Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1166 del 02/12/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1166 Anno 2016
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LUPPINO GIUSEPPE, nato a Sant’Eufemia di Aspromonte il 22.6.1965

avverso l’ordinanza del 15.9.2015 del Tribunale del Riesame di Catanzaro

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur a tore generale dott.
Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 02/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza del 15.9.2015, il Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava
l’appello proposto ex art. 310 cod. proc. pen. dalla difesa dell’indagato LUPPINO
GIUSEPPE avverso l’ordinanza, con la quale era stata rigetta l’istanza di
sostituzione della custodia cautelare in carcere, resa il 9.5.2015 dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari.
Nei confronti di Luppino Giuseppe era stata elevata l’imputazione cautelare di

17 D.p.r. 309/90, illecitamente trasportava e deteneva ai fini di cessioni a terzi
sostanza stupefacente del tipo eroina per complessivi Kg 5,100, sostanza
stupefacente che per tempo, modo e luogo non appariva destinata all’uso
esclusivamente personale. In Roseto Capo Spulico il 13.12.2014.

2. Avverso l’ordinanza del Tribunale propone ricorso per cassazione la difesa
dell’indagato, articolando un unico motivo:
Violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 275 bis e
299 cod. proc. pen.
La difesa lamenta che il Giudice dell’appello, nel ritenere non suscettibile di
sostituzione la misura cautelare della custodia in carcere, aveva offerto una
motivazione apparente e basata su argomentazioni congetturali.
Deduce, in particolare, che il Tribunale aveva desunto la sussistenza del
pericolo di commissione di condotte recidivanti dalla valutazione della non
occasionalità della condotta, dimostrata dal quantitativo significativo della
sostanza stupefacente (5 chilogrammi suddivisi in dieci panetti del peso di grica
gr. 500 ciascuno) e dalla presenza di una telecamera installata sul paraurti
anteriore della autovettura sulla quale veniva trasportata la sostanza
stupefacente. Tale ultimo elemento, invece, risultava errato perché dal contenuto
della ordinanza di convalida dell’arresto emergeva come la telecamera in questione
non risultasse collegata ad alcun monitor e, quindi, non fosse funzionante.
Inoltre, con riferimento alla personalità del Luppino, il Tribunale aveva
rimarcato i suoi precedenti specifici, senza considerare che essi afferivano a
condotte delittuose poste in essere intorno all’anno 2000.
Argomenta, poi, che il Tribunale aveva offerto una motivazione apparente in
ordine alla esclusione della applicabilità della misura degli arresti domiciliari con
l’ausilio degli strumenti di controllo di cui all’art. 275 bis cod. proc. pen., senza
tener conto del luogo di arresto (Sant’Eufemia d’Aspromonte), molto lontano da
quello in cui aveva avuto inizio la condotta delittuosa (Torino), e dello stato di
prolungata ed ininterrotta detenzione carceraria.
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cui all’art. 73 comma 1 D.p.r. 309/90 perché, senza l’autorizzazione di cui all’art.

Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
La difesa ha, poi, depositato in data 27.11.2015 memoria difensiva, nella
quale ha ulteriormente argomentato in merito ai motivi proposti e concluso come
da ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo di ricorso è manifestamente infondato.

avverso i provvedimenti relativi all’applicazione di misure cautelari personali è
ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero
la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della
logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che
riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero si risolvono in una diversa valutazione
delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008,
Pagliaro, Rv. 241997; Sez.6, n. 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178).
Ciò vale certamente per l’individuazione dei limiti del sindacato di legittimità
rispetto al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, che è censurabile in
questa sede soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme o nella
mancanza o manifesta illogicità della motivazione, rilevabili dal testo del
provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 795 del 06/02/1996, Di Donato,
Rv.204014).
Rigorosamente entro tale perimetro, pertanto, possono essere esaminate le
doglianze del ricorrente, come innanzi indicate, alla luce del contenuto
dell’ordinanza impugnata con la quale il Tribunale, per quel che attiene alla
valutazione delle esigenze cautelari, ha ritenuto attuali le esigenze di cui all’art.
274 c.p.p., lett. c) ed ha ritenuto inadeguata la misura degli arresti domiciliari.
Va, poi, osservato che, in tema di impugnazioni nei confronti di provvedimenti
in materia di libertà personale, il giudice di appello, quale giudice del merito, può,
nell’ambito dei devolutum, come avvenuto nella specie, integrare la motivazione
del provvedimento impugnato, senza annullare il provvedimento stesso per tale
vizio (cfr. Sez.1, Sentenza n. 27677, dep.07/07/2009, Rv. 244718, Cass. 6^ 3
marzo 2000, Galluccio, RV 215849; Cass. 3A 3 agosto 1999, Valenza, RV 216558;
Cass. 5^ 6 maggio 1999, Lezzi, RV 213766).
3. Il provvedimento impugnato è esente da vizi di motivazione in ordine alla
valutazione della permanenza delle esigenze cautelari e, cioè, del pericolo di
reiterazione criminosa.
Il Tribunale non si è limitato ad evocare la gravità del titolo di reato nè la sola
personalità dell’indagato (gravato da precedenti specifici), ma ha espressamente

3

2. È opportuno muovere dal principio secondo il quale il ricorso per cassazione

richiamato la significativa capacità a delinquere testimoniata dalle modalità del
fatto e dal carattere di non occasionalità della condotta (trasporto quale corriere
di circa 5 Kg di eroina, utilizzando autovettura, dichiarata in suo uso esclusivo, con
telecamera installata nel paraurti anteriore, e successiva cessione della sostanza,
indici dell’inserimento del prevenuto in un più vasto circuito criminogeno dedito a
tale illecito traffico).
Tale valutazione è conforme ai principi da tempo affermati da questa Corte
(Sez. 5, n. 35265 del 12/03/2013)- secondo cui in tema di esigenza cautelare

