Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11598 del 18/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11598 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SARPA GIUSEPPE N. IL 18/03/1963
avverso la sentenza n. 665/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
28/09/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 18/12/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Sarpa Giuseppe avverso la sentenza
emessa in data 28.9.2011 dalla Corte di Appello di Firenze che in parziale riforma di
quella in data 23.2.2009 del Tribunale di Pistoia, Sezione distaccata di Monsummano
Terme, lo assolveva dal reato di cui al capo A) e rideterminava la pena per il residuo reato
sub B) (di tentato furto aggravato), con attenuanti generiche equivalenti, in mesi 8 di
reclusione ed C 100,00 di multa.
Deduce la violazione di legge in relazione alla commisurazione della pena e alla mancata

Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata.
La Corte ha fornito esaustiva motivazione in ordine all’entità della pena richiamando la
nutrita recidiva specifica dell’imputato.
Invero, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti
generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la
dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la
giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen.
Sez. VI 22.9.2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua”
v. Cass. pen. Sez. VI 4.8.1998 n. 9120 rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando
siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. pen. Sez. III 16.6. 2004 n.
26908 rv. 229298). Peraltro, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice
del merito, con la enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più)
dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della
motivazione: tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula
un’analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass.
pen. Sez. II, 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.

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