Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11530 del 14/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 11530 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTALUCIA GIANCARLO N. IL 21/09/1968
avverso la sentenza n. 489/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
22/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
Vincenzo Geraci
il rigetto del ricorso
Udito il difensore Avv. Gino Scartozzi in sostituzione dell’Avv. Antonio
Luciani, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

Data Udienza: 14/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 22/04/2013 la Corte di Appello di L’Aquila, in parziale riforma
della sentenza pronunciata il 16/06/2011 dal Tribunale di Chieti – Sezione di
Ortona, ha sostituito la pena irrogata nei confronti di Santalucia Giancarlo per il
reato di cui all’art. 186, commi 1,2 lett-c), 3 e 7, d. Igs. 30 aprile 1992, n.285
con la sanzione del lavoro sostitutivo di pubblica utilità per la durata di mesi 9 in
luogo della pena detentiva e per la durata di giorni 20 in luogo della pena
pecuniaria.

impugnata per le seguenti ragioni:
a) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per travisamento
della prova s per avere la Corte territoriale ritenuto, in contraddizione con la
comunicazione di notizia di reato del 6/07/2009 in cui si legge “il conducente
della Fiat Panda appariva in stato di ebbrezza alcolica”, che gli agenti
verbalizzanti avessero colto i sintomi dello stato alcolico dalle modalità del
sinistro;
b) difetto di motivazione in relazione alla censura proposta nell’atto di
appello circa l’assenza di prova del rifiuto dell’imputato di sottoporsi ad
accertamenti invasivi presso la struttura sanitaria di ricovero;
c) inosservanza dell’art. 191 cod.proc.pen. e inosservanza o erronea
applicazione dell’art. 186, commi 5 e 7, cod. strada per l’inutilizzabilità della
prova del rifiuto, illegittimamente acquisita in relazione ad un atto asseritamente
sottoscritto dall’imputato con firma illeggibile, in ogni caso senza che lo stesso
fosse stato reso edotto della portata e degli effetti derivanti dalla scelta di
acconsentire o rifiutare l’esame strumentale;
d) difetto o contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione,
violazione del principio di tassatività della fattispecie incriminatrice, inosservanza
ed erronea applicazione dell’art. 186, commi 5 e 7, cod. strada. Nell’atto di
appello, si assume, era stato censurato il punto della sentenza in cui il giudice di
prime cure aveva

ritenuto legittima, ai fini dell’integrazione della

contravvenzione, la richiesta da parte della polizia stradale alla struttura
sanitaria dell’accertamento del tasso alcolemico mediante analisi, laddove gli
organi di polizia hanno facoltà di effettuare il relativo accertamento solamente
mediante l’etilometro, per cui il rifiuto del test alcolemico può essere sanzionato
ai sensi dell’art. 186, comma 7, cod. strada esclusivamente qualora il soggetto
interessato abbia evitato l’accertamento mediante etilometro, mentre il rifiuto di
accertamenti sanitari più invasivi non integra la fattispecie di reato in esame. La
Corte territoriale, secondo il ricorrente, avrebbe omesso di pronunciarsi su tale

2

2. Ricorre per cassazione Giancarlo Santalucia censurando la sentenza

rilievo, travisando i motivi di appello nel senso che si volesse dedurre che l’unico
mezzo di prova dello stato di ebbrezza dell’imputato sarebbe stato l’etilometro;
e) difetto o contraddittorietà della motivazione per eccessiva entità della
sanzione applicata e per omessa concessione delle circostanze attenuanti
generiche, per avere la Corte territoriale confermato la sentenza di condanna in
relazione all’entità della pena con sentenza carente di motivazione e
contraddittoria, non essendo dato comprendere quali sarebbero gli indici
sintomatici dei criteri di valutazione della pena, trattandosi di un semplice