274 c.p.p., lett. c), la pericolosità sociale dell’indagato deve risultare
congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua
personalità- nonché al disposto dell’art. 274 lett c) come modificato dalla legge 16
aprile 2015 n. 47.
Il Tribunale, in particolare, ha dato adeguato rilievo alla presenza di una
telecamera installata nel paraurti anteriore dell’auto collegata all’abitacolo,
considerata circostanza espressiva del carattere non occasionale della condotta di
corriere.
Tale valutazione è corretta.
Infatti, detta modalità dell’azione evidenzia come il Luppino avesse dotato
l’autovettura utilizzata per la sua attività criminosa con una strumentazione
stabile, finalizzata al monitoraggio dell’ambiente esterno, in questo modo
obiettívizzando l’intenzione di reiterare nel tempo la condotta criminosa, con la
creazione di un ggettivo pericolo di recidiva.
Non è rilevante, di contro, la contestazione della difesa in ordine alla
circostanza che la telecamera installata non fosse collegata ad un monitor e che,
quindi, non fosse funzionante.
Ciò che importa, infatti, ai fini della valutazione del pericolo di recidivanza, è
che l’autovettura fosse, comunque, dotata di una installazione permanente ed
idonea alla funzione di monitoraggio dell’ambiente esterno, tale da poter essere
resa concretamente funzionante in ogni momento.
Pertanto, può essere affermato il seguente principio di diritto: costituisce
concreto e specifico elemento fattuale, idoneo a comprovare il pericolo di
recidivanza, la circostanza che l’autore del fatto doti l’autovettura utilizzata per il
trasporto di sostanza stupefacente di una telecamera che consenta il monitoraggio
dell’ambiente esterno, rimanendo irrilevante la momentanea disattivazione di

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i )s-sibile in ogni momento il ripristino della sua funzionalità.
Neppure è fondata la censura relativa alla mancata considerazione da parte
del Tribunale che i precedenti specifici del Luppino afferivano a condotte delittuose
poste in essere nell’anno 2000.
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costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’art.

Il Tribunale, infatti, correttamente ha dato rilievo unitario ai precedenti penali
( gravi e specifici), e tale valutazione è conforme ai principi da tempo affermati da
questa Corte, secondo cui ai fini della valutazione della pericolosità sociale e della
formulazione della necessaria prognosi il giudice deve tenere conto sia delle
specifiche modalità e delle circostanze del fatto che porre particolare attenzione ai
dati riguardanti i precedenti penali del soggetto, stante l’alta significanza, a tale
fine, della recidiva nel reato ( Sez.5, Sentenza n. 21441, dep. 22/05/2009,
Rv.243887 Cass., Sez. 4″ penale, 26 marzo 2003 – 12 giugno 2003, n. 25421,

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Il Tribunale, inoltre, ha tenuto conto e confutato tutti gli elementi evidenziati
dalla difesa a fondamento dell’appello (tempo decorso dall’applicazione della
misura cautelare, matrimonio dell’indagato), che ha ritenuto inidonei a dimostrare
l’affievolimento delle esigenze cautelari.
In particolare, il Tribunale ha argomentato che: appare neutra la circostanza
del matrimonio dell’indagato e non rilevante per ritenere affievolite le esigenze
cautelari; non assume, di per sé solo, valenza significativa il mero decorso del
tempo dall’inizio della applicazione della misura.
Trattasi di motivazione adeguata e immune da vizi logici ed in linea con i
principi affermati da questa Suprema Corte in subiecta materia.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte, infatti, il
principio secondo il quale, in tema di misure cautelari personali, l’attenuazione o
l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal solo decorso del
tempo di esecuzione della misura o dall’osservanza puntuale delle relative
prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in
ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento
cautelare (Sez. 2 n. 1858, dep.17/01/2014 Rv.258191, Sez. 5, ordinanza n.
16425, dep.27/04/2010, Rv.246868, Sez.2,n. 39785 dep. 26/10/2007,
Rv.238763).
4. Il provvedimento impugnato è esente da vizi di motivazione anche in ordine
alla specificazione delle ragioni ostative alla sostituzione della misura cautelare
della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari con le procedure di
controllo di cui all’art. 275 bis comma 1 cod. proc. pen
Il Tribunale ha congruamente motivato in merito alla sussistenza delle ragioni
ostative all’adozione di misure meno afflittive della custodia cautelare in carcere,
argomentà,b* specificamente, anche in relazione alla inadeguatezza della misura
degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’art. 275-bis, comma
1 cod. proc. pen,.

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CED 225600 Cass., Sez. 1″ penale, 1 agosto 1995 – 8 agosto 1995, n. 4310, CED

Sul punto, viene specificato che non si ravvisano concreti e sicuri elementi
sintomatici di un mutamento dell’iniziale quadro cautelare e che,
conseguentemente, non può formularsi in capo al prevenuto una prognosi positiva
circa l’osservanza delle prescrizioni connesse alla esecuzione della misura gradata
richiesta.
Tale motivazione è esente da vizi logici e si sottrae al sindacato di legittimità.
Le censure che il ricorrente svolge, inoltre, si rivelano orientate verso un non
consentito scrutinio del merito della valutazione effettuata dal Tribunale e sono,

Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non
ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della parte ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa
al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94 comma 1
ter Disp. Att. c.p.p.
Così deciso il 2/12/2015

pertanto, inammissibili.

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