Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11545 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11545 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MBENGUE ALSANE N. IL 20/02/1966
avverso la sentenza n. 604/2010 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
30/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. \I D
e e. yz.;
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che ha concluso per e if„…».9-nrt.‘,3 5 t

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 05/02/2014

33056/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 30 maggio 2013 la Corte d’appello di Cagliari, a seguito di appello
proposto da Mbengue Alsane avverso sentenza del 23 febbraio 2010 con cui il Tribunale di
Cagliari, all’esito del giudizio abbreviato, lo aveva condannato alla pena di sei mesi di
reclusione e C 2200 di multa per i reati di cui agli articoli 81 c.p., 171 ter I. 1941/633 (per
avere detenuto per venderli CD e DVD abusivamente duplicati: capo a) e 474 c.p. (per aver
detenuto per venderli prodotti di marca contraffatti: capo b), in parziale riforma, concedeva

2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo otto motivi. Il primo motivo denuncia
violazione degli articoli 441, comma 1, 443, comma 4, 598 e 599 c.p.p., nonché 1, 2,4, 24 e
111 Cost., con correlato vizio motivazionale, per non avere la corte territoriale consentito,
trattandosi di rito camerale, il rinvio dell’udienza per sciopero del difensore. Il secondo motivo
denuncia violazione degli articoli 438, comma 1, 441, comma 5, 192 e 194 c.p.p., ancora con
correlato vizio motivazionale: il giudice di primo grado, ex articolo 441, comma 5, c.p.p., ha
chiamato a testimoniare un verbalizzante, andando così oltre i limiti di detta norma e dando
adito pure ad una testimonianza che arreca dei giudizi. La testimonianza è dunque
inutilizzabile. Il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 171 ter I. 1941/633 in relazione
all’articolo 192 c.p.p. con correlato vizio motivazionale, per assenza di prova della
contraffazione, essendo insufficiente la mancanza del timbro Siae. Il quarto motivo denuncia
violazione dell’articolo 474 c.p. in relazione all’articolo 192 c.p.p. con correlato vizio
motivazionale, non sussistendo prova di volontà di vendere e della contraffazione della merce.
Il quinto motivo denuncia violazione di legge e vizio motivazionale rispetto all’articolo 54 c.p.,
erroneamente non applicato in forza di una motivazione illogica. Il sesto motivo denuncia
violazione degli articoli 125, 192 e 546, lettera e), c.p.p. nonchè vizio motivazionale ex articolo
606, comma 1, lettera e), c.p.p., essendo la sentenza manifestamente lacunosa rispetto alle
doglianze d’appello. Il settimo motivo denuncia vizio motivazionale ex articolo 606, comma 1,
lettera e), c.p.p., per apoditticità e incompletezza del ragionamento decisorio. L’ottavo motivo
denuncia violazione dell’articolo 62 n.4 c.p. perché non applicato, con correlato vizio
motivazionale ex articolo 606, comma 1, lettera e), c.p.p.
In data 3 febbraio 2014 il difensore dell’imputato ha depositato una memoria che insiste sul
primo motivo del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1 n primo motivo lamenta che all’udienza del 30 maggio 2013 il difensore dell’appellante,
cui era stato regolarmente comunicato il decreto di fissazione dell’udienza in camera di
consiglio, chiedeva preliminarmente il differimento dell’udienza intendendo aderire

all’imputato la sospensione condizionale della pena, confermando nel resto.

all’astensione dalle udienze indetta dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, istanza disattesa
dal giudice d’appello; il difensore allora si allontanava e il processo proseguiva. Confliggerebbe
con il diritto costituzionale di sciopero l’interpretazione adottata dalla corte territoriale.
La sentenza impugnata dà atto di quest’episodio processuale (motivazione, pagine 4-5)
evidenziando di avere ricordato al difensore come la giurisprudenza di legittimità a sezioni
unite e la stessa Corte Costituzionale insegnano che l’accelerazione del processo a seguito di
rito abbreviato deriva da una libera scelta dell’imputato, invitando pertanto il difensore a dare

