Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1156 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1156 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Ghizzoni Milla, nata a Busseto il 31/08/1944
avverso l’ordinanza emessa il 19/12/2012 dal Tribunale di Matera
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Pio Gaeta, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito per la ricorrente l’Avv. Vincenzo Comi, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento dell’ordinanza impugnata

RITENUTO IN FATTO
Il difensore di Milla Ghizzoni ricorre avverso l’ordinanza indicata in epigrafe,
adottata dal Tribunale di Matera ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., con la
quale risulta essere stata rigettata la richiesta di riesame concernente un decreto
di sequestro preventivo emesso il 29/11/2012 dal G.i.p. dello stesso Tribunale,
relativo a quote nominali del valore di 25.000,00 euro, di proprietà della stessa
Ghizzoni e di cui al capitale sociale della Dora Baltea Investimenti s.r.l.

Data Udienza: 05/04/2013

La difesa premette una ricostruzione dei fatti sottesa al provvedimento
impugnato, e ricorda in particolare che il sequestro de quo era stato disposto in
relazione ad addebiti di bancarotta impropria per distrazione e da infedeltà
patrimoniale, ascritti alla ricorrente quale procuratore generale ed institore della
Ghizzoni s.p.a. (dichiarata in stato di insolvenza nel luglio 2012); il sequestro
delle quote sopra ricordate troverebbe giustificazione, secondo l’ipotesi
accusatoria, nel rilievo che si tratterebbe di una parte del profitto dei reati
oggetto di indagini preliminari, assoggettabile a confisca ai sensi dell’art. 2641

Nell’interesse della Ghizzoni si deduce violazione dell’art. 325 del codice di
rito, in relazione al precedente art. 321 nonché alle norme sostanziali ex artt.
216, 223 legge fall. e 2634 cod. civ., rilevando l’insussistenza sia del fumus delle
ipotesi criminose richiamate, sia del periculum in mora a giustificazione del
sequestro delle quote anzidette.
Richiamata giurisprudenza di legittimità circa la necessaria ricavabilità, dalla
motivazione di un provvedimento di sequestro, di elementi di congruenza
dell’ipotesi di reato prospettata dal P.M. rispetto ai fatti cui si riferisce la misura,
la difesa segnala che l’ordinanza impugnata avrebbe sposato acriticamente le
tesi dell’accusa, a loro volta fondate su dati di incertezza, desunti dalla relazione
del commissario straordinario della Ghizzoni s.p.a.; in particolare, non sarebbe
condivisibile l’assunto secondo cui si sarebbe realizzato un depauperamento di
quest’ultima società. Vero è che la società in questione aveva ceduto alla Dora
Baltea Investimenti s.r.l. una opzione di acquisto del 50% di un complesso
immobiliare di proprietà della Novelis s.p.a., conservando l’obbligo di riassumere
i dipendenti della stessa Novelis, già in cassa integrazione, tuttavia si trattava di
soli 6 dipendenti, con equivalenza di prestazioni lavorative e remunerazioni,
mentre la Dora Baltea veniva a gravarsi dell’impegno di bonificare l’area, assai
oneroso.
Il difensore della ricorrente lamenta altresì l’insussistenza del periculum, che
viene ravvisato dai giudici di merito nella mera possibilità di una cessione a terzi
della partecipazione societaria intestata alla Ghizzoni, senza dunque alcuna
concretezza ed attualità.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è da ritenere inammissibile.
Come già evidenziato nella giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa
Corte, infatti, «il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di
sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale

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cod. civ.

nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia
quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo
posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti
minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Cass., Sez. U, n. 25932 del
29/05/2008, Ivanov, Rv 239692).
Alcune pronunce successive hanno offerto una interpretazione ancor più
restrittiva del quadro normativo vigente, rilevando che nel concetto di violazione