la gravità del fatto e la pericolosità della condotta dalla semplice circostanza
della verificazione del sinistro stradale, in quanto esso è già di per sé un
elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice. Il ricorrente lamenta,
altresì, che il giudice di secondo grado avrebbe escluso le attenuanti generiche
senza addurre alcuna ragione, posto che la facoltatività della concessione di tali
circostanze non esime dall’obbligo di motivarne l’esclusione quando siano state
specificamente richieste.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Si impone una breve premessa sul disposto di cui all’art. 186 cod. strada.
Dalla originaria irrilevanza penale del fatto previsto dal comma 7 si è passati alla
sua configurazione come reato contravvenzionale. La fattispecie è stata
depenalizzata con d.l. 3 agosto 2007, n.117, convertito con modificazioni dalla
1.2 ottobre 2007, n.160, e qualificata come illecito amministrativo. Con d.l. 23
maggio 2008, n.92, convertito con modificazioni dalla 1.24 luglio 2008, n.125,
dunque in vigore all’epoca del fatto, la fattispecie è stata nuovamente qualificata
come contravvenzione, punita con le pene dell’ammenda e dell’arresto.
L’art.186, comma 7, cod. strada sanziona il rifiuto del conducente di autoveicolo
di sottoporsi alle tre tipologie di accertamenti previsti dal citato art. 186, commi
3, 4 e 5. Vale a dire: a) “accertamenti qualitativi non invasivi o prove” (finalizzati
a motivare i successivi accertamenti di cui al comma 4) esperiti dalla polizia
giudiziaria anche con apparecchi portatili (test generico con etilometro); b)
accertamenti – in caso di positività dei precedenti controlli preliminari – esperiti
dalla polizia giudiziaria accompagnando il conducente nel più vicino ufficio o
comando, con attrezzature tecniche più precise; c) accertamenti eseguiti su
richiesta della polizia giudiziaria da strutture sanitarie, nei confronti di conducenti
coinvolti in sinistri stradali in esse condotti per cure mediche (prelievo
ematico per la verifica del tasso alcolemico nel sangue). L’automobilista
che rifiuti di sottoporsi, a seconda dei casi, ai descritti accertamenti è punito con
le pene di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, irrogabili per le ipotesi
più gravi del reato contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza.
3

sinistro stradale senza coinvolgimento di altre vetture, né potendosi individuare

2. La lettura della norma si deve, dunque, confrontare con le modifiche
successivamente intervenute in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza.
L’assetto normativo della contravvenzione di guida in stato di ebbrezza è stato
infatti nuovamente rivisitato, da ultimo, con I. 29 luglio 2010, n. 120, il cui
art.33 ha modificato l’art.186 cod. strada, depenalizzando la condotta di guida in
stato di ebbrezza qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un
tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro
(art.186, comma 1, lett a) cod. strada). Tale ultima modifica non ha comportato

condotta penalmente rilevante per il reato di guida in stato di ebbrezza,
confermandosi il principio per cui, ai fini della configurazione del reato di guida in
stato di ebbrezza (pur dopo le modifiche apportate all’art. 186 cod. strada
dall’art. 4, comma 1, lett. d), d.l. n. 92 del 2008, conv. con modd. in I. n. 125
del 2008), tale stato può essere accertato, non soltanto per l’ipotesi di cui alla
fascia a) ma anche per quelle più gravi, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su
base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale. Con la
precisazione, tuttavia, che dovrà comunque essere ravvisata l’ipotesi più lieve
quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia
possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente
rientri nell’ambito di una delle due altre ipotesi (Sez. 4, n.6889 del 16/12/2011,
dep. 21/02/2012,

P.G.

in

Della

proc.

Sez. 4, n.28787 del 09/06/2011,

P.G.

in

Bartolomea,
proc.

Rata,

Rv. 252728;
Rv. 250714;

Sez. 4, n.48297 del 27/11/2008 ,Campregher, Rv. 242392).

3.

A fronte di tale disciplina, più favorevole anche in ragione

dell’introduzione della possibilità di sostituire la pena con il lavoro di pubblica
utilità (comma 9-bis), il legislatore ha mantenuto il richiamo, con riguardo
all’ipotesi contravvenzionale di cui all’art.186, comma 7, cod. strada, al regime
sanzionatorio previsto dall’art.186, comma 2, lett c), inasprito dalla I.n.120/2010
mediante aumento del minimo edittale della sanzione detentiva da tre a sei
mesi, fermo restando il massimo edittale di un anno.