celebrare il rito camerale in appello anche in assenza del difensore dell’imputato
legittimamente impedito, e precisamente Cass. sez. IV, 14 luglio 2008 n. 33392, per cui “al
procedimento camerale del giudizio abbreviato di appello non si applica l’art. 420-ter, comma
quinto, c.p.p., che impone il rinvio del procedimento in caso di impedimento del difensore”,
chiarendo poi l’arresto, in motivazione, che in tale udienza camerale la presenza delle parti è
facoltativa e solo per l’imputato è espressamente previsto, dall’art. 599, comma secondo,
c.p.p., che, ove abbia manifestato la volontà di presenziare alla udienza, questa deve essere
rinviata in caso di suo legittimo impedimento. Detta giurisprudenza trova conferma anche nelle
pronunce più recenti, concordi nell’individuare che solo per l’imputato rileva nell’udienza
camerale d’appello il legittimo impedimento nel senso che, se vuole presenziare, ex articolo
599, comma secondo, l’udienza deve essere rinviata (Cass. sez. I, 24 novembre 2011-22
febbraio 2012 n. 6907), laddove le altre parti devono essere sentite solo se compaiono e il loro
legittimo impedimento non giustifica il differimento dell’udienza, considerata anche la
fattispecie dell’astensione di categoria come ricorre nel caso in esame (specificamente
sull’astensione degli avvocati, sempre da ultimo Cass. sez. I, 20 dicembre 2012-5 febbraio
2013 e Cass. sez. VI, 19 febbraio 2009 n. 14396). La sentenza impugnata, poi, richiama le
sentenze 127/2003 e 175/1996 della Corte Costituzionale che rilevano la legittimità di una
varia modulazione da parte del legislatore del diritto di difesa in rapporto alla diversità dei riti,
non essendo il contraddittorio cartolare (osserva sempre la corte territoriale anche in
considerazione della CEDU) meno garantista di quello verbale. Non si può non condividere
questa precisa confutazione dell’eccezione praticata dalla corte territoriale, nessuna
consistente novità al riguardo essendo stata apportata nell’impugnazione, poiché il riferimento
al diritto costituzionale di sciopero non fa venir meno gli insegnamenti della giurisprudenza
appena richiamata, dal momento che il diritto di difesa dell’imputato – che è il parametro,
comunque, della questione – non risulta leso dalla trasmutazione in cartolare del
contraddittorio originata dall’adesione all’agitazione di categoria del suo difensore, il diritto allo
sciopero potendo tutt’al più assumere significanza nel rapporto civilistico tra mandante e
difensore.
3.2 n secondo motivo adduce, in sostanza, un’erronea applicazione dell’articolo 441, quinto
comma, c.p.p. da parte del primo giudice. Anche in questo caso la sentenza impugnata ha

corso al suo mandato. La corte territoriale ha poi richiamato giurisprudenza sulla possibilità di

affrontato la questione, qui riproposta, osservando che si è sviluppata un’ampia giurisprudenza
(pagine 5-6 della motivazione) e tra l’altro dando atto di una segnalazione di contrasto al
riguardo da parte del Massimario di questa Suprema Corte. A questo rilievo si è agganciato il
motivo, continuando a insistere nel senso del superamento del limite dell’integrazione
probatoria da parte del Tribunale. Invero, non è necessario indugiare sull’interpretazione
dell’articolo 441 c.p.p. (in ordine alla quale, si osserva per inciso, assai dettagliata e tuttora
valida è l’analisi svolta dalla corte territoriale) dal momento che la sentenza d’appello ha poi

