Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1151 del 25/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1151 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

Data Udienza: 25/09/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Danguiri Asmaa, nata a Casablanca (Marocco) il 2.6.1977, avverso la
sentenza pronunciata dalla corte di appello di Napoli 16.2.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’annullamento con
rinvio dell’impugnata sentenza;
udito per la ricorrente il difensore di fiducia, avv. Giovanna Creti, del
Foro di Milano, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso, di cui ha
chiesto l’accoglimento.

FATTO E DIRITTO

/b-

1. Con sentenza pronunciata il 16.4.2010 la corte di appello di Napoli
riformava esclusivamente sotto il profilo del trattamento sanzionatorio la
sentenza con cui il tribunale di S. Maria Capua Vetere, in data 16.1.2009
aveva ritenuto Danguiri Asmaa responsabile, unitamente ad altri
soggetti, del reato di sequestro di persona a scopo di estorsione della

cittadina marocchina El Assoui Hana, per la cui liberazione era stata
richiesta, in data 11.9.2002, al padre della suddetta El Assoui il
pagamento di un riscatto dell’importo di £. 10.000.000.
La sentenza della corte territoriale veniva annullata dalla Corte di
Cassazione con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della corte di
appello di Napoli il 25 ottobre del 2011.
Osservava il Supremo Collegio che la corte territoriale era caduta in un
vero e proprio travisamento della prova, avendo fondato la prova
decisiva in ordine alla piena consapevolezza da parte della Danguiri di
contribuire con la sua condotta ad un sequestro di persona a scopo di
estorsione, sulla “telefonata che l’imputata avrebbe fatto al padre della
sequestrata… .con cui venne apertamente chiesto il pagamento del
riscatto”, laddove sussiste incertezza sulla identificazione “della donna
che formulò la richiesta di riscatto”.
Rilevava, infatti, la Corte di Cassazione come dalle risultanze processuali
emerga che nel pomeriggio del 19 settembre furono due le telefonate
che raggiunsero l’abitazione dell’Abdelrhaman, a distanza di circa
quindici-trenta minuti l’una dall’altra, e solo con la seconda venne
formulata la richiesta estorsiva, “quando l’interlocutrice parlo con la
moglie e la fece parlare con la Hanan t.‘
Tuttavia, evidenziava la Corte, dal racconto di quest’ultima “si è appreso
che la Danguiri, dopo il primo contatto di cui fu autrice e nel corso del
quale chiese di parlare con la mamma della giovane che era
momentaneamente assente da casa, si allontanò dalla cabina telefonica,
cosicché la seconda telefonata, quella più compromettente, venne
operata da altra donna, a nome Fusia, non in presenza della Danguiri”.
Con sentenza del 16.2.2012 la corte di appello di Napoli confermava il
giudizio sulla responsabilità della Danguiri per il sequestro di persona a

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k

scopo di estorsione della El Assoui Hanan, rideterminando la pena in
senso più favorevole all’imputata, nella misura di anni undici mesi due di
reclusione, previa concessione in suo favore della circostanza attenuante
di cui all’art. 114, c.p.
2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto

ricorso per Cassazione la Danguiri a mezzo del suo difensore di fiducia,
articolando distinti motivi di impugnazione.
3. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione di legge e vizio
di motivazione, in relazione agli artt. 627, co. 2 e 3, c.p.p., in quanto la
corte territoriale ha operato una mera rivalutazione della prova ritenuta
travisata dal Supremo Collegio, omettendo di fornire integrazioni al
quadro probatorio già esaminato e valutato come indiziario dai giudici di
legittimità in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico del
reato contestato ovvero del consapevole coinvolgimento dell’imputata
nella privazione della libertà della persona offesa, per cui la motivazione
resa si fonda su deduzioni del tutto illogiche e contraddittorie, mancando
del tutto la prova del sequestro di persona.
4. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la
mancata assunzione di una prova decisiva, consistente nella escussione
dei testi Mustafà Abd el Mounim, Mouadin Ahmed, Mouadin Abderhaim,
“sig. Alessandro, custode di via Orti, n. 12 all’epoca e tutt’oggi” e Driss
Sfenteh, che avrebbero potuto deporre su circostanze utili a dimostrare
come la persona offesa non fosse stata privata della libertà personale,
tanto da essere stata accompagnata, unitamente alla Danguiri, “a fare
shopping in via Paolo Sarpi” e da essere ospitata all’interno di
un’abitazione la cui porta “poteva essere aperta dall’interno senza
necessità di chiavi”.
5. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta violazione
di legge e vizio di motivazione, per avere la corte territoriale affermato
la responsabilità penale dell’imputata sulla base delle medesime
circostanze fattuali cristallizzate nella sentenza di annullamento, con
motivazione, peraltro manifestamente illogica nella parte in cui ha
ritenuto provata la consapevolezza del sequestro da parte dell’imputata

