Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11619 del 18/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11619 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FESTA JESSICA N. IL 29/07/1974
MIRI ABDERAZAK N. IL 29/10/1968
avverso la sentenza n. 903/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
22/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 18/12/2013

Osserva
Ricorrono per cassazione, tramite il comune difensore di fiducia, Festa Jessica e Miri
Abderazak avverso la sentenza emessa in data 22.6.2012 dalla Corte di Appello di Brescia
che confermava quella in data 14.2.2012 del Tribunale di Bergamo in composizione
monocratica, con la quale, i predetti erano stati riconosciuti colpevoli del reato di tentato
furto aggravato in concorso, e condannati alle rispettive pene di giustizia (di mesi 8 di
reclusione ed C 100,00 di multa per la Festa e di mesi dieci di reclusione ed C 167,00 di
multa per l’Abderazak).

determinata ai sensi dell’art. 56 c.p. ed in relazione alla revoca della sospensione
condizionale della pena disposta per la Festa.
I ricorsi sono inammissibili essendo le censure mosse non consentite nella presente sede
(particolarmente, la seconda) e manifestamente infondate (particolarmente, la prim9.
Corretta ed esaustiva è la motivazione addotta a sostegno sia della misura della pena
irrogata sia dell’impossibilità di escludere la revoca della sospensione condizionale della
pena disposta in una precedente occasione per la Festa, attesa la reiterazione della
condotta delittuosa a breve distanza di tempo dalla precedente condanna: né è possibile
in questa sede proporre censure di mero fatto o reintrodurre valutazioni delle
dichiarazioni rese dall’imputata essendo queste rimesse all’esclusiva competenza del
giudice di merito.
Invero, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti
generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la
dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la
giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen.
Sez. VI 22.9.2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua”
v. Cass. pen. Sez. VI 4.8.1998 n. 9120 rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando
siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. pen. Sez. III 16.6. 2004 n.

Entrambi deducono la violazione di legge in ordine alla misura della pena come

26908 rv. 229298).
Peraltro, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, con la
enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati
nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione: tale
valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica esposizione
dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez. II, 19.3.2008 n.
12749 Rv. 239754).
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene

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m

equo liquidare per ciascuno in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso in Roma il 18.12.2013

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