Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11529 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11529 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIONI PAOLO N. IL 20/04/1943
avverso la sentenza n. 10006/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
30/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vincenzo Geraci
che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso
Udito il difensore della parte civile Avv.Aurelio Cannatelli, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso
Udito il difensore di Cioni Paolo Avv. Donatella Artioli, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso í
/

Udito, per la parte civile, l’Avv i

Data Udienza: 14/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 30/04/2012 la Corte di Appello di Roma ha confermato la
sentenza del Tribunale di Latina del 22/09/2009, che aveva ritenuto Cioni Paolo
colpevole del reato di lesioni colpose con violazione delle norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro ai danni del lavoratore Tamburrini
Massimo, per avere consentito l’utilizzo di una macchina priva dei dispositivi di
sicurezza e per aver permesso al lavoratore, privo di preparazione specifica, di
effettuare le operazioni di pulizia della macchina denominata “Ghigliottina”, della

societario alla pena di mesi 3 di reclusione, oltre al risarcimento dei danni e al
pagamento di una provvisionale di euro 15.000,00 in favore della parte civile.
2. La vicenda veniva descritta secondo la seguente dinamica: il 7/05/2005 il
dipendente della Crown Italcaps s.r.l. Tamburrini Massimo era intento a pulire la
lama della macchina, quando il responsabile delle “Ghigliottine”, Fabbri Fulvio,
posizionato dall’altra parte della macchina da dove non poteva esser visto,
l’aveva azionata, determinando la discesa della lama, che aveva provocato al
lavoratore, nonostante l’uso dei guanti, l’amputazione del terzo, quarto e quinto
dito della mano.
3. Ricorre per cassazione Paolo Cioni, deducendo con un unico motivo vizio
motivazionale per non avere la Corte territoriale tenuto in alcun conto le
dichiarazioni testimoniali rese dalla teste Giovanelli della Usl, che aveva riferito
che l’azienda aveva adottato delle procedure per lavorare in sicurezza e, in
particolare, aveva stabilito di posizionare tra la lama e il piano della lama un
oggetto, chiamato da loro “lingotto di metallo”, in modo da evitare la caduta
totale della lama sul piano; la teste aveva riferito che il lavoratore non aveva
adottato tali misure di sicurezza e la Corte territoriale si è limitata, sul punto,
oggetto di specifico motivo di appello, a sostenere che le altre prescrizioni
antinfortunistiche erano state adottate solo dopo l’infortunio. Il ricorrente
censura la sentenza impugnata per aver omesso di motivare in merito all’altra
condotta imputata al ricorrente, ossia l’aver permesso al lavoratore di effettuare
l’operazione, nonostante entrambi i giudici di merito abbiano escluso
categoricamente che il Cioni avesse contezza della lavorazione eseguita dal
Tamburrini alla presenza e per incarico dei suoi diretti superiori Fabbri e
Gentilini.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Questione preliminare che deve essere affrontata è stabilire se,
l’intervenuta prescrizione del reato sia rilevabile ex officio.
1.1. E’ principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la
proposizione del ricorso consente alla Corte di rilevare la prescrizione del reato
2

ditta Crown Italcaps s.r.I., condannandolo in qualità di amministratore e direttore

maturata dopo la pronuncia della sentenza di appello purchè non ricorra alcuna
ipotesi di inammissibilità del ricorso (SU n.23428 del 22/03/2005, Bracale,
Rv.231164).

2 . Ed il ricorso è, nel caso in esame, inammissibile perché proposto oltre il
termine di 30 giorni. Tale termine è previsto dall’art.585, comma 1, lett. b)
cod.proc.pen. per le ipotesi in cui, come nel caso che occupa, la redazione della
motivazione avvenga ai sensi dell’art.544, comma 2, cod.proc.pen. entro 15

2.1. La Corte di Appello ha depositato in data 14/05/2012 la sentenza
pronunciata il 30/04/2012 e l’estratto contumaciale è stato notificato all’imputato
in data 5/09/2012, mentre il ricorso è stato proposto solo in data 30/10/2012.

3. Ma il ricorso presenta ulteriore profilo di inammissibilità. E’, infatti,
ripetutamente affermato che il ricorso deve dichiararsi inammissibile qualora
l’atto difetti di specificità del motivo (art.581 cod.proc.pen.) ovvero sia
sostanzialmente tendente ad una rivalutazione in fatto, non consentita in sede di
legittimità (art.606 cod.proc.pen.). Deve rilevarsi, in particolare, che le doglianze
difensive qui proposte fanno generico riferimento al contenuto della decisione
impugnata e costituiscono, nella sostanza, eccezioni in punto di fatto, poiché non
sono inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata ovvero a
travisamento della prova, ma appaiono dirette a censurare le valutazioni operate
dal giudice di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura
degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più
favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in
sede di legittimità perché in violazione della disciplina di cui all’art. 606 cod.
proc. pen. (Sez. 4, n. 31064 del 02/07/2002, P.O.in proc. Min. Tesoro,
Rv. 222217; Sez. 1, n. 10527 del 12/07/2000, Cucinotta, Rv. 217048; Sez. U,
n.6402 del 30/04/1997,Dessimone,Rv. 207944;Sez. U, n.930 del 13/12/1995
(dep. 29/01/1996), Clarke, Rv.203428). Infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti ne’ deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile
opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente
(Sez. 4, n.47891 del 28/09/2004, n. 47891, Mauro, Rv. 230568; Sez. 4, n.4842
del 2/12/2003-6/02/2004, Elia, Rv. 229369).

3

giorni dalla pronuncia.

3.1. Tanto premesso, il Collegio ritiene che il presente ricorso, oltre che
inammissibile in quanto tardivamente presentato, sia inammissibile per difetto di
specificità del motivo.

4. Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art.616
cod.proc.pen. l’onere a carico del ricorrente delle spese del procedimento e del
versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata,
in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura

parte civile, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di E.1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile per
questo giudizio di Cassazione, liquidate in E.2.500,00 oltre accessori.
Così deciso il 14/02/2014

di euro 1.000,00 nonché la condanna al pagamento delle spese in favore della

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