Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1150 del 25/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1150 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di
Potenza avverso la sentenza pronunciata dal giudice di pace di Genzano
di Lucania il 27.9.2012 nei confronti di Nino Francesco, nato a Banzi il
24.10.1940;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

FATTO E DIRITTO

fr

Data Udienza: 25/09/2013

1. Con sentenza pronunciata il 27.9.2012 il giudice di pace di Genzano di
Lucania assolveva Nino Francesco dal reato di cui all’art. 594, c.p., per
non avere commesso il fatto, e dal reato di cui all’art. 612, c.p., perché il
fatto non costituisce reato, commessi entrambi, secondo l’ipotesi di
accusa, in danno di D’Ameno Canio.

limitatamente alla intervenuta assoluzione per il delitto di cui all’art.
612, c.p., ha proposto tempestivo ricorso per Cassazione il procuratore
generale presso la corte di appello di Potenza, lamentando i vizi di cui
all’art. 606, co. 1, lett. b) ed e), c.p.p., sotto il profilo della manifesta
illogicità e contraddittorietà della motivazione dell’impugnata sentenza.
3. Il ricorso va accolto, essendo fondati i motivi che lo sostengono.
4.

Come correttamente rilevato dal ricorrente, dal testo del

provvedimento impugnato e dal contenuto della deposizione resa in
udienza il 19.7.2010 dal teste, presente ai fatti, Casillo, appartenente
all’Arma dei Carabinieri, il cui relativo verbale è stato allegato al ricorso
conformemente al principio della cd. autosufficienza, si evince che il
suddetto Casillo ha sentito il Nino minacciare di morte “ripetutamente”
la persona offesa, allo scopo di indurre il D’Amelio a desistere
dall’intenzione di prelevare la bambina, che quest’ultimo aveva avuto
dalla figlia dell’imputato, rivolgendogli l’espressione “ti taglio la testa”.
Ritenere, pertanto, come fatto dal giudice di merito, che “l’istruttoria
dibattimentale e gli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento non
hanno fatto emergere una configurazione chiara del reato contestato”,
risulta affermazione manifestamente illogica, stante la precisione ed
intrinseca coerenza logica delle dichiarazioni del Casillo, che hanno
fornito una rappresentazione dei fatti per cui è processo priva di
qualsivoglia incongruenza.
4.1 Del pari erronea deve ritenersi la valutazione del giudice di pace in
ordine alla impossibilità di configurare il delitto di cui all’art. 612, c.p.,
sull’erroneo presupposto che la presenza del carabiniere Casillo “induce
a ritenere che il D’Ameno non si sia sentito in pericolo per le frasi

2

2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento con rinvio

minacciose rivoltegli dall’imputato, che non tentava di avvicinarsi, ma
rimaneva fermo nell’angolo senza spostarsi”.
Non appare revocabile in dubbio, infatti, che il D’Amelio, che si trovava a
poca distanza dal Casillo, abbia sentito, al pari del carabiniere, la frase,
più volte ripetuta, dall’inequivocabile contenuto minaccioso, proferita al

della esclusione della fattispecie di reato di cui si discute, la circostanza
che la presenza del carabiniere, fungendo da deterrente all’attuazione di
quanto minacciato dall’imputato alla persona offesa, abbia consentito al
D’Ameno di non sentirsi aggredito nella sua sfera morale.
Ed invero, ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, non è necessario
che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo
semplicemente sufficiente che la condotta posta in essere dall’agente sia
potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto
passivo (cfr. ex plurimis, Cass., sez. V, 2.12.2008, n. 46528, P. e altri,
rv. 242604).
Pertanto non può parlarsi nel caso in esame di reato impossibile, posto
che in tema di delitti contro la libertà individuale, l’inidoneità, ex art. 49
cod. pen., della minaccia ad offendere la libertà morale del destinatario,
richiede l’oggettiva irriconoscibilità del male ingiusto, mentre non è
sufficiente l’improbabilità che il male minacciato si verifichi per ragioni
estranee alla volontà di colui dal quale la minaccia proviene (cfr., in
questo senso, Cass., sez. V, 25.6.2010, n. 35914, M., rv. 248428).
5. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio degli atti al
giudice di pace di Genzano di Lucania per nuovo esame limitatamente
alla pronuncia di assoluzione del Nino per il delitto di cui all’art. 612,
c.p., che andrà svolto dal giudice di rinvio in conformità ai principi di
diritto innanzi indicati.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice di pace di Genzano di
Lucania per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 25.9.2013

suo indirizzo dall’imputato, senza che possa assumere rilievo, ai fini

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