della motivazione (anche nel senso di mancanza o manifesta illogicità),
separatamente previsti come motivi di ricorso dalla successiva lett. e) (v. Cass.,
Sez. I, n. 40827 del 27/10/2010, Madio); di recente è stato comunque ribadita
l’ammissibilità del gravame avverso un’ordinanza la cui motivazione «sia del
tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per
rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice nel
provvedimento impugnato» (Cass., Sez. VI, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele,
Rv 254893).
E’ pertanto necessario valutare se nel caso di specie si possa discutere di
motivazione del tutto mancante o manifestamente illogica, e la risposta appare
ictu ()cui/ negativa, mentre appare evidente che le doglianze della difesa si
risolvono in censure afferenti il merito del provvedimento, sul presupposto infondato – che non potrebbe dirsi ravvisabile il fumus del reato ipotizzato, e che
non sarebbe stato adeguatamente illustrato l’ulteriore requisito del periculum in
mora.
Attraverso il richiamo di alcuni precedenti di legittimità, la difesa della
ricorrente ricorda che «il Tribunale del riesame, per espletare il ruolo di garanzia
dei diritti costituzionali che la legge gli demanda, non può avere riguardo solo
alla astratta configurabilità del reato, ma deve prendere in considerazione e
valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali, e quindi
non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le
confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla
configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato» (Cass., Sez.
III, n. 28221 del 05/04/2011, Musone); evidenzia altresì che il giudice del
riesame «deve tenere conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete
risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti
dalle parti, non occorrendo la sussistenza d’indizi di colpevolezza o la loro
gravità, ma solo elementi concreti conferenti nel senso della sussistenza del
reato ipotizzato», sicché «il requisito del fumus commissi delicti deve essere
verificato dal giudice non solo con riguardo alle risultanze processuali in base alle

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di legge ex art. 606 lett. b) e c) del codice di rito non potrebbero rientrare i vizi

quali vengono ritenuti esistenti il reato configurato e la conseguente possibilità di
sussumere la fattispecie concreta in quella astratta, ma anche con riferimento
agli elementi che, per consistenza e significato, consentano una ragionevole
delibazione, allo stato degli atti, di un concreto grado di probabilità logica e di
successo della prospettazione accusatoria» (Cass., Sez. I, n. 40648 del
17/06/2011, Totino).
Tuttavia, deve rilevarsi che nella vicenda in esame il Tribunale di Matera ha
adeguatamente segnalato su quali dati occorre fondare la verosimile sussistenza

all’esistenza di una “contabilità parallela” all’interno della Ghizzoni s.p.a.,
redatta su indicazione dei vertici aziendali e contenente i valori reali
occultati nelle scritture ufficiali, come esposto da uno degli impiegati al
commissario straordinario;
alla necessità di considerare discrepanze per decine di milioni di euro fra i
risultati di esercizio ed i valori del patrimonio netto di cui ai bilanci
depositati, rispetto alle perdite ed alla consistenza reali;
alla circostanza che, quanto all’operazione Dora Baltea – Novelis, la prima
società era subentrata quasi a costo zero nella opzione di acquisto già
formalizzata dalla Ghizzoni s.p.a., con oneri di bonifica che avrebbero
dovuto essere compensati dall’impegno ad assumere i dipendenti della
Novelis in esubero (impegno in realtà non gravante sulla Dora Baltea
Investimenti s.r.I., ma rimasto per la gran parte a carico della Ghizzoni
s.p.a.): a questo proposito, la difesa si limita ad allegare che si sarebbe
trattato di 6 dipendenti, senza confutare il dato contrario offerto
nell’ordinanza secondo cui i lavoratori da riassumere erano in realtà 14,
con costi quantificati in circa 400.000,00 euro;
– alla chiara valenza distrattiva della condotta, atteso che la corrispondente
quota del 25% della Dora Baltea Investimenti appartenente all’altro socio
Matteo Ghizzoni (sottoposto a indagini per gli stessi addebiti) risultava
essere stata ceduta per il corrispettivo di 2 milioni di euro, malgrado un
valore nominale di appena 25.000,00: si trattava perciò di un incremento
di valore corrispondente alla perdita prodottasi nel patrimonio della
Ghizzoni s.p.a., privato della prospettiva di acquisire l’area industriale già
di proprietà della Novelis.
In punto di periculum in mora, il richiamo alla già realizzata cessione di
quote di pari entità ad opera del coindagato, con la produzione di una ingente
plusvalenza, conferisce immediata concretezza alla prospettiva di una identica e
lucrosa condotta da parte della ricorrente.

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del reato oggetto di indagini preliminari, facendo riferimento:

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile
alla volontà della medesima (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 05/04/2013.

così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

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