Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11560 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11560 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
BGHA Adil, nato in Marocco il 6/8/1988
avverso la sentenza del 13/7/2013 del Tribunale di Torino, che ha applicato la
pena di dieci mesi di reclusione e 2.400,00 euro di multa in relazione al reato
continuato previsto dagli artt.81 e 337 cod. pen. e 73, comma 5, del d.P.R. 9
ottobre 1990, n.309, commesso il giorno 11 luglio 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Nicola
Lettieri, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Tratto a giudizio con rito direttissimo per rispondere dei reati ex artt.73
del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 e 337 cod. pen., il sig. Bgha ha richiesto
l’applicazione della pena ex art.444 cod. proc. pen. e ottenuto il consenso del
Pubblico ministero.
2.

Con sentenza del 13/7/2013 il Tribunale di Torino ha quindi applicato

all’imputato la pena di dieci mesi di reclusione e 2.400,00 euro di multa in
relazione al reato continuato previsto dagli artt.81 e 337 cod. pen. e 73, comma

Data Udienza: 13/02/2014

5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, commesso il giorno 11 luglio 2013, con
confisca delle cose in sequestro.
3. Avverso tale decisione il Difensore del sig. Bgha propone ricorso in sintesi
lamentando:
errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento all’entità
della pena.

1.

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati e devono essere

dichiarati inammissibili.
2.

I limiti che la giurisprudenza ha fissato circa l’interpretazione degli

artt.129 e 444 cod. proc. pen. e circa l’obbligo di motivazione del giudice sono
costanti a far data dalla decisione delle Sez.Un. Penali n.10732 del 27 settembre
1995, Serafino (rv 202270) e da quella delle Sez.Unite Penali, n.3 del 1999,
udienza 25 Novembre 1998, Messina (rv 212437).
3.

A tali consolidati principi consegue che le parti che hanno sottoscritto e

proposto l’accordo sull’applicazione della pena accolto dal giudice non sono
legittimate a mettere in discussione con successiva impugnazione i presupposti
dell’accordo medesimo (principio costantemente affermato fin dalla sentenza
della Sez.1, n.1549 del 1995, Sinfisi, rv 201160), con la conseguenza che il
controllo di legittimità in ordine alla sentenza di applicazione della pena può
avere ad oggetto la motivazione soltanto nel caso che dal provvedimento emerga
l’evidenza dell’esistenza di una delle condizioni indicate dall’art.129 c.p.p. (per
tutte, sentenza della Sez.3, Sezione n.2309 del 1999, Bonacchi, rv 215071) e
che il ricorrente adempia all’onere di fornire puntuale indicazione dell’errore
compiuto dal giudicante.
4. Posto che nel caso di specie la motivazione non appare meritevole di
censure, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere
per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in
data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere
che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.

2

CONSIDERATO IN DIRITTO

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento della somma di Euro 1.500,00 alla
Cassa delle ammende.

Così deciso il 13J2/2014

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