la sentenza n. 5007/2012 GIP TRIBUNALE di PADOVA, del
10/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 18/12/2013

Ritenuto in fatto.
Con sentenza del 10 aprile 2013, il Gup del Tribunale di Padova, sull’accordo delle parti,
ha applicato, ex art. 444 cod. proc. pen., a Vata Edmond -imputato di concorso in furto
aggravato continuato, tentato furto e ricettazione-, ritenuta la continuazione tra i reati, con la
diminuente del rito, la pena di due anni, sette mesi di reclusione e 1.000,00 euro di multa.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, che denuncia il vizio di
motivazione, in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 del
codice penale.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non solo perché tende a rimettere in
discussione i termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del
patteggiamento (ciò che, come ripetutamente ha affermato questa Corte, non è consentito a
nessuna delle parti, salvo i casi di palese violazione di legge), ma anche perché non tiene in
alcun conto il fatto che al giudice del merito, nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non
spettano particolari obblighi di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi
dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la
corretta qualificazione degli stessi, la congruità della pena concordata e l’eventuale presenza
di cause di non punibilità che impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha regolarmente atteso quel giudice, che ha puntualmente esaminato
anche il tema della sanzione da applicare, ritenuta quella concordata congrua ed adeguata alla
gravità dei fatti contestati. In tale contesto, del tutto improponibile si presenta la doglianza
relativa alla mancata concessione di un’attenuante che, rimasta estranea all’accordo,
giustamente non è stata neanche presa in considerazione dal giudice.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2013.

Considerato in diritto.

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