Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1159 del 14/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1159 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) FRANGIONE GIULIO N. IL 24/10/1935
avverso la sentenza n. 726/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 25/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. I ba,u,L1.1s3
che ha concluso per .2.0a.2

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 14/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 25.10.2011 la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia
del Tribunale di Paola che – per quanto qui ancora interessa – aveva ritenuto Frangione Giulio
colpevole della violazione dell’art. 44 comma 1 lett. C del DPR 380/01, dell’art. 181 comma 1
D.L.G.S. 42/2004 punito dall’art. 44 comma 1, lett. C del DPR 380/01 e dell’art. 95 DPR
380/2001 (con riferimento alla realizzazione, in Amantea, di un terrazzino in muratura, di una

continuazione, con le attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi 2 e giorni 15
di arresto ed C. 12.000,00 di ammenda.
L Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione con
tre motivi, denunciando l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 22 punto 3 del DPR
380/01 limitatamente all’imputazione dei cui al capo A, la mancata rinnovazione d’ufficio
dell’istruttoria dibattimentale, ex art. 603 terzo comma cpp e infine l’illogicità e mancanza della
motivazione ex art. 606 primo comma lett. e cpp.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo si deduce la violazione della norma di cui all’art. 22 punto 3 del DPR
n. 380/01 trattandosi di opere di ristrutturazione che non necessitavano di permesso di
costruire, bensì di semplice DIA, non risultando dimostrata la realizzazione di ulteriori opere.
La censura è inammissibile per manifesta infondatezza.
Il giudice di merito ha riscontrato che Cera stato ehulto un ampliamento dei terrazzino,
la trasformazione della finestra in vano porta e la realizzazione di una tettoia ancorata al suolo
e realizzata in aderenza al fabbricato, interventi che, come emerso dall’istruttoria
dibattimentale e precisamente dalle dichiarazioni del teste Curcio, geometra delrufficio tecnico
comunale, avevano determinato una modifica sostanziale dell’assetto dell’edificio. Trattasi di
apprezzamento in fatto succintamente, ma logicamente motivato e come tale insindacabile.
La censura- che propone una diversa lettura delle deposizioni dei testi-si risolve in una
non consentita richiesta di rivalutazione delle risultanze processuali.
2- Inammissibile per manifesta infondatezza è la seconda censura riguardante la mancata
rinnovazione d’ufficio dell’Istruttoria dibattimentale rilevandosi che le lacune probatorie
segnalate col primo motivo di ricorso (circa appunto la natura delle opere eseguite) non
consentivaggiudici di decidere allo stato degli atti.
La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale è disposta d’ufficio se il giudice la ritiene
assolutamente necessaria (art. 603 comma 3 cpp): nel caso di specie, come

emerge

chiaramente dal testo della decisione impugnata, il giudice ha ritenuto di decidere allo stato
degli atti, escludendo automaticamente di trovarsi nelle condizioni di cui sopra.
Non avendo l’imputato dedotto la violazione dell’ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 603 (e
non risultando peraltro mai formulato nell’atto di appello una richiesta di riassunzione di prove

tettoia e alla trasformazione di una finestra in vano porta) e unificati i reati col vincolo della

acquisite o di nuove prove, come si evince dai motivi di appello richiamati nella sentenza
impugnata), oggi nessuna doglianza può proporre.
3. Il terzo ed ultimo motivo (riguardante il vizio di motivazione sulla data di ultimazione
dei lavori ai fini della decorrenza del termine di prescrizione) merita la stessa sorte dei
precedenti per la manifesta infondatezza che lo connota.
Il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza
strutturale della decisione di cui Si saggia •la oggettiva tenuta sotto il profilo logico

decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei
fatti (tra le varie, cfr. eass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; CaSs. 6.6.06 n. 23528).
L’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere
evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di
legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le
minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché
siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni dei convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza
n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cessazione Sezioni Unite

n. 24/1999,

24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Il giudice di merito ha dato conto attraverso un percorso logicamente ineccepibile delle

ragioni per cui ha escluso l’ultimazione delle opere in epoca anteriore alla data
dell’accertamento avvenuto il 27.1.2007, richiamando la denunzia di tale reale Giuseppina e
l’ininfluenza della deposizione del teste Bazzarelli, perché relativa ai manufatto in relazione al
quale è intervenuto il proscioglimento dell’imputato: pertanto, una tale valutazione non può
essere riesaminata in questa sede, se non a rischio di operare una nuova lettura degli elementi
del processo sulla base di nuovi parametri di valutazione.
L’inammissibilità del ricorso per cessazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi
non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibtlità a norma dell’art. 129 c.p.p. (cass.
sez. 3, Sentenza n. 42839 del 08/10/2009 Ud. dep. 10/11/2009; cass. Sez. 4, Sentenza n.
18641 del 20/01/2004 Ud. dep. 22/04/2004; sez. un., Sentenza n. 32 del 22/11/2000 Cc.
(dep. 21/12/2000): pertanto, la questione della prescrizione del reato non può essere
affrontata.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi
dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.

argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della

dichiara inammissibile Il ricorso e condanna Il ricorrente ai pagamento delle spese processuali e
della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 14.11.2012.

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