4. Tanto premesso, e passando ad esaminare partitamente i motivi di
ricorso, il primo motivo è infondato.
4.1. Tale censura muove dall’errato presupposto dell’applicabilità, al caso in
esame, dell’art. 379, comma 3, d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495; la norma,
come si evince dall’espresso riferimento ai “predetti accertamenti”, trova
applicazione nei casi in cui si proceda all’accertamento dello stato di ebbrezza ai
sensi dell’art. 186, comma 4, cod. strada, mentre, come correttamente indicato
4

una rilettura delle regole processuali che disciplinano l’accertamento della

nella sentenza appellata, ricorrendo l’ipotesi in cui il conducente sia al contempo
coinvolto in un incidente stradale e sottoposto alle cure mediche, la procedura
che gli organi di polizia stradale possono seguire è quella disciplinata dall’art.
186, comma 5, cod. strada. Qualora venga seguita tale procedura, non è
previsto che i verbalizzanti indichino nella notizia di reato le circostanze
sintomatiche dell’esistenza dello stato di ebbrezza, come previsto dall’art.379
d.P.R. n.495/1992.
4.2. Né la sentenza impugnata risulta aver travisato il contenuto della

esclusivamente l’aver colto i sintomi dai quali era desumibile la possibilità che il
prevenuto fosse in stato di ebbrezza, in coerenza con quanto si legge nel
documento, in cui i verbalizzanti riferiscono “il conducente della Fiat Panda
appariva in stato di ebbrezza alcolica”. La Corte territoriale ha, piuttosto,
aggiunto come propria valutazione che la condizione di alterazione psico-fisica
del conducente potesse desumersi anche dalle modalità del sinistro. In ogni
caso, per quanto detto con riferimento alla non applicabilità dell’art. 379, comma
3, d.P.R. n.495/1992, si tratterebbe di travisamento di una prova non decisiva ai
fini dell’accertamento del reato contestato.

5. Occorre, dunque, esaminare il quarto motivo di ricorso, in quanto
logicamente antecedente.
5.1. Si tratta di censura infondata in quanto, nuovamente, si basa
sull’erroneo presupposto, contrastante con il testo normativo, secondo il quale
integrerebbe condotta tipica del reato di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada il
solo rifiuto dell’accertamento mediante etilometro. La norma in esame, al
contrario, assoggetta al medesimo trattamento sanzionatorio previsto per
l’ipotesi più grave di guida in stato di ebbrezza, disciplinata come detto dall’art.
186, comma 2, lett. c), cod. strada, il rifiuto opposto dal conducente tanto
all’accertamento del tasso alcolemico mediante etilometro, previsto dai commi 3
e 4 dell’art. 186, quanto il rifiuto opposto all’accertamento mediante prelievo
ematico, previsto dal comma 5 del medesimo art.186.
5.2. In presenza delle due condizioni del coinvolgimento del conducente in
un incidente stradale e del ricovero per cure mediche, l’art. 186, comma 5, cod.
strada consente, infatti, alla polizia stradale di avanzare la richiesta
dell’accertamento del tasso alcolemico alla struttura sanitaria di base ovvero
accreditata o comunque a tale fine equiparata, sanzionando il rifiuto opposto dal
conducente a tale richiesta.
5.3. Non risulta, pertanto, condivisibile la censura in merito all’errata
sussunzione della condotta accertata nell’ipotesi disciplinata dall’art. 186, comma
5

notizia di reato, laddove ha attribuito alla polizia giudiziaria operante

7, cod. strada, posto che il rifiuto di sottoporsi all’accertamento mediante
prelievo ematico è dalla norma equiparato, qualora ricorrano le condizioni di cui
all’art.186, comma 5, cod. strada, al rifiuto di sottoporsi all’esame mediante
etilometro.

6. Con riguardo al secondo ed al terzo motivo di ricorso, si tratta di censure
infondate.
6.1. È bene premettere che, secondo quanto emerge dalle sentenze dei

acquisita con il consenso delle parti. L’analisi del documento, consentita dalla
natura della censura, ha permesso di verificare che erano allegati al predetto
documento il certificato del rifiuto opposto dal Santalucia di sottoporsi
all’accertamento alcolemico ed il referto dell’Ospedale di Ortona con diagnosi
“stato clinico di ebbrezza etilica, ferita transfossa regione mentoniera, contusioni
multiple” ed indicazione, alla voce ‘terapia praticata’ che ‘il paziente in stato
clinico di ebbrezza etilica rifiuta di sottoporsi a visita medica, ad esami
diagnostici, di essere suturato e di effettuare fleboclisi”, nonché ‘rifiuta ricovero’.
Dal testo della comunicazione di reato si evince che la polizia municipale si è
determinata a richiedere, a mezzo fax tramite l’ufficio del pubblico ministero, alla
direzione sanitaria della ASL dell’Ospedale di Ortona l’accertamento di eventuale
abuso di alcol e/o sostanze stupefacenti in quanto ‘il conducente della Fiat Panda
appariva in stato di ebbrezza alcolica’.
6.2.