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(-.

da elementi di segno contrario quali: 1) l’occasionalità e la casualità
dell’arrivo della persona offesa presso la casa della Danguiri; 2)
l’assenza di accordo sul sequestro tra la Danguiri ed il Wettati; 3) la
presenza della Danguiri nell’appartamento solo di notte; 4) la chiusura
della porta da parte della Danguiri durante la notte; 5) le

raccomandazioni impartite alla persona offesa di non riferire a nessuno
di essere stata portata a Milano con la forza da Ben Amed.
L’imputata, dunque, è sempre stata all’oscuro del piano delittuoso del
Wettati e degli altri correi, entrando in contatto con la persona offesa
solo la sera, al ritorno dal lavoro e le raccomandazioni ricevute dal
Wettati di tenere sempre la porta chiusa, erano, secondo la ricorrente
“raccomandazioni di normale prudenza, dirette a due ragazze che
rimangono a dormire da sole la notte”.
Di conseguenza la Danguiri non può ritenersi concorrente nel delitto di
sequestro di persona a scopo di estorsione, in quanto, essendo
intervenuta in un momento successivo a quello in cui ebbe inizio la
privazione della libertà della persona offesa, si sarebbe dovuto
dimostrare che l’imputata avesse avuto contezza del sequestro realizzato
dai correi, ponendo in essere un’attività diretta al conseguimento del
prezzo della liberazione ed “accettando la responsabilità anche per le
prevedibili conseguenze verificatesi e da verificarsi”.
Ma di ciò non vi è prova nella motivazione dell’impugnata sentenza.
6. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente deduce la
sopravvenuta dichiarazione di !legittimità costituzionale dell’art. 630,
c.p., nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è
diminuita quando, per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o
circostanze dell’azione ovvero per la particolare tenuità del danno o del
pericolo, il fatto risulti di lieve entità, pronunciata dalla Corte
Costituzionale con sentenza n. 68 del 19-23 marzo 2012, sollecitando
l’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 311, c.p., in
favore della Danguiri.

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(1

5. Il ricorso va accolto, limitatamente alla doglianza prospettata con il
quarto motivo, dovendosi rigettare nel resto ed, in particolare, sul punto
dell’accertamento della responsabilità dell’imputata.
6. Ed invero la corte territoriale si è mossa esattamente all’interno del
perimetro motivazionale indicato dalla Suprema Corte nella sentenza di

