Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1167 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1167 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Barba«, Ersilia, nata a Brindisi il 7«1.74
indagata art. 11 d.lgs 74/00

avverso la ordinanza del Tribunale per il Riesame di S. Maria C. V.

del 7.2.12

Sentita, in udienza, la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Tindari Bagione, che ha chiesto il rigetto del
ricorso ;
Sentito il difensore
dell’indagata avv. Giuseppe Stellato„ che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Il Tribunale, con l’ordinanza qui
impugnata, ha respinto la richiesta di riesame avanzata dall’odierna ricorrente.
Ella è accusata di violazione dell’art 11 d.lgs 74/00 per avere, quale rappresentante
legale della DCS (Divisione cantieri Stradali S.r./.), posto in essere, in concorso con brio, della

Data Udienza: 04/12/2012

Giuseppe brio Group, una cessione simulata di beni e valori al fine di sottrarre i beni

aziendali alla garanzia patrimoniale del debito tributario.
Per tale ragione, il G.i.p. ha disposto un sequestro preventivo di beni ovvero somme
per equivalente, che il Tribunale ha, appunto, confermato.
2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, l’indagata ha proposto ricorso, tramite il

1) violazione di legge e difettg di motivazione in quanto mancherebbero tanto il
fumus che le esigenze preventive. Dal momento che la fattispecie qui ipotizzata configura un
reato di pericolo (per rafforzare la tutela delle ragioni del Fisco nei confronti del privato) la condotta
dell’agente va valutata con giudizio ex ante, ma a tale stregua, sin dal momento della sua
formazione, l’atto di cessione non avrebbe potuto realizzare gli effetti criminosi ipotizzati
perché, ai sensi dell’art. 14 d.lgs 472/07, quella cessione non avrebbe potuto essere opponibile
al Fisco perché la cessionaria risultava, ex lege, obbligata per tutti i debiti tributari della
cedente che fossero risultati, non dalle scritture contabili, bensì dagli atti dell’accertatore.
Tra l’altro, obietta la ricorrente, l’atto di cessione non aveva affatto le caratteristiche
della simulazione perché la riorganizzazione del gruppo brio, con cessione delle quote a favore
della Barbato, risale ad epoca antecedente l’inizio della verifica fiscale;

2) violazione di legge e vizio di motivazigne in relazione all’art. 322 ter c.p.;
visto che il sequestro è stato disposto anche per equivalente esso può riferirsi solo al prezzo e
non anche al profitto (S.U. 6.10.09, Caruso, n. 38691).
La ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione – Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
3.1. La doglianza svolta nel primo motivo riecheggia argomenti che sono stati
portati all’attenzione del Tribunale per il Riesame che vi ha replicato in modo adeguato, logico
e conforme al dettato normativo.
Osserva, infatti, il Tribunale che la tesi difensiva – secondo cui la condotta posta in essere
dall’indagata non avrebbe potuto dar vita ad alcun concreto pericolo di sottrazione del dovuto all’Erario — è
smentita dalla considerazione che il reato qui contestato non è di danno ma si realizza con la
semplice idoneità della condotta a rendere inefficace (anche parzialmente) la procedura di
riscossione da parte del Fisco. Tale idoneità – ricorda il Tribunale anche attraverso una
decisione di legittimità (sez. III, 22.4.09, Baldini, n. 25147; Sez. III, 9.4.08, Ghlglia, n. 14720) – va, quindi,

“valutata nei confronti del cedente mentre la possibilità di rivalersi sul cessionario non incide
sulla rilevanza penale della condotta tenuta dal cedente».

Ferma restando, quindi, la potenziale dannosità della cessione simulata posta in essere
dalla Barbato, si deve qui sottolineare anche la erroneità dell’argomento (qui speso dalla ricorrente)
che, ex art. 14 d.lgs 472/07, la cessione non sarebbe stata opponibile.
Ciò è solo parzialmente esatto visto che il comma 1 della norma in questione circoscrive
tale inopponibilità solo all’anno in cui è avvenuta la cessione.
Resta da osservare che sfiorano la inammissibilità le ulteriori considerazioni della
ricorrente volte a negare la natura di simulazione alla cessione fatta nonché tese a sostenere
che si sarebbe trattato di riorganizzazione risalente nel tempo e, come tale, non sospettabile di
essere stata realizzata per fini di evasione fiscale.
L’assunto, oltre a cercare di coinvolgere questa S.C. in una indagine di fatto che non le
compete e non è consentita (non essendo prevista una visione degli atti di indagine e delle informative di p.g.),
è, comunque, smentito nella stessa ordinanza ove si sottolinea come la vicenda sia stata
ricostruita in maniera estremamente analitica nella informativa della Guardia di Finanza
«attraverso l’analisi dei trasferimenti di beni e valori dalla Giuseppe Iorio Group S.r.l. alla
Divisione Cantieri Stradali ed alla Tec.mo Edilizia S.r.l. effettuata a distanza temporale

2

difensore, deducendo:

estreoamente ravvicinata al predetto accertamento e legata con ogni evidenza
all’avanzamento delle procedure fiscali e tributarie conseguenti allo stesso».

E’ destituito di fondamento anche ciò che la ricorrente sostiene nel secondQ

Come affermato già anche in sede di legittimità, infatti, (Sez. III, 7.7.10, Bellonzi, Rv. 248618),
l’integrale rinvio alle “disposizioni di cui all’articolo 322-ter del codice penale”, contenuto
nell’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, consente di affermare che, con riferimento
ai reati tributari, trova applicazione non solo il primo ma anche il secondo comma della norma
codicistica. Conseguentemente, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca “per
equivalente”, può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato.
Il principio è stato ribadito anche in altra occasione (sez. III, 2.12.11, Galiffo, Rv. 251893) in cui è stato
puntualizzato che il sequestro preventivo di cui si discute può avere ad oggetto anche
l’ammontare dell’imposta evasa, «in quanto quest’ultima costituisce un indubbio vantaggio
patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, come tale, riconducibile alla
nozione di “profitto” del reato in questione».

Nessun dubbio ricorre quindi, anche nel caso in esame, circa la legittima apprensione
delle somme equivalenti al valore degli immobili la cui cessione era stata trattata dalla
ricorrente e che sono oggetto del sequestro impugnato.
Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 4 dicembre 2012
Il Ffresidente

3.2.

motivo.

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