Come anche di

recente affermato da questa

Corte

(Sez. 4, n. 6755 del 06/11/2012, dep. 11/02/2013, Guardabascio, Rv. 254931),
la richiesta degli organi di polizia giudiziaria di effettuare l’analisi del tasso
alcolemico, in presenza di un dissenso espresso dell’interessato, è illegittima e,
quindi, l’eventuale accertamento, comunque effettuato a mezzo del prelievo
ematico da parte dei sanitari, è inutilizzabile ai fini dell’affermazione di
responsabilità per una delle ipotesi di reato previste dall’art. 186, comma 2, cod.
strada (Sez. 4, n. 26108 del 16/05/2012, Pesaresi, Rv. 253596, secondo cui i
risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso
successivi all’incidente stradale e non preordinato a fini di prova della
responsabilità penale sono utilizzabili per l’accertamento del reato di guida in
stato di ebbrezza, senza che rilevi l’assenza di consenso dell’interessato. In
applicazione di tale principio la Corte ha affermato che, per il suo carattere
invasivo, il conducente può opporre un rifiuto al prelievo ematico se sia
finalizzato esclusivamente all’accertamento della presenza di alcol nel sangue).
6.3. Oltre a rilevare come, per l’accertamento del diverso reato di cui
all’art.186, comma 7, cod. strada, la prova della condotta tipica del reato non
6

giudici di merito, la comunicazione di notizia di reato del 6/07/2009 è stata

possa desumersi dall’esito del prelievo ematico ma, piuttosto, dal rifiuto al
prelievo, argomento dirimente, a fronte della dedotta inutilizzabilità della
dichiarazione di rifiuto ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen., è quello secondo il
quale la rilevabilità di ufficio in ogni stato e grado del procedimento
dell’inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla
legge, deve essere raccordata alla norma che limita la cognizione della Corte di
Cassazione, oltre i confini del devolutum, alle sole questioni di puro diritto,
sganciate da ogni accertamento sul fatto. Tale non è quella in esame, in cui a

la prima volta in questa sede e non esplicitata nell’atto di appello, si deduce la
necessità di accertare la mancata formazione di una volontà consapevole
dell’esponente. Ne consegue che non può essere proposta per la prima volta nel
giudizio di legittimità tale questione, la cui valutazione richiede accertamenti di
merito che avrebbero dovuto essere sollecitati nel giudizio di appello
(Sez. 4, n.2586 del 17/12/2010, dep. 26/01/2011, Bongiovanni, Rv. 249490).
6.4. Nell’atto di appello, come si evince anche dalla sentenza impugnata,
l’imputato aveva censurato la sentenza di primo grado sostenendo che non fosse
stata raggiunta la prova del rifiuto da lui opposto a sottoporsi ad accertamenti
invasivi del proprio corpo, svolgendo argomentazioni in merito alla mancanza di
un’attestazione diretta del rifiuto da parte dei verbalizzanti e in merito alla non
riconducibilità di tale dichiarazione all’imputato, desunta dall’assenza di garanzia
della consapevolezza da parte del dichiarante di quanto asserito e dall’illeggibilità
della sottoscrizione.
6.5. Sul punto, giova ricordare come questa Corte abbia chiarito in una
recente pronuncia che, dalla previsione dell’illecito penale incentrato sul rifiuto di
sottoporsi all’accertamento, discende che l’art. 186 cod. strada non prevede
alcun preventivo consenso dell’interessato al prelievo dei campioni. Ciò che può
essere opposto è il rifiuto al controllo; e la sanzione penale che accompagna tale
condotta, sancendone il disvalore, risulta incompatibile con la pretesa di un
esplicito consenso al prelievo dei campioni (Sez. 4, n. 8041 del 21/12/2011,
Pasolini, Rv. 252031).
6.6. L’affermazione merita di essere ulteriormente sviluppata. Nel caso
appena menzionato, la Corte si era interrogata sulla fondatezza dell’ipotesi per la
quale il difetto di consenso al prelievo del campione possa costituire una causa di
inutilizzabilità patologica dell’accertamento compiuto, in ragione dei principi di
natura costituzionale evocabili in argomento. Ipotesi che questa Corte ha
escluso, ricordando come la Corte Costituzionale, nella motivazione della
sentenza con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 224 cod. proc.
pen. (Corte Cost. n. 238 del 9/07/1996), nel momento in cui censurava la
7

fondamento dell’asserita inutilizzabilità della dichiarazione di rifiuto, proposta per