conforme alle risultanze processuali la ricostruzione dei fatti operata dal
giudice di secondo grado, secondo il quale, da un lato “la Danguiri ebbe
ad “ospitare” la giovane, seguita a vista dal Wettati durante il giorno ed
affidata alle sue attenzioni durante la notte”, venendo “responsabilizzata
sulla necessità di tenere chiusa la porta d’ingresso dell’abitazione, onde
evitare che la giovane potesse scappare”, come dichiarato dalla Hanan,
che “ebbe ad ascoltare le raccomandazioni dei suoi sequestratori” al
riguardo, dall’altro “la telefonata pervenuta al padre della vittima, il 19
settembre con l’esplicita richiesta di dieci milioni di lire per ottenere la
liberazione della figlia, partì da una cabina telefonica ubicata nei pressi
dell’abitazione dell’imputata” (cfr. pp. 6 e 7 della menzionata sentenza
di annullamento).
Il giudice del rinvio, infatti, partendo da questi dati incontestati,
derivanti dalle dichiarazioni della persona offesa, la cui credibilità ed
attendibilità non hanno formato oggetto di specifica contestazione da
parte della ricorrente, e che, costituendo una determinata valutazione
delle risultanze processuali effettuata dal giudice di legittimità nella
sentenza di annullamento, vincolano la libertà del giudice del rinvio in
ordine all’autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al
punto annullato (cfr. Cass., sez. V, 24/09/2012, n. 7567, S., rv.
254830), ha innanzitutto evidenziato il ruolo di carceriera svolto dalla
Danguiri, presso la cui abitazione l’Hanan venne occultata e segregata
per tre giorni, dopo essere stata condotta a Milano con la forza dai
coimputati.
Successivamente, sempre con motivazione approfondita e priva di vizi,
che ha tenuto puntualmente conto dei rilievi del Supremo Collegio e
delle osservazioni difensive, la corte territoriale ha evidenziato, secondo

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annullamento, in cui, si badi bene, è stata ritenuta assolutamente

un ammissibile percorso argomentativo di tipo logico-deduttivo, dotato
di intrinseca coerenza, come la piena consapevolezza da parte della
Danguiri del fine estorsivo della forzata permanenza della persona offesa
nella propria abitazione si evince dalla circostanza “che la Danguiri,
unitamente al Wettati, presenziò alla prima telefonata ai genitori della

giovane, da una cabina telefonica nei pressi della sua abitazione,
interloquendo addirittura con il padre, atteso che l’esigenza di stabilire il
contatto con i genitori e fare in modo che questi potessero parlare con la
figlia solo per sapere che stava bene, non trova alcuna plausibile
spiegazione se si prescinde dal coinvolgimento della donna nel sequestro
Hanan a scopo di estorsione”, apparendo, infatti, inverosimile che
l’imputata, in presenza di uno dei riconosciuti autori del sequestro della
giovane, contattasse telefonicamente i genitori dell’Hanan per indurre
quest’ultima a rassicurarli sulle sue condizioni di salute, per una finalità
diversa da quella di porre in essere la pre-condizione necessaria alla
formulazione della richiesta di riscatto, che, ovviamente, aveva maggiori
probabilità di essere accolta ove i familiari della persona offesa fossero
stati rassicurati sulle sue condizioni di salute.
Per cui non può che ritenersi del pari limpida la motivazione con cui la
corte territoriale conclude il suo esame della posizione dell’imputata,
evidenziando come sia stato del tutto casuale che la richiesta estorsiva
sia stata avanzata nel corso della seconda telefonata, effettuata dalla
Fusia, per essersi, nel frattempo, la Danguiri momentaneamente
allontanata, in quanto l’esito negativo della prima conversazione è da
addebitare esclusivamente al fatto che l’ Hanan non aveva portato a
compimento quanto le era stato richiesto dai suoi rapitori (tranquillizzare
i propri familiari), poiché per una crisi di pianto la giovane non era
riuscita a parlare con il padre, con la conseguenza che, in assenza della
madre, venne chiesto alla Danguiri di richiamare dopo pochi minuti per
parlare con quest’ultima (cfr. pp. 8-9 dell’impugnata sentenza).
In siffatto percorso argomentativo si ravvisa un rigoroso governo dei
principi in tema di prova logica, che può costituire un valido supporto
all’affermazione di colpevolezza soltanto quando a ciò si pervenga, come

