Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11539 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11539 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– MAMMOLA CLAUDIO, n. 4/05/1960 a NAPOLI

avverso la sentenza del tribunale di NAPOLI, SEZ. DIST. MARANO in data
21/02/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Cons. Dott. Nicola Lettieri, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv.

,

Data Udienza: 08/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. MAMMOLA CLAUDIO ha proposto tempestivo ricorso avverso la sentenza del
tribunale di NAPOLI, SEZ. DIST. MARANO, in data 21/02/2013, depositata in
data 7/03/2013, con cui il medesimo imputato è stato condannato alla pena di

5, lett. b) e 6, legge n. 283/62, perché, in qualità di legale rappresentante della
soc. LA CASERECCIA di Mammola Claudio & c. s.a.s., esercente attività di
ristorazione con somministrazione in locali ubicati in Qualiano (NA), via S. Maria
a Cubito, deteneva per la vendita alimenti (nella specie, kg 12 di verdure miste
già cotte, kg 1 di hamburger, kg 3 di pastafrolla lavorata in loco, rinvenuti
all’interno di un frigo adibito per la conservazione di prodotti congelati e
surgelati, nonché kg. 2 di fiordilatte e kg. 0,500 di limoni invasi da muffe,
rinvenuti all’interno di un armadio frigo utilizzato per la conservazione al fresco
di sostanze alimentari) in cattivo stato di conservazione in quanto congelati con
sistemi impropri, confezionati in contenitori non adatti alla congelazione e
conservati in promiscuità con altri alimenti rinvenuti in confezioni originali;
accertato in Qualiano, il 18 dicembre 2009.

2.

Ricorre avverso la predetta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore

speciale cassazionista, deducendo due motivi di ricorso, di seguito enunciati nei
limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc.
pen.

2.1. Deduce, con un primo motivo, l’inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 132 e 133 c.p. e la mancanza e manifesta illogicità della motivazione
risultante dal testo del provvedimento impugnato con riferimento all’omessa
concessione delle attenuanti generiche (art. 606, lett. b) ed e), c.p.p.); in
sintesi, si duole il ricorrente per non aver il giudice di merito motivato in ordine
alle ragioni specifiche che lo avevano indotto a negare il riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche e, quindi, adeguare la pena al caso concreto,
incorrendo nel vizio previsto dall’art. 132 c.p.; in altri termini, il giudice di
merito, negando la concessione dell’art. 62 bis c.p., non solo avrebbe disatteso
l’obbligo motivazionale omettendo il puntuale esame critico dei parametri e delle
ragioni poste a fondamento della sua scelta, ma, in violazione del disposto
dell’art. 132 e dell’art. 133 c.p., non avrebbe assolutamente provveduto a
graduare ed adeguare la pena al fatto; le censure investono, in particolare,
2

5.000 euro di ammenda, oltre alle spese di giudizio, per il reato di cui agli artt.

l’affermazione del giudice secondo cui non vi sarebbero elementi in atti per
concedere all’imputato le circostanze attenuanti generiche, laddove, invece,
avrebbe dovuto valutare sia lo scarso allarme sociale della condotta vietata che
lo stato di incensuratezza del ricorrente, dovendo il giudice motivare in base a
quali parametri ne ha negato il riconoscimento; né, infine, il giudice avrebbe
tenuto conto dell’obbligo impostogli dall’art. 132 c.p., stante la mancata

concessione dell’art. 62 bis c.p. ed hanno, dunque, giustificato l’uso del potere
discrezionale nell’applicare la pena, non essendo sufficiente a soddisfare tale
obbligo il semplice riferimento alla “congruità” della pena.

2.2. Deduce, con un secondo motivo, l’inosservanza dell’art. 223, comma 3,
disp. Att. C.p.p., con riferimento all’inutilizzabilità delle risultanze delle analisi dei
campioni alimentari acquisite in dibattimento (art. 606, lett. c), c.p.p.); in
sintesi, si duole il ricorrente per aver fondato la sentenza impugnata il giudizio di
responsabilità, nonostante la violazione delle garanzie difensive previste dalla
richiamata norma processuale, stante l’omessa comunicazione al ricorrente della
facoltà di farsi assistere da un proprio difensore o da un c.t. durante
l’espletamento delle operazioni di prelievo di campioni alimentari per le analisi;
in altri termini, trattandosi di alimenti deteriorabili, la circostanza che i prelievi
siano avvenuti solo il terzo giorno dell’accesso avrebbe, di fatto, falsato tale
formazione della prova, in quanto le analisi dei generi alimentari rientravano nel
novero di quelle per cui non è prevista la revisione, con conseguente elusione del
diritto di difesa dell’imputato, donde l’inutilizzabilità in dibattimento dei verbali di
analisi per mancata osservanza delle garanzie difensive.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza e
comunque, per le ragioni che si esporranno, anche a norma dell’art. 606, comma
terzo, cod. proc. pen.

