Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11541 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11541 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CACOPARDO GAETANA N. IL 27/11/1945
avverso la sentenza n. 434/2010 CORTE APPELLO di MESSINA, del
06/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Piedi° _Po c oh tx O
che ha concluso per Z’ Ack”rytZmte ilryettsi- c
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Data Udienza: 30/01/2014

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RITENUTO IN FATTO
1.

La Corte di Appello di Messina, pronunciando nei confronti dell’ odierna

ricorrente CACOPARDO GAETANA, con sentenza del 6/2/2012 confermava la
sentenza del Tribunale di Messina sezione distaccata di Taormina, condannandola al pagamento delle ulteriori spese processuali, oltre al pagamento delle spese
di costituzione e difesa della parte civile.
Il Giudice di prime cure aveva assolto l’imputata per talune imputazioni di
cui all’art. 44 lett. b) Dpr ed aveva dichiarato la prescrizione per altri fatti ricon-

giorni 15 di arresto ed C 30.000,00 di ammenda, oltre spese processuali, con
pena sospesa, dichiarandola responsabile del reato di cui agli artt. 93, 94, 95
D.P.R. n.380/2001 (capo b) per avere eseguito, nella qualità di proprietaria e
committente, due muri di contenimento, diversi terrazzamenti e un cancello su
struttura portante di cemento armato, senza darne preventivo avviso all’Ufficio
Genio Civile di Messina, senza la preventiva autorizzazione e senza la presentazione dei previsti calcoli di stabilità e del reato di cui all’art. 181 D.L.gs. n.
42/2004 (capo c) per avere eseguito, nella qualità di proprietaria e committente,
le opere in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Reati tutti accertati in Castelmola il 8/9/2006. Aveva concesso il beneficio della sospensione condizionale
della pena e condannato l’imputata al risarcimento dei danni in favore della parte
civile, da liquidarsi in separata sede.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, con
l’ausilio del proprio difensore , l’imputata, deducendo i motivi di seguito enunciati
nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. inosservanza delle norme giuridiche pubblicistiche contenute nell’art. 1
D.L. 27.6.85 n. 312, conv. in legge 8.8.85, n. 431, in relazione all’art. 6 L.R. Sic.
n. 37/1985; erronea applicazione della legge antisismica (art. 606,

10 lett. b)

cod. proc. pen.); mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione; travisamento della prova.
La ricorrente deduce che, a differenza di quanto sostenuto dal Giudice di appello, sussisterebbe prova, sia documentale che orale, della preesistenza dei muri di sostegno per la realizzazione di terrazzamenti per l’impianto di un vigneto.
La Corte avrebbe quindi errato nel sostenere che le opere non fossero connesse ad attività agricola. Rileva ancora che la Corte non avrebbe tenuto in considerazione la circostanza che le opere, realizzate per attività agro-silvopastorale, non richiedevano autorizzazione.

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ducibili alla medesima imputazione (capo a), e l’aveva condannata alla pena di

Ancora, sarebbe illegittima ed erronea la sentenza impugnata laddove sanziona l’installazione del cancello del fondo rustico. Tali lavori andrebbero inquadrati nell’ambito dei lavori di restauro e risanamento conservativo.
b. inosservanza della legge penale o di altre norme giuridiche; (art.606, co.
1 comma lett. b), in riferimento all’art. 234, co. 1, cod. proc. pen., contraddittorietà o illogicità manifesta della motivazione; travisamento della prova (art.606,
co. 1 lett. e) cod. proc. pen.)
La ricorrente deduce, ancora una volta, che la Corte avrebbe erroneamente

re.
L’imputata aveva prodotto aerefotogrammetria avente data certa che costituirebbe piena prova, suffragata da deposizione testimoniale.
c.

illegittimità della conferma delle statuizioni civilistiche; mancanza di motivazione; nullità del capo della sentenza in questione (art.125, 3 0 comma, e
606, 1 comma lett. e) cod. proc. pen.
L’imputata deduce che la Corte non avrebbe esaminato il motivo di impugnazione proposto in relazione alle statuizioni di natura civile, limitandosi a confermarle semplicemente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi indicati in premessa sub a) e sub b) sono manifestamente in-

fondati.

2. Va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione
di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie,
dr. vedasi questa Sez. 3, n. 12110 del 19.3.2009 n. 12110 e n. 23528 del

ritenuto insussistente la prova circa il tempo dell’effettiva realizzazione delle ope-

6.6.2006).
Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione,
per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di
spessore tale da risultare percepibile íctu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità
al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti
le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che,
anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni
del convincimento (Sez. 3, n. 35397 del 20.6.2007; Sez. Unite n. 24 del
24.11.1999, Spina, rv. 214794).

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Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’art.
606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito,
ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà
della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (sez. 2, n. 21644 del

Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto.
Non c’è, in altri termini, come richiesto nel presente ricorso, la possibilità
di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali.
E ciò anche alla luce del vigente testo dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc.
pen. come modificato dalla I. 20.2.2006 n. 46. Il giudice di legittimità non può
procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito.
Il ricorrente non può, come nel caso che ci occupa limitarsi a fornire una
versione alternativa del fatto, circa la data di realizzazione delle opere, la preesistenza di muri di sostegno o l’essere le realizzate opere realizzate per attività
agricolo-silvo-pastorale, senza indicare specificamente quale sia il punto della
motivazione che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in concreto,
da cosa tale illogicità vada desunta.
Il vizio della manifesta illogicità della motivazione deve essere evincibile
dal testo del provvedimento impugnato. Com’è stato rilevato nella citata sentenza 21644/13 di questa Corte la sentenza deve essere logica “rispetto a sé stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati. In tal senso la novellata previsione
secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del prov-