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nel caso in esame, in esito all’esclusione di ogni ipotesi alternativa
razionalmente apprezzabile (cfr. Cassazione penale, sez. V, 28/11/2012,
n. 12311, G.R.).
Può dunque dirsi che il giudice del rinvio, il quale, occorre ribadire, resta
libero, sia pure nei limiti innanzi indicati, di valutare autonomamente i

tenuto a giustificare il proprio convincimento con una motivazione
congrua e coerente che ponga rimedio ai vizi rilevati dal giudice di
legittimità (cfr. Cassazione, sez. IV, 20/04/2012, n. 46219, L.P.), ha
puntualmente adempiuto al proprio dovere motivazionale, risolvendo le
incongruenze segnalate nella sentenza di annullamento, attraverso una
spiegazione logicamente coerente, che salda la partecipazione della
Danguiri alla conversazione finalizzata a formulare la richiesta di riscatto
alla pregressa fase della prigionia consumatasi nell’abitazione
dell’imputata, in modo da ricondurre senza difficoltà o dubbi la condotta
di quest’ultima al paradigma normativo dell’art. 630, c.p.
Il sequestro di persona a scopo di estorsione, infatti, è un reato a
consumazione anticipata e si realizza nel momento in cui vengono
attuati tutti i suoi elementi costitutivi, fino alla cessazione dello stato di
soggezione della vittima (cfr. Cass., sez. II, 18/01/1993, Bergamaschi e
altro), in cui comunque concorrono coloro che, pur non avendo
partecipato al sequestro, siano intervenuti successivamente con
un’attività rivolta al conseguimento del prezzo della liberazione, giacché
l’evento del reato-fine non si è ancora realizzato (cfr., Cass., sez. VI,
23/02/1991, Longo e altro).
6.1 I rilievi difensivi, risultano, quindi, del tutto infondati, dovendosi,
peraltro, sottolineare come essi si traducano, in parte, anche in mere
censure di merito, volte ad una diversa ricostruzione dei fatti, non
consentita in sede di legittimità, apparendo, inoltre, manifestamente
infondati quanto alla pretesa violazione dell’art. 603, c.p.p., in quanto la
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, come correttamente
evidenziato dalla corte territoriale, si presentava del tutto superflua,
essendo stato acclarato, sulla base delle dichiarazioni della persona

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dati probatori concernenti i punti oggetto di rinvio, ma è comunque

offesa, che l’Hanan era stata tenuta prigioniera nell’abitazione della
Danguiri, onde l’inutilità dell’escussione di testimoni che avrebbero
dovuto riferire su circostanze relative ad un elemento di fatto già
ampiamente accertato.
Come è noto, infatti, la rinnovazione istruttoria ex art. 603 c.p.p. deve

stato degli atti, situazione che si verifica o per l’incertezza dei dati
probatori già acquisiti, o perché tale attività risulti comunque decisiva ai
fini della decisione in quanto idonea ad eliminare eventuali incertezze o
ad inficiare ogni altra risultanza (cfr. Cass., sez. IV, 21/06/2013, n.
28962, P.A.).
7. Fondato, invece, deve ritenersi l’ultimo motivo di ricorso.
Ed invero con sentenza 23/03/2012, n. 68, la Corte Costituzionale ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 630, c.p., nella parte
in cui non prevede che, in relazione al delitto di sequestro di persona a
scopo di estorsione, la pena da esso comminata è diminuita quando per
la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero
per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve
entità, analogamente a quanto previsto, in forza dell’art. 311, c.p., per il
delitto di sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, di
cui all’art. 289-bis del medesimo codice.
Il suddetto intervento additivo, stante l’efficacia ex tunc delle pronunce
di illegittimità della Corte Costituzionale, impone l’annullamento
dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della corte di
appello di Napoli per nuovo esame esclusivamente sul punto riguardante
il trattamento sanzionatorio, spettando al giudice di merito stabilire se
nel caso concreto ricorrono o meno i presupposti della menzionata
circostanza attenuante, procedendo, se del caso, ad una
rideterminazione del trattamento sanzionatorio inflitto all’imputata,
fermo restando il passaggio in giudicato, ai sensi dell’art. 624, c.p.p.,
delle statuizioni sull’affermazione di responsabilità della Danguiri e di
quelle civili della sentenza impugnata.
P. Q. M.

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essere disposta ogni qual volta il giudice non sia in grado di decidere allo

annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Napoli
per nuovo esame sul punto.

Così deciso in Roma il 25.9.2013

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