4.

Quanto al primo motivo, il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 606,

comma terzo, cod. proc. pen. in quanto proposto per motivi diversi da quelli
consentiti dalla legge; ed invero, dal verbale di udienza del 21 febbraio 2013,
non risulta che la difesa abbia richiesto il riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche.

3

indicazione dei motivi che, anche per implicito, lo hanno condotto alla mancata

Corre l’obbligo, a tal proposito, di ricordare che la concessione o il diniego delle
circostanze attenuanti generiche costituiscono l’esplicazione di un potere
discrezionale del giudice del merito, il quale è obbligato a motivare al riguardo
solo quando in relazione ad esse vi sia stata un’espressa istanza con l’indicazione
delle ragioni atte a giustificare la particolare benevolenza del giudice (Sez. 2, n.
4597 del 06/12/1972 – dep. 09/06/1973, Colombo, Rv. 124315). Nel caso in

chiedere il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: ed è pacifico
che il giudice di merito, tranne il caso in cui vi sia una specifica richiesta
dell’imputato, non è tenuto a motivare in ordine alla mancata applicazione delle
attenuanti generiche qualora non ravvisi elementi che, nel suo discrezionale
giudizio, ne consiglino il loro riconoscimento (Sez. 2, n. 2344 del 13/07/1987 dep. 23/02/1988, Trocarico, Rv. 177678).
Il giudice di merito non è quindi tenuto a riconoscere le circostanze attenuanti
generiche, né è obbligato a motivarne il diniego, qualora in sede di conclusioni
non sia stata formulata specifica istanza, non equivalendo la generica richiesta di
assoluzione (come nel caso specie) a quella di concessione delle predette
attenuanti (v., anche Sez. 1, n. 6943 del 18/01/1990 – dep. 15/05/1990,
angora, Rv. 184311).
Deve, pertanto, essere affermato il seguente principio di diritto:
«Il giudice di merito non è tenuto a riconoscere le circostanze attenuanti
generiche, né è obbligato a motivarne il diniego, qualora in sede di conclusioni
non sia stata formulata specifica istanza, non equivalendo la generica richiesta di
assoluzione o di condanna al minimo della pena a quella di concessione delle
predette attenuanti».

5. Quanto al secondo motivo, l’inammissibilità per manifesta infondatezza
emerge dalla stessa motivazione della decisione, da cui emerge chiaramente
che, al fine di accertare il cattivo stato di conservazione degli alimenti, nessun
accertamento analitico venne eseguito, né ai risultati di analisi si fa alcun
riferimento. Assolutamente inconferente appare, pertanto, il profilo di doglianza,
atteso che, non emergendo dalla sentenza impugnata alcun richiamo alle
risultanze di accertamenti analitici, la censura è del tutto immotivata.
Peraltro, deve qui ricordarsi che per l’accertamento della condotta di detenzione
per la vendita di prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione, non è
necessario procedere al prelievo di campioni ove i prodotti alimentari si
presentino all’evidenza mal conservati ed, altresì, che l’eventuale violazione delle
norme sul prelievo di campioni, siccome si inquadra in un’attività preliminare e
4

esame, diversamente, era stato il pubblico ministero, nelle sue conclusioni, a

pre-processuale, non determina alcuna nullità (v., in termini: Sez. 3, n. 14250
del 21/03/2006 – dep. 21/04/2006, Cilia, Rv. 234121). Ed, invero, ai fini
dell’accertamento dello stato di conservazione degli alimenti detenuti per la
vendita, non sono indispensabili né un’analisi di laboratorio né una perizia,
essendo consentito al giudice di merito pervenire ugualmente al detto risultato
attraverso altri elementi di prova, quali le testimonianze di soggetti addetti alla
vigilanza, allorché lo stato di cattiva conservazione sia palese e quindi rilevabile

avendo gli stessi dichiarato che il sistema di congelamento della merce era
improprio, che i contenitori in cui gli alimenti erano custoditi erano inadatti alla
congelazione e che vi era promiscuità con altri alimenti custoditi in confezioni
originali (Sez. 3, n. 35234 del 28/06/2007 – dep. 21/09/2007, Lepori, Rv.
237520).

6. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di somma che si stima
equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2014

Il Presidente

da una semplice ispezione, come accertato dai verbalizzanti nel caso di specie,

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