13.2.2013, Badagliacca e altri, rv. 255542)

vedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché specificamente
indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti di
questa Corte, che rimane giudice della motivazione, senza essersi trasformato in
un ennesimo giudice del fatto.
Avere introdotto la possibilità di valutare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo” costituisce invero il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della
prova” che è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove),
prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il rela4

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tivo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all’interno
della decisione.
In altri termini, vi sarà stato “travisamento della prova” qualora il giudice
di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste (ad
esempio, un documento o un testimone che in realtà non esiste) o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale (alla disposta perizia è risultato che lo stupefacente non fosse tale ovvero che la firma apocrifa fosse
dell’imputato). Oppure dovrà essere valutato se c’erano altri elementi di prova

badirlo- non spetta comunque a questa Corte Suprema “rivalutare” il modo con
cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacché attraverso la verifica del travisamento della prova.
Per esserci stato “travisamento della prova” occorre che sia stata inserita
nel processo un’informazione rilevante che invece non esiste nel processo oppure
si sia omesso di valutare una prova decisiva ai fini della pronunzia.
In tal caso, però, al fine di consentire di verificare la correttezza della motivazione, va indicato specificamente nel ricorso per Cassazione quale sia l’atto
che contiene la prova travisata o omessa.
Il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve inoltre avere
carattere di decisività. Diversamente, infatti, si chiederebbe al giudice di legittimità una rivalutazione complessiva delle prove che, come più volte detto, sconfinerebbe nel merito.
Se questa, dunque, è la prospettiva ermeneutica cui è tenuta questa Corte, le censure chekricorrente rivolge nei motivi sub a) e sub b) al provvedimento impugnato si palesano manifestamente infondate, non apprezzandosi nella
motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Messina alcuna illogicità che
ne vulneri la tenuta complessiva.
An, ricorrente non contesta il travisamento di una specifica prova, ma sollecita a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali non consentito in
questa sede di legittimità .
I giudici del gravame di merito con motivazione specifica, coerente e logica hanno, infatti, dato conto (cfr. pagg. 4-5 della motivazione del provvedimento
impugnato), anche richiamando per relationem la pronuncia del giudice di prime
cure e le dichiarazioni testimoniali dei verbalizzanti, di come non si trattasse di
opere che potessero rientrare nella nozione di opere connesse ad attività di natura agricola.
3. Fondato appare, invecei il terzo motivo di doglianza, con cui si è lamentata la mancanza di motivazione in ordine 41Ie statuizioni civili.
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inopinatamente o ingiustamente trascurati o fraintesi. Ma -occorrerà ancora ri-

E’ pur vero, come da giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità, che la condanna generica al risarcimento dei danni, quale mera declaratoria iuris, non esige alcuna indagine in ordine all’effettiva esistenza, alla specifica
fonte o alla reale estensione del danno risarcibile, ma postula soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva dell’illecito penale, inteso nel suo complesso, e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio
lamentato, salva restando, nel giudizio di liquidazione del quantum, la facoltà del
giudice civile di individuare, nell’ambito del fatto virtualmente dannoso accertato

danno, astretto da rapporto eziologico con il fatto illecito. (sez. 2, n. 11813
dell’11.4.1989, Pirrone, rv. 182014).
Occorre tuttavia che il giudice penale dia conto in motivazione della potenziale capacità lesiva dell’illecito penale e della probabile esistenza di un nesso
di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, il che nel caso in esame non è
avvenuto.
La Corte territoriale richiama a pag. 5 la sentenza di primo grado, ma
quest’ultima si limita a dire che all’affermazione della responsabilità penale “consegue” l’obbligo di risarcimento del danno, senza minimamente motivare sul
punto.

3. La fondatezza del sopra indicato motivo, impone, dunque, di prendere

in considerazione, ai fini penalistici, che alla data della presente pronuncia, i residui reati per i quali c’era stata condanna sono estinti per intervenuta prescrizione.
Si tratta, infatti, di reati contravvenzionali, per i quali va considerato un
tempo massimo di prescrizione di 5 anni dall’accertamento, intervenuto
1’8.9.2006.
A tale termine vanno aggiunti gli intervenuti periodi di sospensione della
prescrizione, per un totale di mesi 8 e gg. 4, così specificati:

in sede penale, l’esistenza stessa, la concreta matrice e la effettiva entità del

• in primo grado:
– dal 12.12.2008 al 13.2.2009 causa rinvio per legittimo impedimento del difensore (gg. 60);
– dal 13.2.2009 al 15.5.2009 causa rinvio su richiesta del difensore (mesi 3 e gg.
2);
– dal 15.5.2009 al 17.6.2009 causa rinvio su richiesta del difensore (mesi i e gg.
2);
• in secondo grado:
– dal 13.6.2011 al 6.2.2012 per legittimo impedimento del difensore (gg. 60)
I reati residui sono dunque prescritti al 12.5.2012.
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4. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio per essersi i reati
residui estinti per intervenuta prescrizione.
Ai sensi dell’art. 101 Dpr. 380/2001 copia della sentenza andrà comunicata, a
cura del cancelliere, nei termini di legge, al competente ufficio tecnico della regione.
La sentenza impugnata va poi annullata in relazione alle statuizioni civili con
rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello (cfr. Sez. Unite

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati residui estinti
per prescrizione.
Dispone trasmettersi copia della presente sentenza all’Ufficio tecnico della
Regione Siciliana.
Annulla la sentenza impugnata in relazione alle statuizioni civili con rinvio al
giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso in Roma il 30 gennaio 2014.

n. 40109 del 18.7.2013, Sciortino, rv. 256087).

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