genericità della disciplina del rito penale, ha segnalato come invece “… in un
diverso contesto, che è quello del nuovo codice della strada (artt. 186-187), il
legislatore – operando specificamente il bilanciamento tra l’esigenza probatoria di
accertamento del reato e la garanzia costituzionale della libertà personale – abbia
dettato una disciplina specifica (e settoriale) dell’accertamento (sulla persona del
conducente in apparente stato di ebbrezza alcolica o di assunzione di sostanze
stupefacenti) della concentrazione di alcool nell’aria alveolare espirata e del
prelievo di campioni di liquidi biologici, prevedendo in entrambi i casi la

penale per tale indisponibilità del conducente ad offrirsi a cooperare
all’acquisizione probatoria”. Se ne deve concludere che il giudice delle leggi ha
riconosciuto la legittimità della disciplina del codice della strada, anche laddove
nell’indicare le modalità degli accertamenti tecnici per rilevare lo stato di
ebbrezza, non prevede alcun preventivo consenso dell’interessato al prelievo dei
campioni. Tale assunto va, però, riferito all’accertamento del tasso alcolemico
inteso come il risultato di operazioni strumentali e non può essere riferito al
prelievo ematico in quanto tale, rispetto al quale non vi è possibilità di eludere il
principio che vuole ogni attività diagnostico-terapeutica prestata dal medico
abbisognevole della previa acquisizione del consenso informato dell’interessato
(Sez. 4, n.10605 del 15/11/2012, dep. 07/03/2013, Bazzotti, Rv. 254933).
6.7. Se, dunque, l’accertamento del tasso alcolemico mediante prelievo
ematico con finalità diagnostiche o terapeutiche non necessita di consenso, a
tanto conduce il logico presupposto che detto prelievo sia stato comunque
effettuato previo consenso informato del paziente che, ove mancante, impedisce
l’attività diagnostica o terapeutica in generale e, al contempo, dimostra la
sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 186, comma 7, cod.
strada.
6.8. L’accertamento di tale condotta, in altre parole, dimostra il
comportamento ostativo, quantomeno colposo, del conducente in relazione alla
richiesta della polizia giudiziaria di procedere ad un accertamento tecnico
finalizzato a verificare il tasso alcolemico nel sangue, a tanto conducendo la
giurisprudenza sviluppatasi in relazione all’accertamento della contravvenzione di
guida in stato di ebbrezza, che ha attribuito al prelievo ematico valenza
probatoria analoga all’accertamento praticato con etilometro a condizione che
l’interessato abbia espresso il proprio consenso, per il prelievo unicamente
finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico, ovvero a condizione che i
prelievo ematico sia effettuato per fini diagnostici, dunque previo consenso
informato dell’interessato.

8

possibilità del rifiuto dell’accertamento, ma con la comminatoria di una sanzione

7. La sentenza impugnata ha implicitamente rigettato le censure mosse
dalla difesa alla valenza probatoria della certificazione del rifiuto opposto
dall’imputato inviata dalla direzione della ASL dell’Ospedale di Ortona,
affermando che la polizia giudiziaria aveva legittimamente chiesto ai sanitari del
pronto soccorso l’effettuazione di analisi volte ad accertare il tasso alcolemico, da
ritenere accertamento riconducibile alla previsione di cui all’art. 354
cod.proc.pen., con valenza probatoria pari a quello praticabile con l’etilometro,
ma utilizzabile, a differenza di quest’ultimo, come evidenziato dalla Corte

7.1. Si tratta, ad avviso di questo Collegio, di motivazione congrua e
logicamente argomentata, tale da resistere alle censure qui sollevate, anche in
considerazione del fatto che l’appellante non risulta aver fornito alcun principio di
prova idoneo a mettere in discussione la forza probatoria di atto pubblico con
carattere fidefaciente della certificazione della ASL del rifiuto opposto
dall’interessato.

8. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile.
8.1. La censura concernente la determinazione della pena ed il
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in presenza di congrua
motivazione nella sentenza di primo grado e di argomentazione nella sentenza
impugnata delle ragioni per le quali il giudice di appello ha ritenuto adeguata la
pena applicata dal primo giudice, concerne un giudizio riservato al giudice di
merito ed insindacabile in sede di legittimità ove, come nel caso in esame,
congruamente motivato.

9. Conclusivamente, il ricorso va rigettato; alla pronuncia consegue ex
art.616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 14/02/2014

territoriale, solo in presenza del consenso dell’interessato, nella specie negato.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA