Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11519 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11519 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCALIA PAOLO N. IL 22/08/1960
avverso la sentenza n. 3332/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del
25/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA

Udito il Procuratore Gwerale in persona del Dott. ViTt etc.( 2.0
che ha concluso per Afi

.4

Udito, per la parte civi , l’Avv
Udit i difensor Av

Q-A/(

Data Udienza: 19/12/2013

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Scalia Paolo avverso la sentenza
emessa in data 25.9.2012 dalla Corte di Appello di Catania che confermava quella del
G.u.p. del Tribunale di Catania in data 29.6.2010 con la quale il predetto era stato
condannato alla pena condizionalmente sospesa di mesi due di arresto ed C 600,00 di
ammenda con sospensione della patente di guida per mesi tre, per il reato di cui
all’art. 186 comma 2 lett. c) C.d.S. (fatto accertato il 26.1.2009).
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla mancata concessione delle circostanze

Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile essendo le censure aspecifiche e manifestamente infondate.
E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in
questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da
vizi ed assolutamente plausibile e ciò sia in ordine al diniego delle attenuanti
generiche sia alla congruità della pena inflitta.
Ed è stato affermato che uè inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Premesso che la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto
lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità (Cass. pen.
Sez. II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163), va rammentato che in tema di
valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in
ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i
limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Corte non
solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen. Sez. VI 22.9.2003 n. 36382 n.
227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” v. Cass. pen. Sez. VI
4.8.1998 n. 9120 rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio
di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di
mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. pen. Sez. III 16.6. 2004 n. 26908 rv.

2

attenuanti generiche (con criterio di prevalenza) e del minimo della pena.

229298), evenienza che non ricorre nel caso di specie, anche perché la pena
pecuniaria inflitta appare inferiore al minimo edittale vigente all’epoca del fatto.
Inoltre, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, con la
enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri
indicati nell’art. 133 cod. pen. (nel caso di specie la particolare gravità della
condotta), assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione: tale valutazione,
infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica esposizione dei
criteri adottati per addivenirvi in concreto

(ex ceteris:

Cass. pen. Sez. II, del

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale
nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo
determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così

iso in Roma, il 19.12.2013

19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754).

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