Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11613 del 18/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11613 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ROBERT ANGIE N. IL 21/08/1982
VINOTTI SILVANA N. IL 06/02/1964
MASTINI SOLIDEA ANGELICA N. IL 23/01/1973
avverso la sentenza n. 2545/2011 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di LUCCA, del 03/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 18/12/2013

a,

Fatto e diritto

ROBERT Angie, VINOTTI Silvana e MASTINI Solidea Angelica ricorrono per cassazione con
distinti ricorsi contro la sentenza di applicazione concordata della pena in epigrafe indicata, per
plurimi episodi di furto aggravato.

La prima e la seconda lamentano l’omessa concessione delle attenuanti generiche.

carenza di motivazione della sentenza in ordine all’insussistenza di una delle “cause di non
punibilità” di cui all’articolo 129 c.p.p ed alla congruità della pena. Con il secondo, sottoscritto
dall’avv.Umberto Prisco, lamenta la violazione dell’art. 129 c.p. sul rilievo dell’errata
valutazione da parte del giudicante del quadro probatorio.

I ricorsi sono manifestamente infondati.

Con riferimento ai ricorsi proposti dalla Robert e dalla Vinotti, va rilevato che non vi è stato,
invero, alcun diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ma
semplicemente l’applicazione della pena nella misura richiesta dalle parti.
Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo
accettato.
La pena – come si è detto – è stata applicata nella misura richiesta e la valutazione in ordine
alla congruità della medesima risulta effettuata.
Resta, pertanto, preclusa ogni successiva doglianza al riguardo.

I ricorsi proposti dalla Mastino,

per la comunanza della questione afferente l’omessa

applicazione dell’art. 129 c.p.p meritano trattazione congiunta.
Le censure proposte sono manifestamente infondate.

La Mastini, propone due ricorsi. Con il primo, sottoscritto dall’avv.Francesco Virgone, deduce

Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre
1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della
pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora
il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi
positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta
sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo
129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui
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dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione
di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai
sensi della disposizione citata.
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice decide,
invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se sussistano le anzidette

atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo, proporre
questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza precisare per quali
specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio.

Anche il secondo motivo, afferente il trattamento sanzionatorio, è manifestamente infondato.
Sul punto, è opportuno ricordare che nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia
ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in sede di legittimità, questioni
con riferimento – non solo, alla sua attribuzione soggettiva, alla sussistenza ed alla
qualificazione giuridica del fatto, alla applicazione e comparazione delle circostanze – ma
anche alla entità e modalità di applicazione della pena, a ità e mo a ita di applicazione
del a pen4salvo che non si versi in ipotesi di pena illegale) (ex pluribus, Sezione VII, 21
dicembre 2009, El Hanana). Ciò che qui deve escludersi.

Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuna a quello della somma di euro 1.500,00 (millecinquecento) a titolo di
sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero,

Per questi motivi

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuna a quello della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli

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