evidenziato che le dichiarazioni del teste chiamato dal giudice, l’appuntato Ortu, non sono
affatto decisive perché le caratteristiche della merce che l’imputato aveva posto in vendita
“risultano con dovizia di particolari anche dal verbale di sequestro”, onde la testimonianza
potrebbe essere espunta “senza alcuna interferenza sul materiale probatorio già completo ed
inattaccabile” (motivazione, pagina 7). Il ricorrente censura anche questo aspetto, affermando
che comunque le prove non erano sufficienti a condannare l’imputato: ma questo rilievo non è
considerabile, in quanto puramente fattuale ed espressione di una lettura diversa degli esiti
probatori, come dimostra pure la successiva ampia trascrizione – atta ad una impugnazione di
merito – delle risultanze dell’esame testimoniale. L’inutilità concreta della testimonianza
assorbe altresì l’ulteriore doglianza della sua inutilizzabilità per avere, ad avviso del ricorrente,
il testimone esorbitato dalla sua funzione formulando giudizi personali.
3.3 Il terzo motivo, pur rubricato, oltre che come vizio motivazionale, anche come violazione
di legge, è a ben guardare un motivo di contenuto inammissibilmente fattuale, perché propone
una versione alternativa degli esiti probatori, per affermare che non vi sarebbe stata prova
della contraffazione di CD e DVD, in particolare non potendo essere tale prova integrata solo
dalla mancanza del marchio Siae. In realtà, come emerge chiaramente dalla sentenza
impugnata, la contraffazione non è stata dimostrata (solo) sulla base di questo (cfr. pagina 7
della motivazione, già sopra citata, laddove si afferma che la testimonianza dell’appuntato Ortu
è superflua perché le caratteristiche di contraffazione “risultano con dovizia di particolari anche
dal verbale di sequestro da cui si evince che i CD ed i DVD erano non solo e non tanto privi di

risolto la questione anche su un altro piano che deve definirsi assorbente, laddove ha

contrassegno Siae bensì palesemente contraffatti in quanto con supporto anonimo, non
originale, e persino con le locandine costituite da pezzi di carta fotocopiati”). Del tutto affine è
il quarto motivo, relativo all’ulteriore merce griffata che l’imputato aveva posto in vendita
contraffatta: il ricorrente afferma il difetto di prova sulla volontà di vendere e sulla
contraffazione, ponendosi dunque su un piano fattuale e perseguendo una cognizione di merito
in questa sede preclusa.
3.4 D quinto motivo lamenta la mancanza di applicazione dell’articolo 54 c.p., che la corte
territoriale avrebbe supportato con una motivazione illogica. La sentenza impugnata, peraltro,
è tutt’altro che illogica (motivazione, pagina 11) e il ricorrente la confuta adducendo elementi
fattuali sull’indigenza dell’imputato che non possono essere vagliati dal giudice di legittimità.

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3.5 Il sesto motivo imputa alla sentenza impugnata di essere dotata di una motivazione solo
apparente, consistente in una riproduzione non dichiarata di taluni passi della sentenza di
primo grado. Le stesse doglianze precedenti del ricorrente dimostrano che, invero, la sentenza
impugnata è dotata invece di una motivazione reale, peraltro anche pregevole per
completezza, approfondimento e coerenza complessiva.
3.6 Del tutto generico è il settimo motivo che si limita ad affermare che “la lacunosità e la
illogicità della motivazione” della sentenza impugnata è “ancora più evidente e grave,

ragionamento decisorio svolto per respingere doglianze”. L’unico elemento di specificità, che
peraltro rimane ad un livello insufficiente per potere dare consistenza al motivo, è
l’affermazione che nel caso in esame è mancato “qualsiasi accertamento tossicologico”: non si
comprende, peraltro, quale ingerenza una simile verifica avrebbe potuto avere nel

caso de

quo, considerata la natura dei reati indicati nei capi d’imputazione.
3.7 L’ottavo motivo si pone ancora su un piano fattuale: avendo la sentenza impugnata
o s rvato che l’applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 62 n.4 c.p. è impedita in ragione
lAtme Vi suppor i sequestrati, adduce che, “ai fini della concessione di detta attenuante, l’entità del
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danno deve essere valutata con riferimento al complessivo,ièconomico subito dalla persona

offesa”, che non sarebbe esistito e comunque non sarebbe stato provato. Anche questo
necessiterebbe un vaglio di merito precluso al giudice di legittimità.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 5 febbraio 2014

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

travolgendo l’intero provvedimento, ove si valutino la apoditticità e l’incompletezza del

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