Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11645 del 18/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11645 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BRAINI LIVIA N. IL 15/02/1973
avverso la sentenza n. 150/2010 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
08/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 18/12/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Braini Livia avverso la sentenza
emessa in data 8.5.2012 dalla Corte di Appello di Trieste che confermava quella in
data 22.10.2009 del Giudice monocratico del G.u.p. del Tribunale di Trieste, con la
quale‘predettera stato,riconosciuts_colpevole del reato di cui all’art. 590 commi 10
e 2° c.p. e condannata alla pena condizionalmente sospesa di mesi uno di reclusione
oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita.
Assume che l’imputata, nell’atto di reagire all’offesa ingiusta che le stava arrecando la

all’art. 52 c.p.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse non consentite nella presente
sede di legittimità ed aspecifiche.
E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in
questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da
vizi ed assolutamente plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Peraltro si tratta di censure in fatto, come tali non ammesse in questa sede: infatti il
giudizio di cassazione rimane giudizio di legittimità e non si riduce ad ennesimo
giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte
di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una
rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti
riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.

2

Portuese, avesse contenuto la sua azione difensiva nei limiti della scriminante di cui

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così eciso in Roma il 18.12.2013

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